CONVERSAZIONI DI APOLOGETICA di Giampaolo Barra - Centro studi "Il Timone" |
Conversazioni gentilmente forniteci dall'autore e tenute durante delle trasmissioni a Radio Maria |
La Confessione |
In
questa conversazione affronteremo un argomento fondamentale della dottrina
cattolica: la confessione, o sacramento della Riconciliazione. E’
un argomento abbastanza contestato, non solo in generale, ma anche
nei suoi aspetti particolari. Molti non comprendono e non accettano
il fatto che si debba confessare le proprie colpe, i propri peccati
accusandosi davanti ad un sacerdote. Altri ritengono che sia
sufficiente rivolgere direttamente a Dio la richiesta di perdono,
anche per i peccati più gravi, e accusano la Chiesa di essersi arrogata
un potere che non le appartiene. Come
vedete, non mancano le contestazioni. E dobbiamo dire, anche se con
qualche dispiacere, ma per amore di verità, che persino in casa
cattolica si è giunti a contestare la Confessione, quasi a negarle lo
statuto di Sacramento. Sono contestazioni esplose soprattutto negli anni post-conciliari
che hanno provocato il danno di rendere la Confessione “fuori moda”,
al punto che oggi i Confessionali sono spesso vuoti e diversi lamentano il
fatto che molti fanno la Comunione ma senza una adeguata Confessione. Insomma,
ce n’è abbastanza per affrontare, seppure a grandi linee, l’argomento
della Confessione. Come è nostra consuetudine, vogliamo dare prima
sinteticamente e semplicemente, alcuni dati fondamentali sulle
ragioni della dottrina cattolica riguardanti il Sacramento della
riconciliazione e poi, in un secondo momento, vogliamo interrogare la
storia per chiederle, attraverso documenti e testimonianze, di dirci
che cosa pensavano i primi cristiani riguardo questo importantissimo
sacramento. Mi
pare di poter dire che si tratti di un argomento di grande attualità,
soprattutto in quest’anno giubilare, nel quale la Chiesa ci offre la
straordinaria opportunità di ottenere l’indulgenza plenaria, di
ottenere il perdono dei peccati che abbiamo commesso e lo sconto totale
delle pene. Per ottenere l’indulgenza plenaria, lo sapete bene, la
Chiesa pone, tra altre condizioni, anche quella di fare una buona
Confessione. La
prima domanda alla quale ogni cattolico, a maggior ragione chi si occupa di apologetica, deve sapere
rispondere può essere formulata in questo modo: dove nasce il sacramento
della Riconciliazione? Chi lo ha istituito? In quale
occasione? Dove sta scritto, diremmo in altri termini, che bisogna
confessarsi per ottenere il perdono dei propri peccati? Voi
sapete che il valore di Sacramento viene negato alla Confessione sia dai
membri della numerosa e variegata famiglia protestante, sia dagli
appartenenti alla famiglia dei Testimoni di Geova. E naturalmente, quando
ci capita di incontrare chi fa parte di queste famiglie religiose,
talvolta ci sentiamo chiedere ragione del nostro “andare a
confessarci” e , in questo caso, seguendo l’insegnamento di San
Pietro, noi cattolici dobbiamo essere “pronti a rendere ragione”
della nostra fede. Anticipiamo
subito, e poi giustifichiamo,
la risposta a questa domanda, risposta che deve essere chiara,
precisa, illuminante e sicura: il sacramento della Riconciliazione è
stato istituito da nostro Signore Gesù Cristo. Non
è stata la Chiesa, in un
determinato momento della sua storia, magari con il pretesto di
controllare la vita privata dei suoi membri, ad inventare il Sacramento
della Confessione, ma esso è stato voluto inequivocabilmente da nostro
Signore Gesù Cristo. Ricordo,
a beneficio di tutti coloro che leggono, che quella che ho appena
enunciato è una verità dogmatica, definita dal Concilio di
Trento proprio per sgomberare il campo dal pericolosissimo e
gravissimo per la fede errore protestante. Ogni cattolico è tenuto a
credere che la Confessione sia un Sacramento istituito da Gesù Cristo.
