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I marconisti non a contratto Sirm o Telemar, i cosiddetti RT
"liberi", quando avevano bisogno di un imbarco non pilotato dalle due
compagnie dei servizi radioelettrici di bordo si recavano in via
Sottoripa a Genova, piazza Caricamento e si andava alla ricerca di una
societa' di navigazione che pagasse di piu' o di brokers con navi piu'
moderne perche' consigliato da un amico o per sentito dire. Essendo
desideroso di continuare i miei viaggi da e per gli Stati Uniti, nella
famosa via, ad un piano che non ricordo, su di un portone, c'erano
scritte le qualifiche piu' richieste. Su un foglio, attaccato ad una
porta, vi erano scritte le richieste “urgenti” dirette al personale
marconista. Suonai il campanello ed entrato mi ritrovai in un’unica
stanza adibita ad ufficio, davanti a me un lungo banco ed un signore
dietro ad esso dal tipico viso genovese da ex marittimo si alzo’
chiedendomi subito quale fosse la mia qualifica.
Non appena presentatomi gli occhi si illuminarono ed io, come un
pollo gia’ spennato mi lasciai trasportare dal fiume di parole del
capitano di armamento, cosi, senza conoscere ne paga, ne viaggi della
nave, ne tipologia degli apparati di bordo, mi disse di presentarmi
alcuni giorni dopo munito della visita medica d'imbarco e del libretto
di navigazione il tutto accompagnato dal gradimento della Sirm. Cosi’,
una mattina, dopo aver ricevuto puntualmente il telegramma di conferma
seguito dalla telefonata, inizio’ un'avventura che pensavo lunga, il
classico imbarco di cinque, sei mesi. La calma percepita il primo
giorno che ero entrato in quell’ufficio aveva fatto posto alla
frenesia estrema di tutti gli impiegati. Mi consegnarono subito i
documenti per il consolato USA a Genova per il rilascio del visto
d'entrata.
Il gentil capitano d’armamnento in un sol colpo mi strappo’ di mano
sia la visita medica che il gradimento SIRM dandomi contemporaneamente
le indicazioni per prendere i necessari autobus per arrivare al
consolato, dove, arrivato una mezz’ora dopo, l'addetto al rilascio del
visto USA mi fece presente che il rilascio del visto era subordinato
alla presentazione contestuale del passaporto…………ed io li, come un ebete
ad ascoltarlo. Dopo averlo fatto chiacchierare, gli feci presente di
essere un marittimo diretto in un porto americano per imbarcare su una
nave e che l’unica cosa di cui avevo bisogno era il visto di transito
necessario per arrivare dall’aeroscalo al porto, nulla di piu’. Il tizio
dopo aver guardato i documenti in mio possesso, si sedette ed armatosi
di un grosso timbro incomincio’ a vidimare con foga il libretto di
navigazione salutandomi al termine con un arrivederci.
Ricontrollai che tutto era in perfetto ordine, salutai e me ne
andai con l’autobus diretto all'ufficio della compagnia di navigazione.
Non ho mai ben capito se era un italiano che voleva fare l'americano o
era un americano che voleva fare l'italiano. A pranzo, mi ritrovai in
una trattoria, sempre in via Sottoripa, insieme ad altro personale
imbarcato sulla stessa nave, marittimi comparsi quasi dal nulla e questo
evento mi fece ricordare le vecchie storie di reclutamento che si
facevano a piazza Caricamento durante la Repubblica di Genova per i
velieri. La mattina successiva di buon'ora, carichi di valigie, partimmo
con il treno per Milano, volo Milano-Parigi e poi Parigi-New York. A New
York dopo aver recuperato il bagaglio ci recammo a fare dogana. Il
doganiere ed il funzionario dell'immigration, controllarono il mio
libretto di navigazione, timbrarono gli appositi spazi ed oltrepassata
la Dogana fui invitato a transitare nella sala attesa…. ero negli States.
All'ora stabilita per la coincidenza del volo interno di proseguo, mi
avviai al gate e dietro di me, come pecorelle, il restante personale
imbarcante.
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Il Marconi
Apollo - Ricevitore |
Dopo qualche ora di volo, atterrammo all’aereporto di Baton Rouge/LA.
