Supermarina. Per tutta la
guerra, questo nome entrò quasi quotidianamente nelle case degli
italiani, dalle trasmissioni radio e dai giornali dell'epoca. Dopo il
conflitto, gli studi storici e le analisi della condotta della nostra
flotta in mare lo hanno riproposto all'attenzione generale, tra polemiche
e apprezzamenti vari. Ma con chiarezza di che cosa si trattasse crediamo
non siano molti a saperlo; l'idea, vaga, fu che Supermarina era una specie
di comando della Marina, forse il più importante di tutti, che dava
ordini per i movimenti delle navi e per le battaglie. Un concetto, in
sostanza, abbastanza esatto. Ma non certo preciso. Spieghiamo qui che cosa
fosse e quale sia stata la storia e l'azione di Supermarina. La
definizione esatta è quella che ne dà l'ammiraglio Marcantonio Bragadin,
che a Supermarina prestò servizio durante la seconda guerra mondiale e |
ne
scrisse ampiamente e con diretta conoscenza: il nome " ... indicava
convenzionalmente il Comando superiore della Marina, il vertice della
gerarchia navale. Supermarina infatti dipendeva direttamente dal Comando
Supremo delle nostre forze armate e aveva al suoi ordini l'intero apparato
guerresco della Marina, con il compito primario di promuoverne e
dirigerne, a livello strategico, tutte le operazioni belliche in
Mediterraneo e negli oceani ". In altre parole, Supermarina era il
cervello e la flotta le braccia della Marina Militare in guerra. L'idea di
centralizzare il comando |
|
delle forze navali e di
istituire una centrale operativa dalla quale venissero emanati tutti
gli ordini ai reparti
e alle formazioni
dipendenti, |
Foto a destra: il comandante
Marcantonio Bragadin al tempo in cui lavorava negli uffici di
Supermarina. |
stabilendo movimenti, dirigendo le battaglie,
decidendo quando le unità dovessero uscire in mare e quando, trovandosi
in navigazione, toccasse invece loro di rientrare venne
quando la sviluppo delle telecomunicazioni e della radio mise le forze
armate in condizioni di fruire di una massa tale di informazioni, e di disporne
a una tale velocità, da far saltare agli occhi la necessità di avviarle
verso un unico centro, per utilizzarle immediatamente e con organicità.
Ciò valeva a rovesciare il vecchio concetto del comandante di marina
responsabile di sé e dei propri atti, e autonomo di decidere secondo la
propria iniziativa: e naturalmente fu causa di contrasti e frizioni da
parte di chi si riteneva esautorato o privato della facoltà di decidere,
da parte chi non poteva avere " il polso " diretto della
situazione. Ma la guerra moderna esigeva una innovazione simile, del resto
attuata da tutte le principali Marine del mondo. La sede di Supermarina fu
a Roma, in locali appositamente attrezzati del ministero della Marina, sul
lungotevere Flaminia. Nei sotterranei era stata approntata anche una sede
sussidiaria nell'eventualità che le incursioni aeree ne rendessero
necessaria l'utilizzazione. Quando poi Roma venne dichiarata città
aperta, Supermarina si trasferì in alcune baracche costruite nei pressi
della stazione radiotelegrafica sotterranea della Marina, in località
Santa Rosa sulla via Cassia, circa venti chilometri distante dalla
capitale. Rimase in funzione fino al 12 settembre (quindi per ben quattro
giorni dopo l'armistizio e l'occupazione di Roma da parte dei tedeschi) e
riprese in certo qual modo le sue funzioni a Brindisi, dove si era
trasferito il capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio De Courten,
con il governo del maresciallo Badoglio. Supermarina, va anche precisato,
era entrata ufficialmente in servizio il 1 giugno 1940, Chi ne era a
capo? Gerarchicamente, toccava al capo di Stato Maggiore della
marina, nel 1940 l'ammiraglio Domenico Cavagnari. Ma poiché egli era anche il
sottosegretario alla Marina (e in pratica il ministro, perché il
titolare, Mussolini, aveva troppe incombenze per occuparsi direttamente del
dicastero), capo di Supermarina era in effetti il sottocapo di Stato
Maggiore. Tale carica fu ricoperta, durante la gestione Cavagnari, dall'ammiraglio Somigli. In seguito, quando a Cavagnari succedette
l'ammiraglio Arturo Riccardi (il 10 dicembre 1940), sottocapo di
Stato Maggiore divenne l'ammiraglio Inigo Campioni, che aveva
comandato la flotta in mare a Punta Stilo e a Capo Teulada. infine, negli ultimi due
anni di guerra, allorché a capo della flotta in mare fu prima
l'ammiraglio Angelo lachina e poi l',ammiraglio Carlo Bergamini, divenne