Chi si pone contro questa verità non confessa tutta intera la fede
cattolica. Prima
di richiamare alla memoria i brani della Sacra Scrittura dai quali emerge
chiaramente la volontà di Gesù Cristo di istituire il Sacramento della Confessione, sarà bene ricordare una verità
fondamentale: la Sacra Scrittura insegna che solo Dio ha il potere
di rimettere i peccati. Il
vangelo di San Marco è chiarissimo. Al capitolo 2 versetto 7,
leggiamo: “Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?”. È
una domanda che si pongono gli Scribi che Gesù aveva promesso di
perdonare i peccati al paralitico che gli avevano portato. Gesù
non contesta il contenuto di questa osservazione; Gesù sa
benissimo che solo Dio può rimettere i peccati ma, essendo Egli Dio – e
questo dovrebbe far riflettere i Testimoni di Geova che non credono alla
divinità di Cristo – si attribuisce il potere divino di
perdonare i peccati e dimostra tutto il diritto che ha di
attribuirsi questo potere divino guarendo istantaneamente il paralitico. Dunque,
se è vero che il potere di rimettere i peccati, stando alla Sacra
Scrittura, appartiene solo a Dio, è altrettanto vero che
l’esercizio di questo potere è stato affidato da Dio stesso alla sua
Chiesa. E questa verità emerge in modo chiarissimo e indubitabile
proprio dalla Sacra Scrittura ed è confermata dalla prassi
bimillenaria della Chiesa. A
questo punto potrebbe sorgere spontanea una domanda: dove si legge
che l’esercizio di questo potere è stato affidato alla Chiesa? Rispondiamo
subito. Si legge, per fare un primo esempio, nel Vangelo di san
Giovanni, al capitolo 20. Ascoltiamo bene queste parole di Gesù. Il
momento è solenne, Gesù, dopo essere stato crocifisso, è risorto e
incontra gli Apostoli rinchiusi nel Cenacolo. Ecco che cosa dice loro: “Ricevete
lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non
li rimetterete, resteranno non rimessi”. E’
un brano importante e al tempo stesso estremamente chiaro:
Gesù, che è Dio, che ha il potere di rimettere i peccati, dona
agli apostoli, quindi alla Chiesa, l’esercizio di questo
potere: il potere di rimettere i peccati. Questo
è propriamente il Sacramento della Riconciliazione o confessione,
Sacramento con il quale vengono rimessi i peccati ben confessati.
Sacramento istituito da Gesù Cristo, non certamente inventato
dalla Chiesa. Nel
vangelo si leggono altre conferme di quanto stiamo dicendo. Nel vangelo di
san Matteo 18,18 sono riportate parole importanti, pronunciate da Gesù e
dirette ai suoi Apostoli: “In verità vi dico: tutto quello che
legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che
scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo”. Ora,
lasciamo agli esegeti, agli studiosi della Bibbia il compito di spiegarci
bene che cosa significa, nel linguaggio rabbinico, “legare” e
“sciogliere”. A noi basta
ricordare che si tratta di un vero e proprio potere giudiziario,
un potere di assolvere o di condannare. Attenti bene: potere
che appartiene solo a Gesù, che è vero Dio, ma che viene
affidato agli Apostoli, dunque alla Chiesa. E’
assolutamente naturale che prima di assolvere o prima di
condannare, chi esercita questo potere, quindi la Chiesa, deve conoscere
i fatti che dovrà giudicare; deve avere la possibilità di esaminare
le condizioni di chi si presenta a giudizio, cioè del peccatore, per
decidere con giustizia, con equità se emettere una sentenza di
assoluzione o di condanna. Ecco la necessità di
confessare i peccati al sacerdote. Siamo così di fronte ad una ulteriore conferma del Sacramento della Riconciliazione. La quale trova il suo fondamento, come si vede bene, nel Vangelo, nella Parola di Dio. E’ lì, e dalla volontà di Gesù Cristo che nasce la Confessione. Per
