CONVERSAZIONI DI APOLOGETICA di Giampaolo Barra - Centro studi "Il Timone" |
Conversazioni gentilmente forniteci dall'autore e tenute durante delle trasmissioni a Radio Maria |
Evoluzionismo: la grande bugia. |
Affrontiamo uno degli
argomenti più interessanti per noi cattolici, perché è un argomento
utilizzato frequentemente per negare l’esistenza di Dio, per negare che
Dio lo ha creato il mondo, ha creato l’uomo. Parleremo di ‘evoluzione’:
un termine che sentiamo spesso, un tema affrontato nei libri di scuola,
trattato in molti programmi televisivi (per esempio: nei documentari sulla
natura, presentati da un noto giornalista, si fa sempre cenno
all’evoluzione, dandola per scontata). Insomma, si tratta dì un termine
entrato nel linguaggio comune. Tracciamo subito le tappe
della conversazione . In primo luogo, cercheremo di
capire che cosa si intende per evoluzione,
per evoluzione biologica, per evoluzione della specie. In
secondo luogo, vedremo perché — posto che l’evoluzione biologica
sia accertata, dato e non concesso che l’evoluzione biologica sia stata
dimostrata scientificamente - vedremo perché un cattolico può rimanere
cattolico e non essere contrario, per principio, alla teoria evoluzionista.
Posto che questa sia accertata, abbiamo detto; ma la cosa è ancora tutta
da dimostrare. In terzo luogo, l’evoluzione
ci viene presentata, in tutti i libri di scuola, fin dalle elementari,
come un dato acquisito dalla scienza, come una conquista
definitivamente raggiunta dall’uomo, mentre — va detto subito a chiare
lettere — l’evoluzione soltanto una “ipotesi”, non una
tesi. Quindi, è errato credere che oggi l’evoluzione sia un dato
scientificamente acquisito e che tutti gli studiosi siano concordi su di
essa. L’evoluzione
biologica, l’evoluzione della specie non è una verità
incontrovertibile; non è una conquista definitiva del sapere
scientifico: è soltanto una ipotesi, formulata per spiegare l’origine
della vita in generale, della vite umana in particolare. Ma è una ipotesi
proprio perché non spiega tutto e non risponde a tutti gli interrogativi
che l’ uomo si pone davanti al mistero della comparsadella vita. Prima di addentrarci in questa conversazione,
opportuno un chiarimento. Noi parliamo di evoluzione,
al singolare. Ma gli studiosi hanno diverse teorie riguardanti
l’evoluzione e queste teorie sono spesso una in contrasto con l’altra.
Segno, anche questo, che tra gli esperti non vi è unanimità. Tuttavia, solo per
comodità, tratteremo dell’evoluzione al singolare, senza affrontare
nei dettagli le varie teorie. Questo per tentare di farci comprendere
anche da coloro che non hanno mai approfondito questo tema. Veniamo, dunque. al primo
punto: che cosa dobbiamo intendere per evoluzione? In
generale, possiamo rispondere in questo modo: per “evoluzione” si
intende il fatto che tutti gli esseri viventi che noi vediamo oggi, tutte
le specie (gli esseri viventi sono classificati in “specie”) sarebbero
il “prodotto” di un lungo, lunghissimo processo di trasformazione. 13, Questo processo di
trasformazione avrebbe avuto inizio dalla materia, sarebbe passato dalla
pura materia alle prime forme di vita, forme molto semplici (in buona
parte scomparse) per arrivare, gradualmente, a forme di vita molto più
complesse, come quelle che esistono ai nostri giorni. Questo è il significato di
evoluzione. In sintesi: passaggio dal meno al più, dalla materia
alla vita, e alla vita sempre più complessa. Ora, ecco
un primo dato da tener presente: nessuno e ancora riuscito a spiegare come
sia avvenuto il passaggio dalla materia alla vita. Cioè, come sia stato
possibile il passaggio dalla materia “priva di vita” a qualche cosa
che è vita. A meno che non .si voglia ammettere che Dio abbia voluto
questo passaggio, ma in questo caso si dovrà riconoscere che Dio esiste.
