Carlo Bordoni è docente di sociologia ed esperto in cultura di massa. Ha scritto due saggi sui vampiri, Conversazioni sul Vampiro e Il Vampiro Redivivo (quest’ultimo con Marin Mincu e Federico de Zigno), oltre a numerosi altri testi, tra i quali citiamo Stephen King. La Paura e l’Orrore nella Narrativa di Genere, La Paura il Mistero l’Orrore dal Romanzo Gotico a Stephen King, Dal Feuilleton al Fumetto (con Franco Fossati). Ha poi curato varie antologie, come Erotic Horror, Belle da Morire e il romanzo Jack lo Squartatore di Robert Bloch per la Bompiani. Ha curato la collana La Biblioteca del Brivido (50 volumi) per Fabbri Editori. Il Catafalco l’ha intervistato.
Catafalco: Iniziamo con una domanda di rito. Cinema, letteratura, fumetto… tutti i media ne sono “infettati”; conta appassionati in tutto il mondo e non conosce declino. Perché il vampiro affascina tanto? E come si sposa questa figura perturbante con il binomio eros-thanatos, tanto caro alla letteratura, d’orrore e non?
C. B.: Come ho tentato di spiegare in Conversazioni sul Vampiro e come è stato dimostrato in un convegno di qualche tempo fa a Trento (i cui atti sono stati pubblicati in Il vampiro, Don Giovanni e Altri Seduttori, a cura di Ada Neiger, Dedalo, 1998), il vampiro coniuga il fascino del mistero, del male e della morte con quello della seduzione e dell’amore-passione. Due elementi a prima vista incompatibili, ma che stanno alla base dell’esistenza umana. Non a caso, in epoca moderna, il mito del vampiro si sviluppa negli anni del vittorianesimo (fine secolo XIX), caratterizzati da una palese ambiguità nei confronti del male (ricordate il Dottor Jekyll?) e da una profonda repressione sessuale. Il vampiro sembra dare voce agli impulsi vitali più nascosti dell’uomo, opponendo il mondo solare (dell’esistenza razionale) a quello notturno (del fantastico, del misterioso). Un fascino che è avvertito anche oggi.
C.: Questa creatura, soggetta a «devianza biologica», scatena una paura di tipo sociale o di tipo psicologico?
C. B.: Preponderei per una paura di tipo sociale. Basta leggere I Am Legend di Richard Matheson, per rendersi conto che il vampirismo può rappresentare il timore per il “diverso”, per chi può mettere in crisi le certezze sociali.
C.: Jan Potocki è l’autore del Manoscritto Trovato a Saragozza, scritto nel ‘700. Libro mastodontico e misconosciuto, ha avuto una storia editoriale molto travagliata. Ciononostante è stato fonte di alcuni plagi, paradossalmente più famosi dell’originale. Trascurato di solito dai saggi sui vampiri, è da lei trattato diffusamente in Conversazioni sul Vampiro. Secondo lei avrebbe meritato miglior fortuna? E cosa sarebbe cambiato, in tal caso, nella storia del genere fantastico?
C. B.: L’influsso del Manoscritto Trovato a Saragozza è stato notevolissimo nella letteratura europea, anche se non è molto noto al grande pubblico. Le traduzioni italiane non sono facilmente accessibili: quella di Guanda, completa, spaventa il lettore per la sua mole; quella di Bompiani, sulla selezione operata da Roger Caillois, che ha il merito di aver “riscoperto” Potocki, incompleta e ormai inaccettabile. Temo non avrebbe cambiato ulteriormente i destini del fantastico, perché l’edizione attestata da René Radrizzani mostra un risvolto razionalistico, perfettamente in linea col pensiero illuminista, periodo in cui è stato scritto il volume, ma poco disponibile ad accreditare una soluzione soprannaturale delle vicende.