completare il nostro discorso non possiamo dimenticare che questo potere
di legare e di sciogliere è stato conferito da Gesù, in modo esplicito e
diretto, a Simon Pietro, al capo degli Apostoli. Potete leggere il momento
del conferimento a Pietro del potere di legare e sciogliere nel capitolo
16 del Vangelo di Matteo. Dunque,
crediamo di aver dimostrato quanto sia fondata la verità cattolica
secondo la quale il potere di rimettere i peccati è stato dato da Gesù
alla Chiesa. Anche san Paolo è estremamente chiaro. Nella seconda lettera
inviata ai Corinti, al capitolo 5, al versetto 18, si può leggere: “Tutto
questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con Sé mediante Cristo
e ha affidato a noi il ministero della Riconciliazione”. Come vedete, anche san Paolo insegna che il potere di rimettere i peccati, quindi di riconciliare il peccatore con Dio, potere che appartiene solo a Dio, è stato, tuttavia, “affidato” – questo è il termine che usa l’Apostolo delle genti – alla Chiesa. E
san Paolo ribadisce questa verità, che fa da fondamento al Sacramento
della Riconciliazione nel versetto 20 dello stesso capitolo, versetto
molto noto: “Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se
Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi
riconciliare con Dio”. Per s. Paolo sono dunque gli ambasciatori di Cristo che riconciliano il peccatore con Dio. Chi sono gli ambasciatori di Cristo in questo caso? I vescovi e i sacerdoti. La
necessità della Confessione ha, come abbiamo visto, un fondamento biblico
e noi cattolici ci atteniamo alla Sacra Scrittura quando professiamo che
il Sacramento della confessione è stato istituito da Gesù. A
questo punto dobbiamo fare un passo avanti. Se le nostre non
fossero conversazioni di apologetica, qui sarebbe giunto il momento di
dare vita ad una serie di riflessioni certamente utili alla nostra vita
spirituale, al nutrimento della nostra fede. Per
esempio, sarebbe molto utile conoscere bene come si fa una buona
confessione: conoscere quali sono le condizioni per una buona e
valida confessione. Sarebbe questo
il momento di ricordare che è molto importante e straordinariamente utile
confessarsi spesso. Quanti cattolici, purtroppo, che fanno la
comunione abitualmente, si confessano poco o addirittura mai. Recentemente,
partecipando ad un incontro parrocchiale con i genitori dei bambini che
fanno la prima confessione, una mamma denunciava candidamente che Lei non
si confessava da ben 12 anni. D’altronde, diceva quella signora, non
solo non vedeva la ragione per cui doveva dire a un prete cose che erano
solo sue, ma – si chiedeva – quali peccati avesse mai commesso? La
poverina, naturalmente, mancava di istruzione religiosa, e questo spiega
perché diceva queste cose; ma quello che a noi interessa è purtroppo il
fatto che sono in molti, tra i cattolici ad avere queste idee. Che
peccati vuoi che abbia mai commesso? Ma il primo peccato, rispondo io, il
primo peccato grave è proprio il fatto che non ti confessi. Però,
dobbiamo abbandonare queste riflessioni, certamente interessanti, e
tornare alle nostre conversazioni di apologetica. Veniamo
dunque a porci la solita domanda. Noi cattolici crediamo che la
Confessione sia un Sacramento istituito da Gesù Cristo; altri, che
pure dicono di seguire fedelmente il vangelo, come Protestanti e Testimoni di Geova, non lo credono. Noi cattolici crediamo
che i ministri di Dio, vescovi e sacerdoti, abbiano ricevuto il potere di
rimettere i peccati; altri, che pur si dicono cristiani, non
credono questo. Chi ha ragione? Oltre
alla corretta analisi del testo biblico, ci aiuterà a rispondere una
piccola indagine nel campo della storia, della storia della