La nave, una mezza moderna bulkcarrier (carboniera) era gia in banchina
semicarica. Questa fu la mia impressione, era di color nero, almeno cosi
mi parve dal momento che, trovandoci a sera inoltrata, le carboniere a
causa della merce trasportata sono quasi tutte nere per
standardizzazione. Il marconista sbarcante non era in loco, seppi che
era sbarcato di tutta fretta appena la nave era arrivata in porto e con
esso il resto dell’equipaggio. La cosa mi sembro’ alquanto strana dal
momento che una carboniera carica in meno di sessanta ore. Mi recai in
sala radio e trovai sulla scrivania un foglio di carta con su scritto a
matita: contabilita' aperta ma quadrata, sbarcanti a posto, gli apparati
funzionano tutti meno il vhf secondario. Mi sembro’ di ricordare che per
la USCG i natanti che navigavano vicino alla costa americana dovevano
essere provvisti secondo le normative USA di due vhf.
Il tasto telegrafico, posto sul banco della consolle era di tipo
militare inscatolato e riverniciato di nero, classico tasto rabatto
installato dalla Telemar/SIRM per i poveri e disgraziati RT, mi chiesi
se da qualche parte, nascosto in qualche cassetto, ci fosse stato un
tasto migliore. Si era fatto tardi, mi recai nell'alloggio o
meglio nella cabina riservata al marconista, notai subito che era ben
tenuta, pulita, e questo mi diede quella sensazione di comodita’. La
mattina successiva, dopo aver recuperato quasi subito le ore di sonno
dovute al fuso orario con una comoda dormita, ritornai in sala radio
cercando per prima cosa un tasto telegrafico migliore ma, dopo aver
guardato in ogni angolo ne dedussi che altro non c’era.
La stazione radio era composta da un trasmettitore Marconi Marine
Commandant da 400w - MF CW e M-HF AM-USB e HF CW-USB. In HF tutte le
frequenze erano controllate da un sintetizzatore esterno dove venivano
impostate le ultime quattro cifre tramite contravers al posto del
vecchio commutatore della quarziera per i canali di chiamata e lavoro in
CW e SSB. Il ricevitore era un Marconi Apollo, apparato tipico fine
anni 60 per le MF-HF, mentre per le onde medie c’era un vetusto
trasmettitore telegrafico IRME con la ben nota valvola 3QB-350 come
finale, rispondente alle normative italiane. Accesi subito il
ricevitore e con mia meraviglia notai che era “morto”, non funzionava.
Provai allora ad accendere il trasmettitore……stessa cosa, non
funzionava, accesi il ricevitore d’ emergenza, un classico ed affidabile
Marconi Atlanta e per mia fortuna si accese non appena pigiai
l’interruttore. Il rumore di sottofondo misto a fruscio emesso
dall’apparato mi tranquillizzo’ momentaneamente e ringraziai Dio per
questo, ma ahime’, l’illusione duro’ ben poco e la fievole luce che
illuminava la scala meccanica dell’rx si spense del tutto.
Controllai subito la carica delle batterie: erano completamente
scariche. Andai alla ricerca del locale batterie che trovai quasi subito
essendo localizzate fuori dalla srt dietro il ponte di comando.
Controllai le batterie con un vecchio e sporco densimetro, le rabboccai
e le misi subito sotto carica.Tornai in plancia per controllare il vhf
principale: per fortuna funzionava in quanto alimentato separatamente da
una linea a 24Vdc. Trascorse un paio di ore e provai il trasmettitore di
emergenza in onde medie: per fortuna funzionava pure questo. Era un tx
Face-Standard che aveva sul davanti il tastino telegrafico incorporato,
sicuramente questo apparato lo avranno avuti molti RT che mi leggono.
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Il Marconi Atalanta -
Ricevitore |
Inserii l'antenna lunga e chiamai WNU/Slidellradio/New Orleans che
mi rispose immediatamente sulla 500KHz. Soddisfatto spensi tutto e
continuai a far caricare le batterie. Nel frattempo cercai di capire
perche' mancava l'alimentazione al resto degli apparati, chiesi al
primo ufficiale di macchina che, come me era di era di La Spezia e mi
disse: "marco' qua lo stoz della corrente e' inserito quindi la
110Volt ti arriva in srt". Persi un poco di tempo per individuare i
cavi principali della corrente ed una volta identificati li controllai
con un voltmetro: tutto a posto, i 110 Volt c’erano ma da qualche parte
si celava l’interruzzione dal momento che agli apparati non arrivava
l’alimentazione, incominciai ad innervosirmi e sudare.
