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 Andrea Romanazzi
 Vampirismo: Tra antiche credenze e folclore popolare

Oggi si sente parlare spesso di vampiri, la fiction , la letteratura , gli stessi media ci bombardano con storie di “revenants” più o meno attuali ma tutte queste storie affondano le loro radici in antiche paure dell’uomo , remoti tabù che ancora oggi ritroviamo nel folklore popolare.
Prima di definire i “vampiri” dobbiamo soffermarci su quell’antico retaggio culturale che ancora fa capolino tra le nostre vite la Necrofobia (da necros morte e phovos paura).
Da sempre l’uomo ha avuto timore dei propri trapassati, come recita un antico detto popolare “i morti portano morte”, da qui nasce tutta una serie di riti e tabù tra cui lo stesso rito funebre che aveva proprio lo scopo di relegare i morti nell’aldilà e di ucciderli una seconda volta. La necrofobia non e’ del tutto inspiegabile , nel passato infatti molti erano i casi di morti “misteriose” legate a qualche malattia non conosciuta che poi, dopo il primo caso si diffondeva tra i vivi e così il collegamento al morto come “revenant” , l’untore , non era del tutto ingiustificato.
In realtà dovremmo distinguere la necrofobia rituale , cioè legata proprio a credenze sull’aldilà e sul defunto da una necrofobia successiva diciamo altomedievale, che, comunque appoggiandosi ad antiche credenze era in realtà  legata a malattie o epidemie che poi hanno fatto nascere il mito del vampiro o Nosferatu , il “non morto” come oggi lo conosciamo.
Così ad esempio nel 1300 un terzo della popolazione europea fu decimata da epidemie di peste bubbonica, malattia proprio riconducibile ai cadaveri. La stessa possibilità del vampiro di trasformarsi in animali quali topi o pipistrelli e’ successiva , mai ipotizzata dal razionale uomo primitivo , e proprio legata al fatto che questi animali avevano la caratteristica di diffondere le epidemie e così , il morso di un topo portava al contagio e alla sua associazione con la creatura misteriosa. Le malattie infettive e le strane morti diventano così attributi del nuovo “vampiro” , tubercolosi con perdite di sangue dalla bocca , rabbia , fotofobia , morti apparenti, disturbi mentali, bronchiti e polmoniti diventano le nuove caratteristiche dei non morti.
Interessante e’ esaminare una malattia molto rara , la  protoporphyria crythropoietica , che colpisce i globuli rossi rendendo i soggetti affetti impossibilitati ad esposizioni solari, malattia non  del tutto rara durante il medioevo soprattutto in area slava, a causa di dai matrimoni consanguinei tra i nobili locali e forse per questo motivo, proprio perché più recentemente “colpiti” da questi strani eventi, questi paesi han conservato una memoria vampiresca più forte che in altri luoghi, lo stesso termine “vampiro” e’ relativamente recente e di origine slava, legato alla radice “pi” cioè stregone e al verbo “wempti” che significa bere.
 La paura della luce diventerà caratteristica predominante del “vampiro letterario” chiamato poi Dracula (da Dracul e cioè stregone in Rumeno) personaggio ispirato allo storico Vlad Tapes , principe della Valacchia forse associato al “vampiro” a causa dei suoi severissimi metodi di governo. In realtà Vlad fu un grande paladino della Cristianità contro l’incombente pericolo turco che riuscì a sconfiggere anche disponendo di un esercito notevolmente inferiore , utilizzando una vera e propria arma psicologica . Quando i turchi arrivarono alla capitale del regno , Targoviste , trovarono circa 8.000 pali ove erano stati infissi altrettanti prigionieri turchi. L’impatto fu così inaspettato e tremendo che i turchi decisero subito di ritirarsi.

Vlad III era un tiranno crudele e ordinò di impalare migliaia di persone, impresa che gli guadagnò il nome di Vlad Tepes o Vlad "l'impalatore". Illustrazione tratta da "Dracula" di Bram Stoker, ed. Istituto Geografico De Agostini, Novara 1998