Verità che. invece, molti evoluzionisti negano. Qualche
secolo fa, venne formulata la teoria della “generazione spontanea”
che oggi è ripresa in questi termini: la vita sorge spontaneamente dalla
materia inorganica. Facciamo degli esempi: si pensava che le anguille
potessero nascere dalla melma dei fiumi le zanzare dalle paludi, le mosche
dalla carne putrefatta. Insomma,
da materia inorganica poteva sorgere spontaneamente la vita, la vita
animale. L’evoluzione, in tal modo, aveva trovato un fondamento nei
fatti. Ma gli studi di Francesco Redì (1626-1698), dell’abate Lazzaro
Spallanzani (1729-1 799) e di Louis Pasteur (1822-I 1193) hanno dimostrato
inconfutabilmente che quella teoria era falsa e che la vita nasce solo
dalla vita. Per avere un essere vivente bisogna che prima ci sia un altro
essere vivente. Anche la vita di organismi semplicissimi ha origine da
altri organismi viventi semplicissimi, mai dalla materia. Allo
stato attuale, dobbiamo ricordare che resta ancora un mistero - che l’
evoluzionismo non sa spiegare - il “come’ sia stato possibile
l’avvento della vita a partire dalla materia senza vita. Vi
è un altro punto da chiarire. Senza aver risolto il problema di come sia
apparsa la vita (a meno che non vogliamo ipotizzare Dio), entriamo nel
campo dei viventi: l’evoluzione non è in grado di rispondere a un altra
domanda: come possibile che dalla vita di un animale — della scimmia,
nel nostro caso — derivi l’uomo? Darwin,
che ha scritto nel 1859 il famosissimo “L’origine della specie”, affermava
che come un allevatore di cavalli o di cani, attraverso una selezione
artificiale (cioè fatta dall’allevatore) può rendere le razze animali
sempre più adatte ai suoi scopi, così anche la natura ha selezionato
soltanto le razze più adatte. Spieghiamoci
meglio: nella natura, gli esseri viventi lottano per la loro esistenza.
Questa lotta, dura, aspra. feroce, lascerebbe in vita soltanto gli
individui più forti, quelli che si adattano all’ambiente in cui vivono,
mentre gli altri verrebbero eliminati. Ne
risulta che animali e piante, in questa lotta per l’esistenza, nel
tentativo di adattarsi sempre meglio alla natura dove vivono, tendono
continuamente a diventare migliori, fino a giungere alla situazione
odierna, dove sì può osservare una enorme varietà di specie
perfezionatissime, ognuna adatta a vivere nel proprio ambiente, Questo
era il pensiero di Darwin, il quale, a ben pensare, con questa storia
della selezione naturale non ci ha spiegato come nascono nuove specie
dalle vecchie: ci ha soltanto detto come sopravvivono i più forti e si
eliminano i più deboli all’ interno della stessa specIe. Bisognava dunque
completare la teoria di Darwin e ci ha pensato il cosiddetto “neodarwinismo”. Secondo
questa teoria, le nuove specie di esseri viventi nascono dal fatto che,
nel corso della selezione naturale, negli esseri viventi si registrano
dei mutamenti, dei cambiamenti. Questi cambiamenti avvengono nel DNA
(praticamente è il nostro codice genetico) e questi cambiamenti
si trasmettono agli eredi. Cambiamento dopo
cambiamento, trasmissione ereditaria dopo trasmissione ereditaria, nel
corso di miliardi di anni ecco spiegata la situazione attuale. Quindi,
selezione naturale (come diceva Darwin)
e mutamenti genetici spiegherebbero la variegata complessità
di specie che vediamo ai nostri giorni. Ora,
facciamo subito due osservazioni. La prima: l’osservazione scientifica (dunque i fatti, non le teorie) dimostra che in natura i mutamenti sono molto rari, mentre per arrivare allo stadio attuale, partendo dalle forme di vita più semplici, è necessario che siano avvenuti innumerevoli mutamenti. La
seconda: l’osservazione scientifica (i fatti, non le teorie) dimostra
non solo che i mutamenti sono rari, ma che quei pochi che avvengono,
quando avvengono, nella stragrande maggioranza dei casi non producono
un progresso, un passaggio dal meno al più, dall’imperfetto al più
perfetto. Producono un fatto negativo, addirittura, spesso,
pericoloso per la vita della specie. L’esempio dell’uomo è il più classico. Quando un uomo nasce con una “diversità” (chiamiamola così) nel suo corredo cromosomico, di solito si ha a che fare coli un individuo non normale, problematico. Non abbiamo mai visto un passaggio inverso. Non abbiamo mai visto un uomo, con un mutamento cromosomico importante. diventare più uomo. Non
solo. Posto che un mutamento avvenga e che sia positivo, c’è poi da
risolvere il problema di come questo mutamento si trasmette agli eredi. Fin
da quando eravamo a scuola, abbiamo sentito raccontare il classico
episodio delle farfalle, utilizzato per sostenere che i mutamenti si
trasmettono a gli eredi. Riguarda
un fatto veramente accaduto, ma dal quale si trae una conclusione
sbagliata Sappiamo
che nella società Industrializzata l’inquinamento provoca
l’annerimento progressivo dei tronchi d’albero.