Chiesa. Che cosa pensavano i primi cristiani della confessione? Che cosa
avevano capito i cristiani dei primi secoli, quando non esisteva né il
mondo protestante né quello dei Testimoni di Geova? La Confessione per i
primi cristiani era un sacramento? Era necessaria? Ci si confessava
denunciando i propri peccati a vescovi e sacerdoti o bastava rivolgere un
pensierino contrito a Dio? Enunciamo
subito la tesi che vogliamo sostenere e difendere dalle contestazioni: la
Chiesa antica aveva in uso la Confessione: la confessione al vescovo o
al sacerdote. Questo risulta chiaramente dalle tracce che la storia ci ha
lasciato. Cominciamo
da un santo vescovo, da un martire per la fede, ucciso durante la
persecuzione scatenata sotto l’imperatore romano Valeriano. Stiamo
parlando di san Cipriano, vissuto in epoca antica, nella prima
parte del III secolo: è nato infatti verso l’anno 205 ed è
morto martire, decapitato, a Cartagine
nell’anno 258. È
certamente uno dei personaggi di maggior rilievo nella storia del
Cristianesimo antico, uomo tra i più stimati, autore di numerose opere
che ci sono pervenute. Sentiamo
che cosa scrive san Cipriano a proposito della Confessione: “Confessi
ciascuno il proprio delitto, mentre chi peccò è ancora nel mondo, mentre
può ammettersi la sua confessione, mentre la soddisfazione
e la remissione ad opera
dei sacerdoti è grata presso il Signore” (De Lapsis, 29). Dunque
san Cipriano, già nel III secolo, invita alla Confessione dei peccati per
ottenere “la remissione ad opera dei sacerdoti” e insegna che
questa è cosa gradita a Dio. Cari cattolici, sappiate che i cristiani del
III secolo erano invitati dai loro vescovi a confessare i loro peccati ai
sacerdoti, proprio come facciamo noi cattolici oggi, fedeli al Vangelo e
alla prassi bimillenaria della Chiesa. Passiamo
ad un altro grande testimone della Chiesa antica, sant’Ambrogio,
vescovo di Milano, vissuto nel IV secolo. Sant’Ambrogio scrive:
“Il peccato è veleno, il rimedio è l’accusa del proprio
crimine, veleno è l’iniquità, la confessione è il rimedio
della caduta” (In ps. 27,11). Dunque,
anche sant’Ambrogio insegna che per rimediare al veleno del peccato
bisogna “accusarsi”, quindi confessare i peccati e insegna
dunque che la Confessione è la vera medicina, il vero rimedio alle
cadute del peccato. A
proposito del potere di esercitare il perdono dei peccati,
sant’Ambrogio, contestando l’eresia dei Novazioni che sostenevano che
i peccati mortali non si potevano rimettere, scrive nella sua opera “La
penitenza” (2,7): “Tale facoltà è stata data, infatti, ai soli
sacerdoti”. E sant’Ambrogio ricorda che questa facoltà è stata
data alla Chiesa insieme allo Spirito Santo. Prima
di proseguire nella nostra modesta indagine storica, rispondiamo ad una probabile
obiezione che potrebbe essere sollevata a questo punto della nostra
conversazione. Abbiamo citato san Cipriano, abbiamo ricordato
sant’Ambrogio e tra breve ricorderemo altri grandi nomi del
Cristianesimo dei primi secoli. Certo, ecco l’obiezione: abbiamo citato
tutte fonti cattoliche ed è chiaro che, essendo testimonianze
storiche di cattolici, non possono dire altro che quel che dice oggi la
Chiesa. Rispondiamo
subito a questa osservazione: per favore, chi può, citi almeno un nome di
un Protestante o di un Testimone di Geova dei primi secoli. Ci faccia
vedere un documento, una traccia, un’opera di qualche pastore
protestante o di qualche anziano Testimone di Geova che con autorità,
insegnava nei primi secoli cose diverse sulla confessione e su qualunque
altro tema dottrinale. E noi saremo ben felici di ricordare, tra le fonti
storiche, anche loro. Di