Nel passato uno dei motivi per i quali si diventava vampiri era la violazione di un tabù , infatti violando alcuni precetti della religione locale il credente entra in una vorticosa spirale di causa-effetto che per lui diventa dannosa se non addirittura mortale.
J.Frazer , nel suo famosissimo libro , “il ramo d’oro” , descrive una serie infinità di tabù , per esempio tra le tribù africane si crede che se durante la caccia una moglie sia infedele con il suo marito , egli sarà morso da un serpente e morirà, nasce così l’idea del “non morto” , l’uomo che torna dopo la morte per vendicare il tabù violato e così le donne morte durante il parto , i bambini defunti ancora in fasce o ancora mariti traditi vogliono portare i loro parenti con loro , nell’aldilà. Il rito funebre nasce proprio per questo , esso e’ visto all’inizio con lo scopo di rompere drasticamente il legame tra il defunto e le vita sulla terra. Abbiamo detto che da sempre l’uomo ha avuto paura dei propri morti come ci testimonierebbero antiche tradizioni , proprio per questo il primitivo elabora tutta una serie di rituali che servirebbero ad impedire un ritorno in “vita” dell’ estinto.
Una della tante credenze e’ quella legata alla nutrizione del morto , infatti si credeva che anche nell’aldilà il defunto dovesse nutrirsi e , se non avesse trovato agevolmente cibo sarebbe ritornato sulla terra alla ricerca dello stesso.
Proprio per questo motivo spesso le tombe venivano provviste di cibi reali o simbolici come raffigurazioni o semplice vasellame o ancora grano e cereali. Nell’ antica Grecia troviamo molte tradizioni che riferiscono di banchetti tenuti sulla tomba del morto in modo da “alimentare” e “nutrire” il cadavere, pratiche di cui troviamo ancora traccia nel 1700 nel “de masticatione mortuorum in tumulis” di M.Raufft o in altre strane tradizioni ancora frequenti, per esempio durante feste o banchetti , se era defunta da poco una persona si usava occupare tutti i posti a sedere in modo che il morto non potesse trovare posto per la sua presenza.
Altre usanze collegate a questa idea han portato a quella tradizione ancora in uso oggi , di offrire un pranzo o la cena ai convenuti al funerale del defunto, o quelle che ritroviamo in molti paesi del sud Italia e in particolare di  Lucania ,Puglia o Calabria ove si usa porre sul davanzale delle case , nel giorno dei Morti , vivande proprio per nutrire il morto.
Un’altra strana credenza legata sempre all’alimentazione del defunto e’ quella che essi si cibassero di carne umana e da questa al sangue il passo diventa breve.
L’idea era che è nella carne umana che risiede la vita e così il morto , per poter diventare un revenants , doveva cibarsi di essa!
“non ti nutrirai del sangue perché il sangue e vita:e tu non devi mangiare la vita insieme alla carne”
Deuteronomio XII-23
 “soltanto non mangerete la carne con la sua vita,cioè il suo sangue.Del sangue vostro, anzi, ossia della vostra vita,io domanderò conto”
Genesi IX-4
Altra interessante usanza per impedire ad un morto di resuscitare era quella di deporlo a faccia in giù nella tomba con un gran masso su di esso. In questo senso sono state fatte interessantissime ricerche dalla Dott. Anastasia Tsaliki  che si occupa proprio di sepolture “fuori dal comune”, come quelle ritrovate a Cipro e datate circa 7000-2500 a.C. Qui i cadaveri sono stati ritrovato in piccole tombe deposti in posizione contratta con grandi lastroni di pietra sopra di essi o ancora alcune volte decapitati, in modo da impedire in ogni modo il ritorno alla vita.
Sepolture simili le abbiamo ritrovate anche in Italia , a Trani , in località “Capo Colonna” databili IX-VIII sec. a.C. e ora allo studio del Prof. Sublimi. Infatti nella prima sepoltura era deposto un individuo in posizione inginocchiata  schiacciato da un lastrone posto alle sue spalle , nella seconda tomba , molto più grande , son stati trovati tre defunti anch’essi con più massi deposti sopra.
Da questo tipo di tradizioni potremmo quasi avanzare una ipotesi curiosa , forse le lapidi che oggi si usa porre al di sopra delle tombe potrebbero essere un antico retaggio culturale proveniente proprio da queste usanze , da antichi timori dell’uomo mai veramente sopiti.

A Chalkidiki, in Grecia,  è stato trovato un cadavere con un cuneo bronzeo in fronte.
Illustrazione tratta da Creature della Notte ed. Hobby & Work, 1998.
 

Numerose comunque erano le tecniche usate per evitare la venuta dei revenants , molto spesso i cadaveri venivano deposti con mani e piedi legati , i cui segni poi sono facilmente interpretabili da analisi in laboratorio sulle loro ossa, altra interessante tecnica era quella di “inchiodare” il morto , e così a Chalkidiki, in Grecia,  è stato trovato un cadavere con un cuneo bronzeo in fronte o ancora da scavi effettuati nel castello di Lamia, e’ stato rinvenuto un scheletro inchiodato da tre cunei di ferro. Il ritrovamento farebbe così sorgere delle strane interrogazioni sull’ etimologia del paese, infatti i “Lamia” (poi tra i romani chiamate Empuse) erano antichi vampiri, per lo più raffigurati come donne e immaginate metà umani  e una metà animali.
Altro interessante rituale era poi la frattura delle dita delle mani o l’estrazione di un dente effettuata sul corpo del cadavere. Questo tipo di riti venivano spesso utilizzati nelle iniziazioni, ove bisognava realizzare una finta morte in modo che poi l’iniziando potesse risorgere a nuova vita , illuminato. Ebbene, queste tecniche per realizzare una morte simbolica venivano utilizzate anche per generare una ulteriore morte nel defunto , anche a Trani sono stati ritrovati i cadaveri senza l’incisivo, il che appunto farebbe pensare proprio a un rituale come quello precedentemente descritto, una credenza non ancora del tutto dimenticata dato che , nel folklore popolare sognare la caduta di un dente significa perdita di una persona viva e dunque un presagio di morte , una morte simbolica che affonda le sue radici in antichi timori che accompagnano l’uomo fin dai primordi.  


 







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