LE
«PULCI DEL MARE»
CHE VINSERO I GIGANTI |
Erano i MAS i motoscafi anti-sommergibili inventati dall'ingegnere
livornese Bisio |
Gramaticopulo da Capodistria: un oscoro eroe precursore |
Come sempre, quando c'è di mezzo un'invenzione, non manca mai chi
sostiene di averla inventata prima. Questo può dirsi anche per i Mas, i
« motoscafi anti‑sommergibili » (D'Annunzio legò la sigla al motto «
memento audere semper », ricordati di osare sempre) che hanno raccolto
tanta gloria nelle due grandi guerre mondiali. Ma nel caso specifico è
facile sostenere, senza tema di smentite, che i Mas li abbiamo inventati
noi italiani.
I primi studi risalgono addirittura al 1906, quando si pensava a una «
barca torpediniera mossa da motori a scoppio », destinata a operare in
prevalenza nell'Alto Adriatico, cioè in un bacino idrografico dalle
particolari caratteristiche. Si presero in esame, prima di tutto, i
canali di navigazione interni della laguna veneta, da Porto Lignano al
Delta dei Po, vagliandone i fondali, la larghezza, lo sviluppo delle
curve e l'allacciamento con gli sbocchi al mare; si concluse con un
progetto di scafo adatto a navigare in queste acque ristrette e a
reggere nel contempo il mare aperto anche se agitato. |
Lo ricorda Erminio
Bagnasco, nel suo fondamentale volume
I Mas e le
motosiluranti italíane,
edito a cura dell'Ufficio storico della Marina. Il Mas doveva
pescare pochissimo, essere veloce, bene armato, e riuscire a stare
in mare, un mare piatto come l'Adriatico che si guasta, però, in un
attimo, sotto il vento « garbino » o sotto la « bora »... Il Mas in
origine doveva servire a pattugliare i canali della laguna veneta,
doveva fungere da estrema difesa contro il naviglio sottile nemico
che fosse venuto troppo sottocosta, e sostituire le torpediniere
della difesa costiera quando queste erano impegnate al largo. Doveva
essere veloce per arrivare presto, o disimpegnarsi presto, se
l'avversario era troppo grosso; doveva essere basso sull'acqua per
risultare invisibile o quasi; doveva essere potentemente armato per
far fronte a tutti i nemici: |
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dal sommergibile,
contro il quale avrebbe potuto usare |
Squadriglia di MAS
in Adriatico |
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bombe di profondità,
alle unità più grosse, contro le quali avrebbe impiegato
mitragliatrici o cannoncini (40 che usavano le torpediniere o il 76
dei caccia). Oppure addirittura i siluri, trasformandosi così da
unità da difesa in unità d'attacco, micidiale per la sorpresa, la
velocità e l'invulnerabilità dipendente dalle dimensioni e
dall'agilità. Prima ancora della nostra entrata in guerra, lo stato
maggiore della marina aveva commissionato alla SVAN di Venezia i
primi due « motoscafi armati ». Anzi, come si chiamavano allora, «
autoscafi ». Si trattava, in pratica, di trasformare per usi
militari certi tipi di scafi a motore leggerissimi già usati dagli
sportivi e che si distinguevano per la loro velocità e lo
scarsissimo pescaggio. Vennero usati, per lo più, in appoggio agli
idrovolanti, o per passare direttamente sopra i campi minati e le
ostruzioni che avrebbero impedito il movimento a unità più pesanti e
di maggiore pescaggio. Basterà ricordare che i Mas pescavano al
massimo quaranta centimetri: quindi potevano sfrecciare
tranquillamente sopra le mine, sopra i bassifondi e su per i canali
della laguna e della pianura veneta.