Camminavo avanti ed indietro per il locale della stazione radio, non
sapevo piu’ cosa pensare, poi lo sguardo si poso’ sul lato destro della
consolle dove trovai una specie di sportellino ed nel suo interno un
grosso interruttore con due pulsanti uno di color rosso ed uno nero con
relative scritte di messa in marcia e fermo. Pigiai il pulsante di
marcia e sentii un soffuso ronzio accompagnato da una forte
vibrazione, non sapevo cosa pensare. Non passo’ un minuto che la porta
della stazione radio si apri’ di colpo e rumorosamente, ed il Comandante
visibilmente innervosito si mise a gridare: “minchia siamo in
porto!!! Anche in porto sto casino??!!" e sbattendo la porta usci’
dalla sala RT senza pertanto farmi capire nulla. Intuito (?) il
problema, mi affrettai a premere il pulsante di fermo ed andai subito
dal primo ufficiale di macchina a cui raccontai l’accaduto. Mi spiego’
che il grosso trasformatore che elevava la tensione da 110V a 440V 60Hz
destinato all'alimentazione degli apparati della srt produceva una una
forte ed intensa vibrazione, tipica dei grossi trasformatori di potenza,
che inevitabilmente si propagava al piano inferiore ed oltre, in
pratica una vera e propria scocciatura.
Compresi subito che si trattava di corrente alternata a 440V
destinata solo all’alimentazione della stazione radio. Ora avevo le idee
un pochino piu’ chiare, altro che nave seminuova, era una nave anni
sessanta comprata chissa’ dove, forse in un cantiere demolizioni.
Scoprii che, accanto alla porta del locale batterie ve ne era un'altra
che dava in un locale con dentro il famigerato grosso trasformatore.
Ripassai mentalmente le basi dell’elettrotecnica relative ai
trasformatori/elevatori di tensione di grossa potenza sufficienti ad
alimentare tutti gli apparati della srt nella speranza di porre qualche
rimedio. Normalmente, gli armatori del nord Europa erano soliti vendere
una nave dopo circa 8/9 anni a causa dell'approvvigionamento dei pezzi
di rispetto e relativo costo della manuntenzione che spesso su alcuni
tipi di nave era superiore al guadagno e gli aquirenti di spicco per
tali navi, guarda caso, erano quasi sempre societa' panamensi, italiane
e greche.
Il fatto che la nostra sala radio era munita di un trasmettitore
IRME TN203M, rendeva la stazione radio un poco old face e qualche volta
vagavo con la mente dei miei 18 anni d'eta', immaginavo stazioni radio
con tx a scintilla e l'aria intorno che diventava blu in trasmissione
per via della ionizzazione, oppure pensavo alla stazione radio della
nave passeggeri REX, dove a Lerici, in provincia di La Spezia, esiste la
targa della conquista del nastro azzurro, nastro conquistato al comando
di un capitano lericino. A tal proposito storico, sulle navi passeggere
italiane, fin dal 1922, grazie alla stazione radio di bordo, si riceveva
giornalmente il notiziario, si potevano conoscere le notizie giornaliere
del mondo e si cominciò a stampare un giornale di bordo e questo solo
sulle navi italiane. Inoltre, fatto non secondario, la stazione radio
del REX era della Marconi Marine, dotata di apparati radio OM ed OC
telegrafici e telefonici ed era anche dotata del manipolatore automatico
del segnale di soccorso.
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La stazione radio della nave
passeggera REX - ICEJ - 1932 |
Mi sono sempre domandato come facessero a fare servizio, credo
avessero trasmettitori molto potenti, eppure per noi, con i nostri
moderni apparati e la nostra attuale concezione delle telecomunicazioni
resta un mistero. Oggi, a distanza di tempo, ripenso a quel Marconi
Apollo usato su quella nave carboniera, un rx veramente particolare, un
rx dalla tecnologia avanzata e complessa, tale da renderlo il miglior
ricevitore per il traffico radio navale degli anni 70/80. Lasciammo a
poppa il grande fiume americano Mississippi diretti in Atlantico.