sottocapo di Stato Maggiore l'ammiraglio Luigi Sansonetti. Come funzionava
Supermarina? il " cervello " era diviso in varie sezioni, ad
ognuna delle quali presìedevano ufficiali specializzati nei settori
specifici: |
Radiotelegrafisti in una sala radio di una
nave da guerra, in collegarnento con Supermarina. |
decrittazione,
movimenti strategici, comunicazioni ecc. Come scrive ancora
l'ammiraglio Bragadin, " ... il suo vertice era costituito da
un'ampia sala dove, mediante grandi carte geografiche murali, su cui
si appuntavano sagomette distinte dal nome di ciascuna nave, era
rappresentata la situazione, in mare e nei porti, nostri ed
avversari, per le valutazioni e le decisioni dei capi ". A
questa sala giungevano tutti i messaggi sulle mosse dei nemico e
sullo stato della nostra flotta e di là, in accordo con il Comando
Supremo, partivano gli ordini di combattimento e si decidevano le
mosse che avrebbero dovuto compiere le unità impegnate. In realtà
dunque era questo " brain trúst " ad avere la funzione
strategica delle operazioni
in mare, mentre gli ammiragli a bordo
delle navi |
diventavano degli esecutori a cui restava affidata quasi
unicamente la parte tattica dell'azione. Come si e detto, ciò non
riusciva certo gradito a taluni, in qualche caso anche a ragione; e
fu questo uno dei difetti, del resto ineliminabili, della
costituzione d'un comando centralizzato qual era appunto Supermarina. Per la raccolta
dei messaggi e la comunicazione degli ordini, Supermarina usava, previa
doppia cifratura, la vastissima rete radiotelegrafica propria della
marina. Quando si trattava di trasmettere notizie o disposizioni urgenti
personali ai comandanti della flotta, ci si serviva di linee dirette in
telefonia segreta, cioè non intercettabili perché in ,"
telearmonica ". Queste linee collegavano Supermarina con tutti i
comandi marittimi della penisola e della Sicilia; con le navi ammiraglie a
La Spezia, a Napoli, a Taranto: con Superaereo (la stessa cosa di
Supermarina per quanto riguardava l'Aeranautica); con il Comando Supremo e
con Mussolini. La segretezza era pressoché assoluta e infatti, durante la
guerra, la fuga di notizie per quanto si riferisce a Supermarina si
verificò solo nelle occasioni in cui i suoi ordini dovettero essere
preventivamente comunicati ad altre autorità o comandi, o agli alleati
tedeschi. Purtuttavia si sapeva che invece le spie fasciste dell'OVRA
erano riuscite a inserirsi sulla rete telefonica segreta: ma si sperava
che gente fascistissima al punto da arruolarsi nell'OVRA non fosse, nel
contempo, anche agenti doppi, al servizio dei nemico... Infine, va detto
che da Supermarina i collegamenti vennero estesi al comando dei nostri
sommergibili in Atlantico, alle navi dislocate nel Mar Rosso e in Cina, ai
Mas trasferiti sul lago Ladoga per partecipare all'assedio di Leningrado,
a quelli trasferiti nel Mar Nero per le operazioni contro Sebastopoli,
alle petroliere in navigazione per e dalla Romania e ai piroscafi che si
recavano in Giappone ad effettuare prelievi di materiali di importanza
strategica. Gli ufficiali di turno nella
"sala comando" di Supermarina prestavano servizio dodici ore
consecutive per turno. Là si vissero ore terribili nella notte in cui
cominciavano a giungere da Taranto, l' 11 novembre 1940, le notizie sul
tremendo attacco degli aerosiluranti inglesi alla nostra flotta
all'ancora: attacco di cui non era stata anticipata nessuna informazione,
che ci colse in pieno di sorpresa, e che si concluse con esito disastroso,
ossia con perdite equivalenti (e superiori) a una grande battaglia navale
perduta. Era mezzanotte, a capo del turno stava l'ammiraglio Ferreri che
mandò subito a chiamare gli ammiragli Cavagnari e Somigli, i quali
abitavano a poche centinaia di metri. Insieme, in uno stato d'autentica
angoscia, senza possibilità di modificare gli eventi, ascoltarono la
notizia dell'affondamento delle nostre tre corazzate " Littorio
", " Cavour > e " Duilio ", ciò che significava
per gli inglesi da quel momento il dominio dei Mediterraneo. Lo stesso
avvenne a un anno di distanza, il 28 dei mese di marzo 1941, giorno
funesto alla nostra Marina. Fu allora che a Capo Matapan, nelle acque di
Creta, in uno scontro notturno ad armi impari perché la nostra squadra
era priva dei radar e combatteva alla cieca nelle tenebre contro gli
inglesi che il radar invece lo avevano e sparavano come al tiro a
bersaglio, subimmo la piu' grave sconfitta in mare dell'intera guerra.
