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  saggi  

 La Contessa Sanguinaria
 Valentine Penrose

1962 

la contessa sanguinaria

Erzsébet Báthory. La Comtesse Sanglante

Sugar Editore, 1966

- Traduzione di Luciana Marchi Pugliese
- Copertina: disegno di Aubrey Beardsley

La vita e i misfatti di Erzsébet Báthory

II-III
Erzsébet Báthory, nata nel 1560 da una delle piů illustri famiglie d’Ungheria, morě nel 1614 murata viva, per decisione del massimo tribunale del tempo, nel suo inaccessibile castello nei Carpazi. Un’oscura vicenda di sangue e di morte congiunge queste due date: una vicenda assolutamente vera, anche se ad ogni pagina verrebbe il sospetto che essa fosse soltanto l’orribile sogno di una mente malata.
Valentine Penrose si č chinata su quest’anima tragica, abissale, indemoniata e ha cercato di carpirne l’oscuro segreto ricostruendo sulla base di validissimi documenti, la vita di Erzsébet e la storia del suo Paese, a quel tempo in gran parte ancora semibarbaro e feudale. Erzsébet, vissuta sin dalla prima infanzia in un mondo sotterraneo, estranea a sé e agli altri, quasi assente, ha sempre celato il suo vero volto dietro la fredda maschera della sua singolare e inusitata bellezza. Per scoprire qual era questo volto, l’Autrice ci conduce nelle sinistre camere di tortura dove perirono forse piů di seicento fanciulle; ci mostra le infelici creature, con le carni denudate coperte di piccoli fori procurati dalle punture di spillo, bruciate da attizzatoi ardenti, tagliuzzate, morse dalle tenaglie; ci fa assistere a scene allucinanti durante le quali Erzsébet, aiutata dalle sue fattucchiere, urla di voluttŕ mentre sulle sue candide spalle scorre il sangue ancora caldo delle giovani e belle vittime.
Chiamata “belva di Csejthe”, “Contessa sanguinaria”, paragonata alla torbida ma forse piů umana figura di Gilles de Rais, Erzsébet – tale almeno sembra essere la conclusione del libro - fu una creatura abnorme e mostruosa, č vero, ma al tempo stesso fu anche vittima di un secolo e di un Paese oscuri e crudeli, che la costrinsero a vivere fuori dal tempo degli esseri umani, in un universo di caverne profonde, prigioniera di fosche magie, di assurde superstizioni, di solitudini sconfinate, di costumi e uomini ad un tempo rigidi e crudeli.
E pur senza nascondere nulla degli avvenimenti, l’Autrice, mediante una vivissima partecipazione umana ed un linguaggio affascinante, riesce a mitigare l’asprezza della vicenda e a cancellare ogni traccia di ariditŕ dalla sua precisa ricostruzione storica, facendo di questo libro un documento singolarissimo e appassionante.