E' logico, tracciando questa
specie di atlante dei celebri navigatori e comandanti di mare italiani,
constatare come nell'elenco abbiano una comparsa più frequente i «
capitani coraggiosi » di Genova e di Venezia. Furono queste, infatti, le
due grandi città marinare che importarono di sé per secoli non soltanto
la politica marittima italiana, ma che offrirono il maggior numero di
sperimentati condottieri e di strumenti atti a trasformare in realtà i
loro disegni di conquista. Sicché sia Genova che Venezia annoverarono
vere e proprie famiglie di navigatori, in cui l'arte di andar per mare e
di guidare le navi all'assalto si tramandava quasi di padre in figlio,
costituendo quelle che oggi ci appaiono delle autentiche dinastie di
marinai illustri. Basti citare per Genova i Doria o i Fieschi, e per
Venezia i Barbarigo o i Morosini. Appunto in quest'ordine di idee va
detto che quella dei Pessagno fu - al pari dei Grimaldi, dei Fieschi,
dei Doria e degli Spinola ‑ una delle più famose famiglie « navali »
genovesi, all'epoca d'oro della celebre Repubblica marinara.
Il personaggio che diede
maggior prestigio alla nobile stirpe fu Emanuele, che nella prima metà
del XIV secolo godette fama di intrepido marinaio, abile diplomatico e
conoscitore profondo dell'arte navale e della cartografia dei suoi
tempi. Tali qualità gli valsero fra l'altro la nomina di « almirante
maggiore », ossia di comandante supremo della flotta portoghese, carica
altissima e prestigiosa. Il primo Pessagno ad entrare nella storia della
marineria fu Guglielmo, nominato « anziano » del Consiglio podestarile
di Genova nel 1262 per le sue doti di esperto navigatore e di abile
negoziatore. Gli si attribuisce infatti il merito di aver trattato e
concluso un patto di alleanza con i Mongoli, che nel 1258 avevano
distrutto Baghdad e si erano impadroniti di tutta la Persia. I Mongoli
volevano convogliare il traffico commerciale dalla Cina e dall'India
verso il Tigri e l'Eufrate fino all'Anatolia e a Costantinopoli,
impedendo ai mercanti arabi di dirottarlo via mare verso il Mar Rosso e
l'Egitto. Per fare questo dovettero costruire un arsenale a Bàssora e un
fondaco a Baghdad, ove potessero trovare ricetto navi e merci che
giungevano per la via del Golfo Persico. Vi riuscirono grazie appunto al
consenso dei liguri e alla astuta e non disinteressata mediazione di
Guglielmo Pessagno.
Con le nuove ricchezze
provenienti dall'Oriente, Genova mutò: i mercanti cercarono di
impadronirsi del potere, le grandi famiglie si coalizzarono per
eliminare i rivali concorrenti. Cadde così il podestà e si giunse al
dogato perpetuo. Simon Boccanegra divenne, nel 1339, il primo doge a
vita. Nella seconda metà del XIII secolo si pose in luce anche Nicolo'
Pessagno, fratello minore di Guglielmo. Egli fu uno degli ambasciatori
inviati dalla Repubblica di Genova al papa Martino IV per spingerlo a un
tentativo di pace tra i liguri e i pisani, che si contendevano il
dominio della Corsica. Nicolo' ebbe tre figli: Leonardo, Emanuele e
Antonio. Il secondogenito, come s'è accennato, divenne « almirante
maggiore » del Portogallo e diede grande lustro alla famiglia. Emanuele
Pessagno cominciò giovanissimo ad andar per mare. Della sua vita
privata, come spesso accade per personaggi di quest'epoca e di questa
dimensione, non ci sono pervenute molte notizie. Degli anni
dell'infanzia e della fanciullezza non sappiamo nulla: ma risulta che i
tre fratelli erano tutti appassionati del mare e che al secondo, appunto
Emanuele, toccava quasi per obbligo dinastico di scegliere la carriera
delle navi.
Come è noto, al primogenito
andava nell'eredità la quasi totalità dei beni e il proseguimento
dell'attività paterna. Ora, essendo stato Nicolo' Pessagno un
diplomatico e un ambasciatore, questo ruolo sarebbe passato di diritto
al suo primogenito Leonardo, mentre i due cadetti avrebbero dovuto
scegliere delle attività autonome, e tuttavia sempre consone alla
dignità e al ruolo della famiglia da cui provenivano. Fu così che il
secondo dei Pessagno divenne comandante di mare. Nel 1303 venne nominato
comandante di una galea e, con il fratello maggiore Leonardo, compì un
lungo viaggio nel Mediterraneo, spingendosi oltre il Bosforo nel Mar
Nero.