Questi, a causa dello smog, diventano sempre più scuri, più
neri. Ora,
in un paese industrializzato fu notato che in una popolazione di farfalle
grigie appare una farfalla nera. Questa, proprio a causa del
suo colore, si mimetizza con i tronchi d’albero meglio delle farfalle
grigie e sfugge quindi agli uccelli predatori. Dopo
un certo tempo, la popolazione di farfalle grigie è
diminuita mentre è aumentata quella di farfalle nere, che vengono
attaccate di meno, sono più sicure, sono
più mimetizzate. Passando
altro tempo, tutte le farfalle grigie risultano scomparse e rimangono
soltanto le farfalle nere Questo fatto, effettivamente osservato, ci è
stato presentato come la prova del miglioramento della specie dovuto a
mutazione. Mutazione che si trasmette agli eredi. Certamente
un mutamento “nella” specie c’è stato (dal colore grigio ai colore
nero) ma non è mutata la specie: le farfalle nere sono
esattamente identiche a quelle grigie, anche se queste sono scomparse. Un
evoluzionista risponderà: è vero, però piccolo mutamento dopo piccolo
mutamento, piccolo adattamento all’ambiente dopo piccolo adattamento
all’ambiente dopo milioni e milioni di anni, ci deve essere stato
anche un cambiamento radicale, uno evoluzione vera e propria. Ma
questo nessuno lo può provare. Anzi, ci sono delle obiezioni contrarie.
Ne segnalo due: La
prima: gli studiosi hanno calcolato quanto tempo sarebbe stato necessario
all’evoluzione perché si giungesse alla situazione attuale, partendo
dalle forme di vita più semplici. E ci si accorge che per spiegare la
-situazione attuale a partire dall’ evoluzione progressiva, graduale,
non basterebbe tutta l’età dell’universo (Cfr Giuseppe Gerola, Il
pregiudizio evoluzionista, in Studi Cattolici, n. 237, nov 1980, pp
741-2) La
seconda: se fosse vera l’ipotesi evoluzionista, se tutte le spade che
noi oggi vediamo fossero il risultato di una evoluzione, di una
progressione, se fosse vero che tutti gli esseri viventi fossero comunque
protagonisti - anche oggi - di
un grande, lento processo evolutivo, dovrebbe accadere un fatto, che
invece non osserviamo. Il
fatto è questo: dovremmo trovare intorno a
noi un grandissimo
numero di specie abbozzate, incomplete, che si stanno formando, cioè
evolvendo, in ritardo rispetto alla specie finale, alla specie finale
perfetta, verso la quale si stanno dirigendo, evolvendosi. Invece,
tutte le specie viventi che noi conosciamo - tutte, ma proprio tutte - sono,
nel loro grado ovviamente, perfette, complete, adattate all’ambiente.
Non esistono, non vediamo, non ci sono, non conosciamo esseri viventi
- ma anche specie- che
siano incompleti, quindi che si stiano evolvendo. Piuttosto
che negare le sue dogmatiche convinzioni, qualche evoluzionista obbietterà:
potrebbe essere che tutte le specie che si stavano evolvendo siano giunte
alla fine della loro corsa, siano scomparse e oggi noi vediamo soltanto
l’ultima tappa, quella definitiva, del loro processo evolutivo. Non
ci faremo ingannare da una risposta di questo genere. Se fosse vero (sì
tratta di una affermazione gratuita) queste specie incomplete,
rudimentali, che si stavano evolvendo, avrebbero almeno dovuto
lasciare tracce, enormi quantità dì tracce tra i resti fossili. Parliamo
di enormi quantità di tracce perché per accettare che un mutamento genetìco
si affermi si deve ammettere che molti, molti di più, non si sono
affermati. E di questi, dovremmo avere tracce. Bene,
nemmeno nei fossili troviamo traccia dell’evoluzione. E
qui è giunto il momento di smascherare una enorme bugia che ci
viene raccontata fin dalle scuole elementari. Ho personalmente esaminato
una dozzina di libri, che molte case editrici preparano per gli alunni
della terza classe elementare. In
tutti, nessuno escluso, era disegnata l’immagine di quegli esseri che,
secondo la teoria evoluzionista, avrebbero preceduto l’uomo, i nostri
progenitori: grandi animali, metà scimmia e metà uomini, in posizione
eretta ma talvolta curva, con lungo pelo, braccia penzoloni, muso
allungato. Questi
esseri -imparano i nostri ignari bambini- pian
