L’uccisione del Barone di Castelfranco: la rivolta popolare del 10 agosto 1579


Il celebre filosofo Bernardino Telesio, fratello di Valerio.

LA TRAGICA FINE DI VALERIO TELESIO
Ricostruzione storica di Alberto Anelli

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Tra il 1562 e il 1566 il feudo di Castelfranco, che allora comprendeva gli attuali territori di Castrolibero Marano e Cerisano, passò dalla Marchesa di Rende, Eleonora Sanseverino, al Barone Valerio Telesio (fratello del celebre filosofo Bernardino). Dalle fonti risulta che questi era probabilmente un uomo molto avido e arrogante, ben presto, quindi, si scontrò con i suoi vassalli castelfranchesi.

Notizie delle vessazioni subite dai cittadini di Castelfranco si possono reperire nelle carte del Notaio Giordano G. Andrea di Cosenza (manoscritti in Archivio di Stato di Cosenza anno 1572 foglio 682 e anno 1575 foglio 331).

Nei primi mesi del 1567 i vassalli Pietro Simone Lento, Feliciano di Castiglione, Francesco Buglio, Giovanni Ajello, Francesco Conte e altri, stanchi di continuare a subire angherie, denunciarono nella città di Napoli il loro "padrone". Gli accusatori dissero, davanti alla Corte, che Valerio era, tra l'altro, affetto da "Eresia Luterana", un’accusa - probabilmente falsa - ma gravissima in quel periodo.

Allorchè fecero ritorno a Castelfranco, la grave accusa mossa al feudatario divenne l'argomento principale di ogni discussione di piazza. Nel mese di maggio del 1567, nei pressi della "Porta Nicoletta" che si trovava nella parte più alta del paese (Nicoletta era il cognome di un ricco possidente dell'epoca),alcuni vassalli fedeli al Telesio, si erano ritrovati a discutere con Pietro Simone e Feliciano che, spavaldamente, ammettevano di essersi recati a Napoli per farla finita con Valerio Telesio e con il suo sgherro Giovanni De Tramonte:

"...Noi siamo andati in Napoli a querelare ed examinare Valerio Telesio e a proclamare alla Vicarìa e a tutte le Corti perchè lo caccian da lo dominio di Castelfranco. Che non ni sia padrone...ed havimo examinato di esso de li malignitati sue et pensamo cacciarlo de Castello Franco, o esso o noi, ce ha da restare e pò avemo ancora querelato Giovanni Tramonte per nò li precurar et ayutar alle cose sue..."

Nella discussione Orlando De Santo era intervenuto in difesa del Telesio. Ma dalle sue parole si capisce che anche lui sapeva che il Barone, benchè non fosse un "eretico", ne aveva combinate comunque delle belle:

"...(Pietro Simone e Feliciano) aviano fatto malafede a malignare detto Signor Valerio e si lo avevano malignato in altre cose non debbono malignare per cose di heresia..."

Pietro Simone e Feliciano avevano prontamente replicato:

"...Noi ni aviamo trovati incaminati contro de esso per levarlo da lo dominio e che non avesse possuto malignar esso a noi, ni aviamo examinato et ditto nò solamente cose di heresia, ma come havesse...(illegibile)...per ni levar da sotto lo dominio suo.... "

Al Telesio, oltre all'eresia Luterana, si rimproverava di aver commesso delitti comuni.

Il Barone di Castelfranco venne perciò convocato dal Tribunale dell’Inquisizione di Roma.

Valerio Telesio allora si rivolse ad un amico di famiglia: Il cardinal Guglielmo Sirleto che aveva tramite suo fratello delle aderenze nel Santo Ufficio dell'Inquisizione in Roma. Il 5 marzo 1567 il Cardinal Sirleto scrisse da San Marco a suo fratello:

"Girolamo fratello carissimo...
...sarete contento andare da l'Illustrissimi et Reverendissimi Signori miei Cardinali di Trani et di Pisa et raccomandarli la caussa del Signor Valerio Tilesio fratello del Reverendissimo Mons. di Cosenza la quale raccomandatione non è altro fine si non per far che le Signorie Loro Ill.me et Rev.me conoscano la verità atteso se pretende da certi suoi vassalli inimicissimi al Sor Valerio habbino suscitati alcuni testimoni contro di lui come vederete in un memoriale quale ve mandiamo dentro questa lettera si che può essere che sia culpato falsamente. Le Signorie Loro Ill.me et Rev.me faranno bene usare la solita maturità et diligientia tanto più in in questa caussa quanto in questo paese sonno di molte e varie passioni povertà grande et inimicitie per le quali alle volte si ritrovano molte falsità. Nostro signore Dio et il Spirito Santo S.to il quale guida il Santo Officio npn lascerà defraudare la verità ma farà che secondo il debito de la giustizia le causse siano esaminate giudicate restamente a laude di Sua Divina Maestà et salute de l'anima...

