Consideriamo
l'essere umano costituito essenzialmente di due enti: l'uno di
carattere spirituale - l'anima, il Sé, l'Io profondo - l'altro di
carattere materiale - la personalità, l'apparato psicofisico, la
macchina biologica.
Ora può accadere che un uomo sviluppi un livello di « attaccamento
» alla propria vita così esageratamente morboso da fare sì che egli
rifiuti in maniera innaturale e categorica l'idea della morte,
paventando ossessivamente la scomparsa del proprio corpo.
Tale individuo è completamente identificato con il suo apparato
psicofisico, una macchina biologica costituita di ossa, carne e sangue
che ogni uomo dovrà prima o dopo abbandonare. L'apparato psicofisico
è infatti costituito di sostanze deperibili e il suo destino è
quello di dissolversi nella materia da cui è venuto. Chi si trova in
uno stato di identificazione completa con il corpo - chi sente cioè
di essere esclusivamente il suo corpo - è destinato a perire con
esso, e quindi la sua vita risulta impregnata della paura della morte.
Al contrario, chi, attraverso un lavoro magico/alchemico, è giunto a
identificarsi almeno parzialmente con l'anima, con il Sé, non teme più,
o teme in maniera molto ridotta, la morte, in quanto sente, almeno
inconsciamente, che alla scomparsa dell'apparato psicofisico egli
resterà in vita in una forma più sottile attraverso la sua anima.
Un'analogia renderà più chiaro l'argomento: paragoniamo l'anima e la
personalità a un astronauta che si trova dentro una tuta spaziale. Se
per un bizzarro caso del destino tale uomo si fosse identificato con
l'involucro esterno, la tuta spaziale, se egli credesse cioè di
essere la tuta e non sentisse più di essere l'individuo che la
occupa, allora qualora la sua tuta dovesse andar distrutta egli
verrebbe annientato con essa, in quanto tutto il suo esistere si
risolve in quell'involucro esteriore.
Se invece, come accade nella normalità, tale uomo risultasse
identificato con la persona che occupa la tuta spaziale, in tal caso
la sua posizione sarebbe totalmente diversa: egli potrebbe osservare
l'involucro intorno a lui come qualcosa di diverso da sé e la cui
integrità non è direttamente legata alla sua personale
sopravvivenza. Fuor di metafora, questa è la situazione di un uomo
che vede il suo corpo, le sue emozioni e i suoi pensieri come enti
differenti da sé, facenti parte di gusci esterni non indispensabili
alla sua permanenza in vita.
L'uomo che sia giunto a percepirsi come anima dentro la personalità
CON LO STESSO GRADO DI CERTEZZA con cui un astronauta si sente diverso
dalla sua tuta spaziale, non teme più la morte, e ciò in quanto è a
tutti gli effetti divenuto immortale. Si badi che non si sta qui
trattando di "pensare" di essere un'anima, bensì di
"esserla". L'immortalità non si esaurisce in
un'acquisizione del pensiero, ma in una realizzazione eminentemente «
fisica ». L'astronauta sente infatti "fisicamente" di non
essere la sua tuta, non si limita a pensarlo.
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Illustrazione realizzata da
Edward Gorey nel 1973. Raffigura un redivivo che passeggia in un
cimitero e si diverte a leggere le pietre tombali.
Fonte: Raymond T. Mc Nally, A Clutch of Vampires. New York 1974
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All'interno
di una scala di relatività ogni essere umano occupa un gradino
diverso corrispondente al suo grado di identificazione con l'anima
piuttosto che con la personalità. Qualcuno è più vicino a essere
un'anima, qualcun'altro è quasi solo un guscio di carne.
Il vampiro è in origine un uomo quasi totalmente identificato nel suo
corpo di carne, nelle sue emozioni, nei suoi pensieri. Egli non
"sente" la sua anima; per lui essa rappresenta solo un
concetto mentale, una possibilità e nulla più. La sua paura della
morte è dunque più che mai giustificata.
Egli sarebbe disposto a qualsiasi cosa pur di riuscire a prolungare la
sua esistenza terrena. Conscio di dover morire, egli aspira
disperatamente all'immortalità!
Decide allora di sottoporsi a un rituale di magia nera dove con
l'aiuto di officianti anziani opera un distacco completo e
irreversibile fra l'anima (che per lui, lo ripetiamo, è solo un
concetto e non un'acquisizione reale) e il suo apparato psicofisico.