piano si sono raddrizzati, hanno perso il pelo, accorciato le braccia,
fino a diventare simili a noi. Ora, va detto che questa è una colossale
menzogna. Non ci sono prove che l’uomo derivi dalla scimmia, dallo
scimpanzé, dal gorilla. Non ci sono prove che le ossa di esseri viventi,
presunti nostri antenati, quelle poche che sono state trovate, siano
appartenute ad esseri pelosi, ingobbiti, più simili alle scimmie che a
noi. Allo
stato attuale si sa che esistono, e sono esistiti, uomini completamente
fatti e finiti ed esistono, e sono esistite, scimmie fatte e finite. Tuttavia,
gli evoluzionisti hanno tentato di tutto pur di accreditare l’idea che
fosse esistita in passato una specie “intermedia” a metà strada tra la scimmia e l’uomo. Infatti,
per accreditare l’ evoluzionismo, è assolutamente necessario dimostrare
che siano esistiti esseri intermedi. Senza di questi, l’evoluzionismo è
soltanto una ipotesi, non una tesi scientifica. E per arrivare a questo
non e mancato chi ha tentato perfino di barare. E'
famosissimo il caso dell’ uomo di Piltdown. Intorno agli anni
1909-1915 vennero scoperti in Inghilterra i resti di un essere vivente,
vissuto circa 300.000 anni fa, che fu chiamato “uomo dell’alba”. Era stato trovato finalmente —si disse — l’ essere a metà
strada tra la scimmia e l’uomo, il
famoso anello mancante. La
prova era data da una calotta cranica con capacità cerebrale superiore a
quella di una scimmia, ma inferiore a quella di un uomo moderno. Fu datata
vecchia di 500.000 anni. Accanto alla calotta cranica, fu trovata una
mandibola: apparteneva certamente ad una scimmia e tutti furono del parere
che fosse stata ma volta attaccata alla calotta. Poi furono trovati denti
di ippopotamo, ossa di animali estinti e pietre rozzamente lavorate. Questi
resti furono subito accolti solennemente nel prestigioso Museo
Britannico e in tutti i libri anteriori al 1953 si scrisse che era
stata trovata finalmente la prova che l’ uomo viene dalla scimmia. Quale
sorpresa quando, proprio in quell’anno, si scoprì che
sì trattava di una
truffa. La mandibola della scimmia non apparteneva a quel
cranio. Questo cranio non aveva, i 500.000 anni che
gli erano stati attribuiti. Non
solo: quei reperti “rozzamente lavorati” ’
erano stati appositamente limati e verniciati. Insomma, una vera
truffa. Dobbiamo
ribadire che, allo stato attuale delle ricerche scientifiche, la teoria evoluzionista non deve essere considerata
una tesi, una verità incontrovertibile. ma soltanto una
ipotesi. Una
ipotesi che ha bisogno, per essere accreditata come vera, di altre prove.
di altre ricerche, di altri dati. Ovviamente,
chi crede In Dio non è contrario per principio alla ipotesi
evoluzionista. Nulla vieta di ipotizzare che, nella suo infinita e
insondabile sapienza, Dio abbia disposto le cose in modo tale da
evolversi. Quello
che è certo, in una prospettiva di fede, è che per dare vita all’uomo
(e per dare vita all’uomo è necessario fare un salto, rispetto
all’animale: ammettere l’anima), bene per dare vita
all’uomo Dio è intervenuto direttamente. E’ intervenuto
regalando all’uomo l’anina, anima che Dio ha creato direttamente, che
non deriva da nessun essere che ha preceduto l’uomo. Non
solo. Un credente non esclude a priori che Dio abbia stabilito
l’evoluzione (quindi, non potrà mai accettare l’evoluzione
spontanea) proprio come legge della natura e che l’evoluzione sia
accaduta secondo lo volontà di Dio. Il
fatto è che non abbiamo ancora prove scientificamente incontrovertibili
dell’evoluzione biologica. Il parere degli scienziati su questo punto
non è unanime. Antonino Zìchichi, nel
suo ultimo bel libro “Perché credo in Colui che ha fatto il mondo”
, nega addirittura all’evoluzione anche lo statuto di ipotesi
scientifica. E'
diversa la posizione, invece, di un evoluzionista che non crede in Dio.
Questi deve negare, a
tutti i costi, che Dio esiste e quindi deve dire che l’evoluzione è
stata spontanea e casuale, cioè accaduta a caso. Il che, come si e
visto, è impossibile. Credo che per ora possa bastare. Grazie. Giampaolo
Barra. |