fronte a questa nostra richiesta, l’interlocutore può solo tacere: non
esistevano Protestanti e Testimoni di Geova nei primi secoli del
Cristianesimo per la semplice ragione che queste che si credono chiese o
congregaizoni edificate da Gesù Cristo sono in realtà soltanto opera di
uomini. Prima di Lutero, non esisteva il mondo protestante e
Lutero, si sa, è vissuto nel XVI secolo. Prima di Charles Taze Russel
non esisteva il mondo dei
Testimoni di Geova e Charles Taze Russel è vissutom, si sa, nel secolo
scorso. Quindi
non se ne abbia a male nessuno se citiamo tra i cristiani dei primi secoli
i cattolici: la Chiesa cattolica esiste da 2000 anni, è stata fondata da
Gesù Cristo e non è colpa sua se altre confessioni sono nate secoli e
secoli dopo Gesù Cristo. Torniamo,
dopo aver risposto a questa eventuale obiezione, alla storia dei primi
secoli del Cristianesimo e ricordiamo il grande San Girolamo, Padre
della Chiesa, vissuto nel IV secolo. San
Girolamo afferma che è compito dei sacerdoti legare e sciogliere non già
ad arbitrio, ma solo “dopo udite le varie specie di peccati”
(In Matth., 3,16,19). Come
vedete, ci sono Padri della Chiesa che, fin dai tempi antichi, fin dai
primi secoli, sostengono la necessità della Confessione, sostengono che i
sacerdoti possono “legare e sciogliere” non a loro arbitrio, ma dopo avere
udito dai penitenti l’accusa dei peccati. Ma
questo corrisponde proprio a ciò che facciamo noi cattolici oggi, in
sintonia con il Vangelo e con la prassi bimillenaria della Chiesa. I
Padri e i grandi santi della Chiesa ci hanno lasciato anche interpretazioni
molto ricche e suggestive di brani del Vangelo per sostenere la necessità
della Confessione. Sant’Ambrogio
e sant’Agostino ci ricordano l’episodio della risurrezione di Lazzaro.
Come a Lazzaro Gesù disse: “Vieni fuori” (Gv 11,43) e
quindi fu sciolto dalle fasce che lo tenevano legato, così e
necessario che il peccatore metta fuori, cioè, manifesti i suoi
peccati mediante la confessione, perché il peccatore, come Lazzaro, possa
venire sciolto dai ministri della Chiesa . Proseguiamo.
La storia della Chiesa dei primi secoli ci tramena documenti e prove che
testimoniano come la Confessione doveva essere fatta al sacerdote o
al vescovo. Sant’Ambrogio
e san Giovanni Crisostomo, nel
IV secolo, insegnano che la Confessione deve essere fatta in chiesa,
deve essere confessione orale dei peccati, deve riguardare i singoli
peccati, quindi non deve essere una confessione generica e
superficiale, e insegnano che il peccatore deve vincere la paura di
arrossire, la vergogna che si può provare quando umilmente svela al
Ministro di Dio i propri peccati. Riflettiamo
un momento: tutti questi suggerimenti, tutte queste ammonizioni non
si spiegherebbero né si capirebbero se la Confessione doveva
essere fatta solo a Dio, in un colloquio personale con Dio, senza
accusare i peccati davanti al sacerdote. Noi cattolici, ancora oggi,
seguendo la prassi bimillenaria della Chiesa, confessiamo i nostri peccati
a Dio attraverso i sacerdoti. Credo
che con queste ultime riflessioni possiamo considerare giunta al termine
la nostra conversazione. Che cosa ci resta di quel che abbiamo detto? Suggerisco
due considerazioni, tra le tante possibili: anzitutto, un preghiera
di ringraziamento a Dio per averci donato, attraverso il Sacramento
della Riconciliazione o Confessione la possibilità di ottenere con
assoluta certezza il perdono di Dio per i peccati che abbiamo commesso.
Poi, ci resta la consapevolezza che quando andiamo ad
inginocchiarci dinanzi al sacerdote per accusarci dei peccati e chiederne
la remissione, noi ci comportiamo come vuole il Signore, il Vangelo scrive
e i cristiani hanno sempre fatto. Giampaolo
Barra. |