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Due
fasi della costruzione dei MAS (intorno al 1915
-1916) nel cantiere veneziano della ditta SVAN. |
Che fossero utili,
lo si comprese subito, tanto è vero che già nel luglìo 1915 vennero
messe in cantiere 50 unità, e altre 50 ne saranno impostate nella
seconda metà dei 1916. Ma il programma più massiccio fu varato nel
1917, quando si ordinarono 320 unità, sia dei tipo silurante sia di
quello antisommergibile: in totale, nel corso dei conflitto, 422,
244 dei quali entrarono in servizio durante le ostilità. L'idea dei
Mas l'avevano avuta anche gli inglesi, che, come noi, avevano
mobilitato gli sportivi . dei loro yachting clubs, dovendo però fare
i conti con un mare diverso, poiché il mare dei Nord non è l'Alto
Adriatico. Quindi, per le loro « patrol boats » andarono a chieder
aiuto ai cantieri americani: interessavano modelli robusti, veloci,
in grado di tenere bene il mare, capaci di raggiungere i venti nodi
e di dare la caccia ai sommergibili tedeschi, con le bombe di
profondità e i cannoncini a tiro rapido. Nacquero così i «
cacciasommergibili » prodotti dal cantiere Elco di Bayonne, New
Jersey, che avremo anche noi, e saranno la cosiddetta « classe H ».
Unità eccellenti, tanto è vero che alcuni attraversarono l'Atlantico
in formazione, per venire a battersi nei nostri mari. Consumavano
molto, facevano un frastuono d'inferno, ma funzionavano bene.
Una delle più belle
avventure a bordo dì un Mas risale al marzo dei 1916, e ne è
protagonista un oscuro eroe, il volontario motonauta Gramaticopulo
di Capodistria, che chiese al comando di poter uscire da Venezia per
andare al largo. Il marchese Dentice di Frasso, che comandava la
piazza, lo autorizzò e Gramaticopulo uscì, entrò nel golfo di
Trieste, passò davanti a Capodistria, cercò, al tramonto, il
campanile di Buje, « la spia dell'Istria», e andò a piazzarsi, alle
due di notte, di traverso sopra uno sbarramento di mine austriaco,
proprio davanti a Trieste. Là attese, con gli uomini nascosti nella
tuga. All'alba, gli austriaci lo notarono. Fermo, in mezzo a quello
che sapevano essere un loro campo minato, non poteva trattarsi che
di un loro scafo in avaria.
Uscirono per
dargli aiuto, non senza aver sparato qualche colpo nelle
vicinanze, per precauzione. Ma nessuno si mosse, a bordo del
battello italiano. Così quando gli austriaci si avvicinarono con
i loro « autoscafi », furono accolti da una raffica di mitraglia
che ferì uno dei piloti. Allora il nemico mosse all'attacco, per
speronare: con il risultato che mentre il nostro Mas ebbe il
bordo scheggiato, l'investitore riportò una grossa falla e
affondò. Gramaticopulo cadrà più tardi, volando sulla sua
Capodistria. Dalla costa aprirono immediatamente il fuoco,
ma Gramaticopulo e i suoi ripescarono i quattro austriaci
naufraghi, riaccesero i motori e raggiunsero Grado, con i
loro prigionieri, degni |
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precursori della
beffa di Buccari e di un'infinità di altre gloriose imprese in
acque nemiche.
Ma com'erano fatti, i Mas? E chi li aveva disegnati? Li aveva
progettati l'ingegnere livornese Attilio |
Due grossi
siluri costituivano l'armamento rivoluzionario dei MAS. Qui
sopra MAS a Venezia durante la 1° guerra mondiale. Si vedono
chiaramente le due micidiali bombe fissate sui fianchi della
veloce imbarcazione. |
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Bisio, il quale ne aveva curato in modo particolare la sagoma bassa
e sfuggente sull'acqua, le |
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speciali linee
di chiglia per consentire che i «baffi » di spuma non si
rovesciassero a bordo in velocità, una particolare struttura dei
fianchi, un pescaggìo (come si è detto) minimo, quaranta
centimetri, e ampio spazio per collocarvi possenti motori.
Infatti l'apparato propulsore era composto da due motori
accoppiati da 250 HP l'uno: potevano raggiungere i 32 nodi, cioè
oltre 50 chilometri áll'ora; i primi modelli potevano imbarcare
una tonnellata di benzina, i modelli successivi, più grossi,
anche due. L'armamento dei tipi iniziale era di un cannoncino e
di un paio di mitragliatrici, ma col progredire del tempo vi
furono modelli che montavano addirittura un cannoncino da 76 mm,
due o quattro mitragliatrici, e, a seconda dei casi, fino a 12
bombe di profondità antisommergibili, e due siluri.
