Lettera di Aurelia Pallastrelli ad Enclave

Testo:
Egr. Direttore, volevo fare alcune considerazioni sullo statalismo imperante nel nostro paese. Per mia natura sono antistatalista, in quanto mi ritengo una persona dal pensiero libero e coerente. Sempre più però noto che molto di ciò che a me appare meraviglioso, per la maggior parte dei miei simili, conoscenti, amici o parenti, ecc…, non lo è. Si parla spesso male dei politici, che ci vessano con le loro leggi antiuomo. Credo però che, oramai, il parlar male di questa categoria appartenga anch'esso alla visione parziale dell’ideologia statalista, che, ahimé, non appartiene ai soli politici di destra o di sinistra, ma ai cittadini stessi. Insomma, dappertutto sento dire che è giusta la legge proibizionista antifumo, che è giusto portare le cinture di sicurezza, il casco, e tutte le altre assurdità che lo Stato ci impone a prezzo di dure sanzioni punitive in caso di non osservanza. Vivere in Italia per me è come vivere all’interno di una sorta di tribunale dell’inquisizione perenne, con tanto di scomuniche, di condanne, o strumenti di tortura (vedi appunto le cinture di sicurezza): un incubo da cui non riesco a svegliarmi in quanto purtroppo appartenente alla vita quotidiana. In questa sofferenza sono dunque solo, in quanto non ho nessuno che la pensi come me sull'utilità, anzi, sulla dannosità dello Stato. La maggior parte dei cittadini non sente il peso di questo Stato, e sembra che a tutti vada più o meno bene così. Anche per questo motivo mi rivolgo agli dei, offrendo loro questo scritto, e non all'ormai inesistente capacità di giudizio critico della gente, che pare essere narcotizzata. Spesso si sente dare la colpa di tutto alla televisione, che certamente non contribuisce ad aumentare l’intelligenza delle persone, ma reputo da degenerati colpevolizzare un elettrodomestico, benché potente. Davvero è possibile credere che il nostro cervello possa essere addormentato dalla televisione? Se è veramente così, penso non ci sarà mai possibilità di libertà! Credo realmente che la stragrande maggioranza delle persone abbia perso la vitalità delle cellule cerebrali. Nessuno infatti si meraviglia più, e qualsiasi legge cretina venga fuori, tutti sono pronti ad obbedirla come fosse vangelo. Credo, anzi, che lo Stato abbia preso il posto del vangelo. Gesù diceva: "Io sono", usando il verbo al tempo presente, e con ciò intendeva indicare che nell’uomo vi è quella parte vitale e immortale che fa di lui un individuo unico ed irripetibile. Parte vitale che è possibile identificare col pensiero, facoltà appartenente esclusivamente all’uomo. Il pensiero, essendo per sua natura sempre in movimento, si contrappone dunque allo Stato che, come dice la parola stessa, consiste nella staticità del passato, del morto. Lo Stato è inoltre identificabile con l’inconscio - che per definizione non può essere conosciuto - mentre il raggiungimento di una sempre maggiore consapevolezza è il compito dell’uomo. L’uomo che non vuole evolversi ha dunque bisogno dello Stato, ed anzi, delega ad esso ciò che invece spetterebbe a se stesso. Non potremo mai liberarci dunque dei Sirchia di turno, in quanto costoro in realtà fanno comodo a chi non vuol pensare con la propria testa. Grazie per l'attenzione e per il contributo alla libertà che date con la Vs. rivista. Aurelia Pallastrelli.