C.: Dracula di Stoker è uno dei romanzi moderni più noti e citati; qualcuno sostiene addirittura che sia il secondo libro più tradotto dopo la Bibbia. Opera di assoluto valore letterario, ha ispirato centinaia di film e influenzato generazioni di scrittori, codificando la figura del vampiro. Malgrado ciò è un libro poco letto ed ignorato dai dizionari e dalle storie della letteratura. Come spiega questa assenza e il disinteresse da parte della critica?
C. B.: È una vecchia storia. In parte l’emarginazione del romanzo di Stoker è dovuta alla difficoltà della scrittura diaristica, accompagnata da documenti e ritagli di notizie. Poi è evidente come anche Dracula rientri tra i GUBS, cioè tra i Grandi Libri Non Letti, di cui si parla molto e che hanno influenzato profondamente l’immaginario sociale, come il Robinson Crusoe o Frankenstein. Anche a costo di far dimenticare il testo originale. Comunque sospetto che nelle storie più recenti e più attente della letteratura inglese sia ora presente anche il nostro Stoker, nella generale rivalutazione di cui il fantastico sta godendo in questi ultimi anni.
C.: Neanche Stephen King, senz’altro il più importante scrittore d’orrore contemporaneo, ha resistito al fascino del vampiro, pubblicando il romanzo Le Notti di Salem, e i racconti Il Bicchiere della Staffa, Popsy e Il Volatore Notturno, da cui sono stati tratti anche dei film. Quali sono le peculiarità del vampiro kinghiano?
C. B.: Quasi ironiche e grottesche, direi. A parte Le Notti di Salem, che è stato uno dei primi libri di King, quasi un “calco” americano del mito del vampiro europeo, le cose più recenti (mi riferisco in particolare al Volatore Notturno, che è un piccolo capolavoro) appaiono venate di una sottile ironia: un sorriso o un ghigno che lasciano trasparire il divertimento dell’Autore nello scrivere di un soggetto così affascinante.
C.: Il suo saggio Conversazioni sul Vampiro, pubblicato nel 1995, tratta dei più importanti romanzi e racconti di vampiri, da Potocki a King, come recita il sottotitolo. Potendo aggiungere un capitolo sulle opere più importanti dell’ultima decade, di quali parlerebbe?
C. B.: Sicuramente delle opere della Rice, che meritano di essere analizzate criticamente in maniera adeguata.
C.: Negli ultimi anni gli scaffali delle librerie italiane stanno subendo una vera e propria invasione delle saghe sui vampiri, che gli editori nostrani stanno (ri)scoprendo, rispolverandone anche alcune piuttosto datate. Yarbro, Kilpatrick, Elrod, Yeovil, Clark, Hamilton, oltre ai già consolidati Rice, Lumley, Newman, Kalogridis, sono i nomi di alcuni autori di questo filone, molti dei quali curiosamente femminili. Come giudica il fenomeno?
C. B.: Direi positivamente. Molti autori erano assenti o mal tradotti, e un’offerta più ampia non può che permettere una selezione qualitativa ottimale. Su Lumley, in particolare, che ho fatto tradurre per Bompiani (Necroscope), mi spiace non sia stato dato seguito alla sua serie sui vampiri. Avevo tradotto personalmente la raccolta di racconti Fruiting Bodies, mentre Stefano Di Marino aveva tradotto, sempre per Bompiani, il secondo volume della serie (Wamphyri!), ma non se ne fece niente…
C.: Per concludere un’altra domanda di rito: quali i futuri progetti editoriali di Carlo Bordoni? Tornerà a scrivere delle creature della notte?
C. B.: Per il momento no, ma non è escluso in avvenire. Al momento mi sto occupando di ricerche sociologiche sulla cultura contemporanea: un po’ come aver allargato lo sguardo su un orizzonte più ampio, perché l’horror ha intriso profondamente dei suoi umori il nostro presente. E poi l’editore Solfanelli mi ha affidato la direzione della collana di saggistica “Micromegas”, dove conto di far uscire cose interessanti anche sui temi “notturni”, come le traduzioni dei saggi di Eric S. Rabkin o di Darko Suvin.
* Intervista rilasciata l' 11-03-2006.
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