Recide cioè il filo che collega questi due enti e che è conosciuto
nell'occultismo teosofico come « antahkarana ».
Da questo momento assume il controllo completo sul suo corpo, in
quanto non più legato al destino dell'anima. Se nel percorso della
sua anima sulla Terra era previsto che egli si sposasse con una certa
donna (o uomo) e che morisse a una certa età, questo non lo riguarda
più; egli è ora interamente indipendente dalle leggi animiche.
D'altra parte però, dopo tale definitiva recisione, in lui non è più
rilevabile nemmeno il più piccolo bagliore di immortalità, che è
invece ancora presente in ogni altro essere umano, per quanto poco
evoluto spiritualmente e sordo alla propria anima possa essere.
A questo punto, se non ricorre a uno stratagemma, dopo la morte egli
è destinato a consumarsi lentamente e interamente nelle sfere più
infime del piano astrale, fra indicibili sofferenze... senza lasciare
traccia di sé.
L’INIZIAZIONE
Esiste però un modo per evitare tale epilogo: imparare da un vampiro
anziano, attraverso una trasmissione orale da maestro ad allievo, la
tecnica del vampirismo. Si tratta di ottenere una pseudo-immortalità
in questo modo: il corpo fisico viene conservato in uno stato di
perenne trance catalettica, tra la vita e la morte, nascosto in un
luogo sicuro. Perché non muoia deve essere alimentato con la
trasfusione di energia vitale assorbita da altri esseri umani mediante
l'utilizzo del suo corpo astrale semi-materializzato. In altre parole
il vampiro nelle ore notturne abbandona il suo corpo fisico e,
spostandosi nel suo corpo astrale, va a caccia di prede cui sottrarre
energia vitale.
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Litografia Anonima nella quale
un cadavere sospettato di vampirismo viene neutralizzato
conficcando un paletto nel cuore.
Fonte: Raymond T. Mc Nally, A Clutch of Vampires. New York
197 |
Essendo
il Sole analogicamente collegato alla sfera spirituale dell'uomo, e
avendo il Vampiro reciso ogni legame con il suo lato animico, il
risultato è che il suo corpo non può più sopportare la luce del
Sole. Non gli è concesso di avere vita sotto i raggi del Sole: la sua
esistenza senz'anima diviene ora una lunga notte, in senso
simbolico... e quindi anche fisico.
Attraverso una particolare tecnica rende il suo corpo astrale
semi-materiallizzato - e quindi talvolta visibile agli occhi delle
vittime, ma non catturabile dagli specchi - e in tale veste
"succhia la vita" alle persone: più il suo corpo è
materiallizato più è materiale la forma dell'energia che egli
sottrae, al punto da poter letteralmente succhiare il sangue dal corpo
fisico delle persone.
Nel corpo astrale egli assume tutti i poteri inerenti tale stato e di
cui si è già trattato in precedenza: proiettarsi a grande velocità
in luoghi lontani, disintegrare e apportare oggetti, materializzarsi
totalmente o parzialmente anche in forma di animale (lupo,
pipistrello).
Attraverso il vampirismo egli raggiunge lo scopo di ritardare la sua
morte definitiva e quindi il suo destino finale, commette però un
gran numero di delitti che gli preparano una futura permanenza astrale
sempre più penosa.
Inoltre l'immortalità così ottenuta è sempre parziale; l'unica
immortalità assoluta è quella frutto di un lavoro magico/alchemico,
il quale porta all'identificazione completa con l'ente eterno per
eccellenza: l'anima, o il Sé. Il vampiro può resistere nel sua poco
invidiabile situazione di non-morto per diversi secoli, alcuni anche
per millenni, ma mai per sempre. Prima o dopo il suo corpo verrà
distrutto e allora lo spettro dei sottopiani infernali del mondo
astrale si farà reale.
Spesso, all'apice della disperazione, vuole egli stesso mettere fine
alla sua pallida esistenza fatta di paura, solitudine, tristezza,
invisibilità, rifiuto, fuga... ma quasi mai ne ha la forza.
Il modo più sicuro per ucciderlo - e interrompere il suo patimento -
è trovare e bruciare il corpo.
Victor
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