I CAPITANI CORAGGIOSI

LODOVICO DE VARTHEMA

primo europeo a visitare la mecca

 

 

Nel  1503, adì 8 de Aprile, mettendose in ordine la carovana per andare alla Mecca... ».

Cosi comincia il capitolo degli itinerari nel quale Lodovico De Varthema, nato a Bologna in­torno al 1470, racconta una delle sue più affascinanti avventure. Stanco della vita militare, aveva deciso di girare il mondo e una delle mete più ambite gli era parsa appunto la città santa dell'Islam. Partito da Venezia nel 1500 e sbarcato in Egitto, aveva visitato Alessandria e il Cairo per poi passare in Siria e so­stare a Tripoli. Da qui aveva raggiunto Damasco, preparandosi al viaggio allora precluso a tutti gli in­fedeli. A Damasco s'era fermato un paio d'anni per imparare la « lingua moresca », quindi aveva stretto amicizia con un cristiano rinnegato, capitano dei mammalucchi, che avrebbero scortato una carovana di pellegrini e, fingendosi egli stesso mammalucco, eccolo partire per la spedizione che lo vedrà il primo europeo a visitare la Mecca.

 

Il viaggio fu particolarmente avventuroso: a più ri­prese la carovana venne attaccata dai predoni, messi in fuga dai coraggiosi mammalucchi di scorta. Anche Lodovico rischiò piu’ volte la vita. Ma eccolo finalmente alla Mecca. La città gli appare « bellissima e molto bene abitata... le case sono bo­nissime come le nostre... La città non ha mura intor­no, le sue mura sono le montagne... ».

Al viaggiatore bolognese bastano pochi giorni per rendersi conto che la città di Maometto non è fortu­nata per la posizione: totalmente priva di risorse idriche, deve importare tutto; dal Cairo e anche dal­l'Etiopia arriva via mare e via terra quanto necessita alla popolazione e alle migliaia di pellegrini che giungono da tutto il mondo arabo. Ma la città è ricca per i commerci che vi intessono i pellegrini, i quali approfittano del viaggio per compiere i propri affari.

 

Non gli sfugge l'importanza religiosa del luogo, che è la ragione vera del suo viaggio. « ... In mezzo de la città sta un tempio bellissimo », scrive, « a comparatione del Coliseo di Roma: ma non di quelle pietre grande, ma di pietre cotte ed è tondo a quel modo e ha novanta over cento porte intorno... ». Sotto i por­ticati della grande moschea si commerciano gioie e spezie (de Varthema calcola che i venditori siano quattro o cinque mila, uomini e donne) e tali sono i profumi che « se sentono dentro questo tempio che par essere in una speciaria piena di muschio e di altri odori suavissimi ... ». li racconto continua con la descrizione del « perdono » che i pellegrini vengono a lucrare alla Mecca a partire dal ventitre marzo d'ogni anno. Girano intorno alla Kaaba, l'enorme cu­bo di pietra grigia posto in mezzo alla moschea e che Maometto ha indicato come il primo tempio innal­zato al vero Dio da Abramo e da suo figlio Ismaele. Per sette volte, invocando Dio, compiono il periplo della Kaaba e poi raggiungono un pozzo vicino, dove vengono aspersi con tre secchi d'acqua e « si bagnano tutti » di quest'acqua lustrale da capo a piedi « se ben che la vesta fusse ce seda », e « dicono in questo modo che li lor peccati rimangono lì tutti a quello lavare ».

 

Segue la descrizione dei sacrifici di animali e l'ammirata illustrazione di due unicorni che stanno in un recinto appartato del tempio: il maggiore pare un puledro di tre anni e ha un corno sulla fronte lungo circa tre braccia, mentre il minore è come un puledro di un anno e il suo corno è lungo circa tre palme di mano.

Lasciata la Mecca, Lodovico de Varthema si unisce a un'altra carovana di pellegrini diretti in Persia , ma, accusato d'essere una spia dei portoghesi viene imprigionato ad Aden. Liberato, visita in lungo e in largo lo Yemen (che nessun europeo aveva visto pri­ma di lui), quindi punta sulla Persia e poi arriva in India insieme con un commerciante conosciuto a Shiraz.

 

Si spinge fino al Malabar di dove raggiunge Ceylon, traversa il Golfo del Bengala e tocca il Siam, continuando poi il suo viaggio per Malacca, Sumatra, le Molucche, il Borneo e Giava. Tornato nel Ma­labar, a Calicut si mette al servizio dei portoghesi e partecipa allo scontro navale di Cunanor (16 Marzo 1506) con tanto valore da meritare, da parte del vicerè D'Almeida, la promozione a cavaliere sul cam­po. Lasciata l’India nel Dicembre del 1507 per com­piere la circumnavigazione dell'Africa, de Varthema sbarca finalmente a Lisbona un anno dopo.

Non si sa dove de Varthema sia vissuto negli anni seguenti: se ne trova traccia a Roma, dove morì nel 1517. Ma le sue memorie, che intitolò Itinerari e fu­rono stampate per la prima volta nel 1311 ebbero tanto successo da farlo considerare un novello Mar­co Polo.

 

Bisogna tener presente che negli anni in cui egli visitava, primo europeo, lo Yemen, Cristoforo Colombo stava compiendo la terza spedizione che lo doveva portare alla scoperta dell'isola di Trinidad e a toccare la terraferma americana (e il grande genovese non seppe mai d'aver raggiunto un nuovo con­tinente).

La fortuna degli Itinerari di De Varthema fu gran­dissima. In pochi anni ne furono stampate edizioni in varie lingue e per almeno due secoli geografi e carto­grafi attinsero largamente a quest'opera, notevole non soltanto per la vivezza, ma anche per la sobrietà, la ricchezza e la precisione delle desciizioni.

 

 

L'isola di Ceylon in un atlante del XV secolo al Museo navale di Amsterdam vista da Lodovico De Varthema.

 

 
Da Navi e Marinai