Perdemmo gli incrociatori " Fiume ", " Zara " e "
Pola ", e i cacciatorpediniere " Alfieri " e "Carducci
". Fu un durissimo colpo, una immane tragedia che dimostrò in quali
condizioni di inferiorità combattevano le nostre navi nel Mediterraneo.
Solo allora scoprimmo che gli inglesi avevano il radar e, quel che è
peggio, scoprimmo che lo possedevano anche i tedeschi i quali ce lo
avevano tenuto rigorosamente nascosto. Tuttavia dopo la guerra qualcuno
rivelerà che, ad onor del vero, i tedeschi un apparecchio ce lo avevano
inviato, ma che noi lo avevamo sempre tenuto in magazzino, senza nemmeno
montarlo, giudicandolo inutile. Come si è detto, tra polemiche interne e
frizioni a livello di comandi, Supermarina continuò la sua opera per
l'intera durata della guerra, riportando anche notevoli successi che solo
l'ottusità del nostro Comando Supremo non utilizzò per quanto valevano.
Per esempio, Supermarina chiese invano all'inizio dei conflitto che si
occupasse Malta, allora indifesa: e si vide poi quanto quella mossa, se
attuata, avrebbe influito sull'esito della guerra in Mediterraneo. E
sempre Supermarina, al crollo della Francia, suggerì di occupare alcuni
porti della Tunisia per garantire
la sicurezza del vitale Canale di Sicilia: inutilmente. Né le si diede
retta quando documentò l'errore di spingersi oltre El Alamein in Africa
Settentrionale senza aver prima conquistato Malta, così come rimase
inascoltata la segnalazione (data con mesi dí anticipo) che gli angloamericani
si accingevano a sbarcare in Algeria e in Tunisia. Vano (e più grave come
conseguenze) il preavviso, sempre di mesi, che gli alleati stavano per per
sbarcare in Sicilia e addirittura che avrebbero preso terra a Gela e ad
Augusta, e non in Sardegna come ritenevano i nostri comandi. Quasi per
contraccambio, nessuno si curò, l'otto settembre 1943, di avvisare
Supermarina che era stato firmato l'armistizio e che cessavano le
ostilità. Supermarina lo apprese dalle sue :intercettazioni radio alle
18.20 di quel giorno, con l'impossibilità di tempestivi preavvisi alla
flotta; dei resto ciò non deve destare meraviglia in un Paese che era
entrato in guerra senza minimamente preoccuparsi dei destino della sua
flotta mercantile, perdendone subito oltre i due terzi, bloccati nei porti
stranieri, per non aver pensato di dare disposizionì per far rientrare in
patria in tempo quei piroscafi. In pochi minuti, quella sera fatale,
Supermarina dovette prendere decisioni di importanza capitale e
comunicarle al comandi dipendenti. C'era, soprattutto, da far rispettare
la clausola armistiziale in base alla quale la nostra flotta avrebbe
dovuto raggìunqère la base inglese di Malta. Si temeva che potessero
esservi casi di coscienza gravi e comprensibili, disubbidienze
drammatiche, autoaffondamenti. Sì intercalarono alcune delicatissime
telefonate con l'ammiraglio Bergamini, comandante della flotta in mare: e
si riuscì a far salpare tutte le unita' dai porti dov'erano all'ancora e
a mantenere l'impegno, anche se i tedeschi centrarono la nostra corazzata
«Roma», l'ammiraglia, con un missile teleguidato, affondandola durante
la navigazione, causando anche la morte dello stesso ammiraglio Carlo
Bergamini e di quasi duemila marinai. Dopo l'armístizio, l'ammiraglio De
Courten fece in modo di dar vita a Brindisi a un organìsmo che, se non
proprio poteva dirsi Supermarina, ne avesse almeno le caratteristiche e
valesse a mantenerne in efficienza i servizi. Quanto alla sede romana dí
Supermarina, dopo essere rimasta in attivitá fino all'otto settembre
nelle baracche della via Cassia (accanto alle quali, sìa detto tra,
arentesi, si trovava il comando tedesco di collegamento con la Marina Italiana),
si trasferì nei vecchi uffici presso il Ministero dove rimase fino al 12
settembre. A quella data, come scrive Bragadin, « ... fu solo a
Supermarina - tanto per citare quaiche caso - che il Re e Badoglio, e
perfino il ministro degli Interni, poterono rivolgersi per avere notizie
delle vicende in corso nel Paese; e che i tedeschi, dopo molte ricerche,
trovarono un comando militare ancora in funzione, capace di ricevere
l'intimazione per la consegna della città, e poi, per trattare le modalità
del loro ingresso nella capitale.
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Da NAVI e MARINAI |
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