L'attivita' in stazione radio era relegata quando il comandante era in
cabina a riposare, purtroppo cabina e studio proprio sotto quel locale
strano e rumoroso. Tutto era a posto, anche il ricevitore di emergenza,
il solido Marconi Atlanta, con il suo aspetto particolare ed
accattivante alimentato anche a 24volt corrente continua dalle batterie
della srt tramite un vibratore non sincrono incorporato in un box
dietro l'apparato stesso, ricevitore che avrei ancora trovato sulle
navi gestite dalla SIRM e non. Questa e’ un’altra ragione per cui il
marconista sbarcante mi lascio’ a secco di energia, con le batterie
scariche.
Pensando tutto cio’, mi accorsi per la prima volta che la srt aveva
quell’odore di stantio dovuto al vecchio legno screpolato intriso di
salsedine, stessa cosa per i divani che arredavano il locale. La
traversata fu tranquilla dal punto di vista del traffico radio. Nel
nord Atlantico non ci sono problemi di comunicazione in onda corta con
le stazioni costiere italiane ed europee e cedrcai di condensare tutto
il traffico radio telegrafico e telefonico negli orari migliori di
comunicazione. Come tutte le navi carboniere che hanno il fondo piatto
bastava un poco d'onda lunga al traverso per avere un forte rollio. La
velocita' della nave non supero’ mai i 12,5 nodi all'ora ed i
macchinisti, quando eravamo a mensa, dicevano che il motore collava
olio da tutte le guarnizioni di tenuta.
Il forte rollio aveva un solo vantaggio: tutte le mattine, il
nostromo, si alzava di buon'ora e con un bugliolo faceva il giro della
coperta alla ricerca di un particolare pesce che i marinai hanno sempre
chiamato pesce volante (Exocoetus volitans) perche' in branco riuscivano
a spiccare lunghi salti sulle creste delle onde, molti di questi
finivano in coperta, pesce ottimo cotto alla piastra. Una settimana
prima dell'arrivo nel porto di discarica mi presentai al primo
ufficiale di coperta con la classica domanda di richiesta di sbarco. Tre
giorni prima dell'arrivo in porto, il capitano di armamento, chiese al
comandante, durante una comunicazione radiotelefonica, di convincermi di
restare a bordo visto che ad Anversa era gia’ programmata la modifica
all'alimentazione dei servizi della srt e del ponte e che la nave si
doveva fermare qualche giorno per adeguamenti alle nuove normative
della USCG. Conoscendo un po’ la vecchia storia dei marinai, dissi
fermamente un secco no.
Tutto l’insieme era accettabile, stazione radio adeguata, viaggi
come li volevo, stipendio con 120 ore fisse di straordinario, ma il
fatto di dover svolgere il traffico radio, condizionato dall'infernale
vibrazione dell'enorme trasformatore, era per me, giovane rt a cui
piaceva svolgere le sue funzioni e non essere assoggettato a uno stupido
elemento elettronico passivo, un vero handicap. Arrivato in nord europa,
ad Anversa, sbarcai di corsa da quella nave ma prima di farlo attesi il
mio collega imbarcante che, ricordo mi aspettava in banchina per
effettuare il regolare passaggio di consegne. Era un tecnico della SAIT,
riparo’ subito il VHF rotto sul ponte ed appronto’ l'installazione di
un nuovo radar dotato di ARPA con auto target. Mi sembro’ di capire che
una ditta si sarebbe occupata del nuovo impianto elettrico per
alimentare in corrente alternata 440V la srt etc etc, da un unico
sistema a 440V dalla sala quadri elettrici in sala macchine.
Fu un imbarco di soli 29 giorni. Non ho mai saputo se la modifica
all'alimentazione della SRT fosse stata fatta, ma non credo proprio in
quanto non c'erano prescrizioni e la modifica costava molto. All'estero,
fornitori, ditte ed in particolare le agenzie marittime dovevano essere
pagate subito, prima della partenza della nave in base alla famosa
legge 135 altrimenti il sequestro era immediato, non eravamo in Italia.
Mi sono spesso chiesto, chissa' quanti colleghi marconisti avranno
vissuto la mia stessa esperienza, quanti avranno passato situazioni
analoghe dovute al passaggio di consegne.
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