Da S. Marco alli V di Martio 1567
Il Vostro fratello il Cardinal Sirleto"

A seguito dell'intervento del Cardinale, Valerio Telesio venne prosciolto dalle accuse presso il Santo Officio dell'Inquisizione. Ma una sorpresa amara attendeva il Telesio: gli stessi vassalli che non erano riusciti a farlo condannare e decapitare per "Eresia Luterana", gli avevano posto in essere un'altra causa per delitti comuni presso il tribunale della Vicarìa di Napoli.


Ancora una volta il Cardinal Guglielmo Sirleto intervenne presso il Vicerè di Napoli con una sua lettera datata 2 ottobre 1568

"...L'innocenza nella quale s'è ritrovato qui in Roma il Signor Valerio Telesio dalle imputazioni contro di lui per essere stato assoluto dal Santo Ufficio della Inquisizione mi fa credere, essendo i medesimi accusatori che gli han formato un processo contra in Vicarìa, che possono haverlo fatto per malivolentia et a torto: però col desiderio ch'io havea di qualche occasione di basciar le mani a V. Eccellenza dopo la ricuperata sanità dalla grave malattia che m'ha tenuto molti giorni a letto La prego che con quei ch'ella suole usare in simili casi voglia provvedere che questo pover Signore non sia detratiato et menato in longo dalle calunnie de suoi adversari c'ha patito purtroppo interesse et adversità due anni ch'è stato in Roma che l'havrò a singular favore et gratia da V. Eccellenza.

Cardinal Sirleto Roma 2 ottobre (1568)

Valerio Telesio la fece franca anche presso la Corte della Vicaria di Napoli.

Ritornato nel suo feudo si può solo immaginare cosa successe ai suoi accusatori. Trascorsero, quindi, alcuni anni di apparente tranquillità. Ma nel 1579 la gente di Castelfranco non ne poteva proprio più! Nei primi mesi di quell’anno, un attentato perpetrato contro Roberto Telesio, figlio di Valerio, non sortì l’effetto sperato, ma produsse notevoli danni economici alla famiglia (l’uccisione di molte bestie e il taglio di alberi di gelso, preziosi per la produzione serica).

La reazione di Roberto Telesio non si fece attendere, ma gli procurò dei guai giudiziari:
Si legge in una Supplica al Sacro Regio Consiglio di Napoli:

"...L'Illustrissimo et Eccellentissimo Signor Roberto Tilese de Cosenza, figlio del Barone di Castelfranco fa intendere a Vostra Ecc.za come volendo essere assassinato et occiso da molti proditoriamente, essondo stati scoverti, essendo usciti ala campagna arrobando et assassinando tra le altre vigliaccherie havendo ucciso tante pecore e tagliati celsi et facto altri danni ad esso et non possendo resistere più fu costretto per assicurarsi esso et per servire Sua Maestà et Vostra Eccellenza andar a perseguitare detti latri et altri che andavano inquietando tutta la provintia con concessione della Regia Audienza e del Vicerè che era allora, per la quale persecuzione si ferro molti buoni effetti, presi ed uccisi forasciti con spenderci del suo, al presente si trova carcerato per ordine del Signor Don Herriche della Regia Audienza..."

Al figlio di Valerio Telesio veniva contestato di aver utilizzato uomini presi a prestito dalle Università (attuali comuni) e di essersi macchiato, nel corso di quelle spedizioni punitive di "dilicti privati", assolutamente non giustificati.

Ancora una volta le buone aderenze aiutarono i Telesio.

Il Sacro Regio Consiglio di Napoli con decisione del 31 marzo 1579, ordinò alle autorità locali che il "supplicante" non ricevesse aggravio; in altri termini che il Telesio venisse immediatamente scarcerato.

Si giunse così al tragico epilogo. I cittadini di Castelfranco, probabilmente stanchi di sopportare vessazioni e abusi di ogni genere, uccisero il loro "padrone" in una sommossa popolare, sulla cui dinamica non si hanno precise notizie. Si sa che l’eccidio del Telesio ebbe luogo nella Chiesa di San Giovanni, nel Centro Storico di Castrolibero. Era il 10 agosto del 1579, giorno di lunedì.


La firma di Valerio Telesio in calce ad un documento dell'epoca - Tra le altre cose si legge la parola "Castrifranci" (Castelfranco, ora Castrolibero)

ANALISI STORICA DELLA GIORNATA DEL 10 AGOSTO 1579

Proviamo ad analizzare i fatti per capire cosa successe quel lunedì sulla base delle notizie storiche che possediamo.

E' certo che il Barone Valerio Telesio nel 1579 non abitasse a Castelfranco, benchè possedesse in località "Fiego" (Feudo) un enorme palazzo (il casino di Telesio) ed un vasto possedimento. Il feudatario, all’epoca, abitava a Cosenza, ciò risulta chiaramente da documenti dell' agosto 1578. Quel lunedì il Telesio era quindi salito (quasi certamente accompagnato da qualcuno) sulla collina di Castelfranco, non certo per andare in chiesa, ma probabilmente per badare ai suoi affari o per richiamare qualche vassallo.