I motoscafi siluranti, o d'assalto, portavano o due siluri in
appositi lanciatori a tenaglia ai lati della tuga, o un tubo
lanciasiluri che lasciava cadere all’ indietro il siluro. In
questo caso il Mas doveva disimpegnarsi alla svelta in virata,
prima di farsi raggiungere dal siluro che prendeva velocità; ma
un |
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L'inventore e progettista dei primi Mas fu l' ingegnere
livornese Attilio Bisio |
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simile tipo fu poco usato, per la sua scarsa praticità.
I Mas erano
costruiti in legno di cedro, e alcuni tipi si potevano chiudere
completamente, in modo che nemmeno una goccia d'acqua |
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potesse penetrare
nell'interno e fossero in grado di prendere il mare anche durante un
uragano. L'equipaggio era composto da un ufficiale, due motoristi,
un sottonocchiere, un cannoniere, un mitragliere, un prodiere e tre
marinai. Il prodiere aveva il compito di stare bocconi a prua del
battello, per segnalare la presenza di ostacoli o ostruzionì che il
timoniere, in determinate circostanze, come le manovre in porto, non
poteva scorgere dalla sua posizione. Ogni Mas era anche dotato di un
motorino elettrico a batteria per consentirgli brevi spostamenti a
una velocità di seì nodi, in completo silenzio, in prossimità delle
coste o in un porto avversario, o nella caccia a un sommergibile.
Naturalmente, a velocità ridotta, si poteva marciare silenziosamente
per percorsi maggiori. I Mas erano fabbricati a Venezia, dalla SVAN,
famosa per la produzione dei motoscafi‑passeggeri usati in laguna.
Dopo Caporetto però la produzione fu spostata a La Spezia e nei
cantieri Baglietto della riviera ligure. I modelli di Mas prodotti
in questi cantieri presero il nome di « tipo liguria » e «tipo
tirreno ».
Alla bandiera di
combattimento della flottiglia deì Mas dell'Alto Adriatico venne
assegnata la medaglia d'oro al valor militare. Durante tutta la
guerra il nemico non seppe e non poté né catturare né distruggere un
Mas. Per aver navigato e combattuto ed operato prodigi sui Mas,
ebbero la croce di ufficiale dell'ordine di Savoia il capitano di
vascello Costanzo Ciano, la croce di cavaliere il capitano di
fregata Luigi Rizzo; ebbero la medaglia d'oro al valor militare i
capitani di fregata Luigi Rizzo e Mario Pellegrini, il tenente
colonnello del genio navale Raffaele Rossetti, il tenente di
vascello Ildebrando Goiran, il capitano medico Raffaello Paolucci,
il sottotenente di vascello Giuseppe Aonzo, il capo torpediniere
Antonio Milani, ìl sottocapo‑fuochista Giuseppe Corrias, il
sottonocchiere Francesco Angelino.
Ebbero poi la
medaglia d'argento il capitano di vascello Costanzo Ciano, il
capitano di fregata Luigi Rìzzo, il capitano di corvetta Ildebrando
Goiran, il capitano di corvetta Gennaro Pagano di Melito, i tenenti
di vascello Alfredo Berardínellì, Profeta De Sanctis, Mario Azzi,
Mario Heusch, il tenente macchinista Vincenzo Turiddo, i capi gruppo
motonauti Angelo Procaccini, Cesare Imperiale, Luigi Di Sangro, i
volontari Luigi Carones, Emi,lio Manfre~di, Gino Barsanti, Felice
Gessi, Romano Manzutto, il sottotenente Andrea Ferrarini, il
capotimoniere Barchetta, il sottonocchiere Bossi e i marinai
torpedinieri, fuochisti e cannonieri Bertucci, Santarelli, Feo,
Capuano, Defano, Annaloro, Calipani, Tomat, Donat, Baganto, Trentin,
Battaglini, Volpi, Bertelli, Veronese, Maschietto, Braccioni, Milani,
Brignetti, Verzanini, De Angelis, Buonacorsi, ecc.
Un elenco di
valorosi, una pagina di gloria per la marina da guerra italiana.
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