Tre anni dopo noleggiò due
galee e arrivò in Inghilterra, assieme al fratello più giovane, Antonio,
per trattare un importante accordo commerciale. Antonio riuscì in quell'occasione
ad accattivarsi la simpatia e la stima della corte inglese, tanto che fu
invitato a restare a Londra per rimettere ordine nell'amministrazione
della flotta. Accettò e divenne in seguito funzionario molto stimato
durante il regno di Edoardo Il e di Edoardo III. Tornò in patria, ma non
vi restò a lungo. Nel 1237 fu chiamato in Portogallo da re Dionigi
l'Agricoltore, che gli offrì la carica di comandante supremo della
flotta e di direttore delle costruzioni navali. La sua nomina ebbe
carattere ereditario e si unì al privilegio di tenere costantemente
presso di sé venti ufficiali di marina genovesi.
Tale privilegio consentì al
monarca portoghese di utilizzare i migliori e più audaci navigatori
liguri per le perlustrazioni della costa occidentale dell'Africa e per
le successive scoperte al di là dell'Atlantico. Emanuele Pessagno svolse
anche opera di abile diplomatico, Nel 1326 si recò in Inghilterra per
trattare il matrimonio di una figlia di Alfonso IV con il primogenito di
Edoardo II. Undici anni dopo tornò a prendere le armi e ridivenne, sia
pure con poca fortuna, condottiero. Accadde nel 1337 quando assunse il
comando della flotta portoghese contro il re di Castiglia. La squadra
nemica, più forte, guidata dall'ammiraglio Alfonso Gioffredo Tenorio,
ebbe il sopravvento e riuscì a catturare due galee portoghesi e a
mettere in fuga le altre. Su una delle due galee catturate c'era
Emanuele con suo figlio Carlo. Entrambi furono fatti prigionieri e
trasportati nel castello di Jerez, ai confini fra Spagna e Portogallo.
Passati assati tre anni in
prigionia, Emanuele venne liberato e nuovamente chiamato da Alfonso IV a
ricoprire un'alta carica: quella di amministratore dei beni
ecclesiastici del regno. Morto lui, in una data che non è nemmeno ben
certa, subentrarono nella carica di « almirante maggiore » del
Portogallo i suoi figli: Carlo, Bartolomeo e Lanzerotto. Tutti e tre
continuarono con onore la tradizione paterna ed ebbero importanti
cariche nella marina portoghese, distinguendosi per intraprendenza e
coraggio e conquistandosi l'estimazione generale come provetti uomini di
mare. La stirpe dei Pessagno annoverò poi altri illustri rappresentanti:
Giovanni fu nel 1368 tra i consiglieri del doge Gabriele Adorno;
Lanzerotto Il navigò nel 1444 con sei caravelle sino all'isola delle
Garze; Emanuele III, imbarcato su una caravella della spedizione di
Francesco d'Almeyda, toccò Madera e girò il Capo di Buona Speranza.
Nominato capo dell'isola
fortificata di Angiadiva, Emanuele III, dopo averla nel 1506 difesa
valorosamente contro i Mori di Abdul Allah, vi rimase fino al 1508 e
morì poi combattendo nell'impresa di Calicut. Qualche anno prima un
altro Emanuele, discendente di un ramo collaterale, e Ruy Pessagno
lasciarono Genova e si stabilirono nell'Alemtejo per incarico del re del
Portogallo, contribuendo allo sfruttamento delle ricchezze dell'India.
Fra il XIV e il XV secolo i Pessagno residenti a Genova, trovandosi
immischiati nelle contese fra guelfi e ghibellini, si unirono con la
famiglia De Marini. Il doppio cognome, assunto seguendo le usanze del
tempo, continuò nei successivi secoli, sino al 1876, anno in cui i
Pessagno abbandonarono il nome De Marini, aggiungendo invece il titolo
di conte, conferito loro da Vittorio Emanuele I nel 1815, quando la
Repubblica di Genova venne unita al Piemonte.
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