L'Ora della rivolta
Chiediamoci per prima cosa l'ora in cui avvennero i fatti. Era il 10 agosto, quindi faceva molto caldo. Castrolibero era raggiungibile all'epoca solo a piedi o a dorso di mulo. Si può quindi ipotizzare che fosse mattino presto, perchè affrontare quel viaggio con il sole d'Agosto sarebbe stata davvero molto faticoso. Non poteva essere nemmeno pomeriggio tardi (al fresco della sera), perchè il Telesio avrebbe dovuto poi tornare a Cosenza e si sarebbe davvero fatto tardi. Su questo punto si può quindi essere d'accordo che la rivolta avvenne nel corso della mattinata.


Riportiamo su una mappa attuale di Castrolibero Le chiese e i luoghi del 1579.
La porta "Nicoletta" si trovava in un
punto molto elavato, quindi lungo la verticale Chiesa Vecchia, Santa Maria della Stella.

Ma continuiamo a ricostruire i fatti:
entrato in paese (la porta per chi veniva da Cosenza era quella della mulattiera di via Porticelle a Sud-Est) Valerio Telesio con molta probabilità aveva notato il malanimo dei cittadini per cui, presumibilmente, si era rifugiato nella chiesa di San Giovanni (così nel cinquecento ci si salvava la vita in caso di pericolo).

Perchè la chiesa di San Giovanni?
Qui dobbiamo capire perchè Il Telesio cercò asilo nella chiesa di San Giovanni (allora in quella chiesa non c'era la congrega) e non cercò, per esempio, di rifugiarsi nella Chiesa di Santa Maria della Stella oppure presso la chiesa del SS. Salvatore (allora ubicata nel luogo detto Chiesa Vecchia), oppure nella chiesa di Santa Maria delle Grazie (piazza Pandosia, ora non più esistente).

Escludiamo la chiesa SS. Salvatore (chiesa Vecchia) in quanto molto vicina alla porta d' ingresso al paese (mulattiera di via Porticelle). E' presumibile che Valerio Telesio fosse entrato agevolmente nelle mura del paese dalla via Porticelle e si fosse diretto verso il luogo d'incontro della popolazione: piazza Lamia. Se così fu, allora è chiaro che si debba escludere sia la chiesa SS. Salvatore (chiesa Vecchia), sia la chiesa di Santa Maria della Stella, troppo lontane da piazza Lamia. Se l'ipotesi è giusta, non rimaneva al Telesio che rifugiarsi in una delle due chiese restanti: Chiesa Santa Maria delle Grazie (piazza Pandosia), oppure nella Chiesa di San Giovanni.

Dalla contrada Lamia queste due chiese sono, più o meno, alla stessa distanza. Per andare a San Giovanni (più vicina) bisogna però percorrere un brevissimo tratto in salita. Non sapremo mai cosa successe realmente e cosa spinse il Telesio a riparare verso quella chiesa. Si deve escludere che il Telesio fosse salito a Castelfranco per partecipare a qualche cerimonia (matrimonio, battesimo ecc.) in quanto tali cerimonie un tempo si tenevano solo in giornata festiva... e normalmente nella chiesa principale (SS. Salvatore). Come sappiamo Il 10 agosto del 1579 cadeva di lunedì.

Valerio Telesio quindi si diresse verso la chiesa di San Giovanni, ma ciò non valse a salvargli la vita, a quanto pare, la furia dei cittadini di Castelfranco non si placò nemmeno all’interno di quel luogo di culto. Non sappiamo quanti e chi fossero gli uomini che parteciparono alla rivolta.
Il Sindaco del paese nel 1579 era un tal Julio De Bartolo.
Il Barone Valerio Telesio fu ucciso, ma le sue spoglie mortali vennero rese alla famiglia, tant’è che risulta - da atti notarili - che i familiari poterono dare al loro congiunto un’ "umana" sepoltura.

Come si vede a Castelfranco tirava una brutta aria per la famiglia Telesio.

Quattro anni dopo l’uccisione di Valerio Telesio, il figlio Roberto vendette per 33600 ducati il feudo di Castelfranco e Cerisano, compresi uomini e vassalli, alla nobile famiglia Sersale di Cosenza.

I nuovi feudatari possedettero il feudo fino ai primi anni del 1800.
Castrolibero, 1 ottobre 2006

Alberto Anelli

 

 

Per i dialoghi e le lettere:
-Notar Lorenzo Greco - Cosenza 30/8/1567 f. 808 v manoscritto in Archivio di Stato di Cosenza
-Collaterale Partium IC3 vol. 27 f.32 manoscritto in Archivio di Stato Napoli

-S.G. Mercati Appunti telesiani in Archivio Storico Calabria e Lucania VII 1937 p. 110-215
-Scipioni-Crostarosa Noemi - Lettere inedite di B. Telesio a Giano Pelusio nel carteggio del card. Sirleto in Archivio Storico Calabria e Lucania anno VII 1937 p.110