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Samuel Morse non aveva l’oscillofono,
ovvero, quello strumento che emette stridule note. Forse provo’ con i
segnali di fuoco o con l’accendersi e lo spegnersi di una lampadina a
gas oppure a olio, non provo' con il pianoforte a causa dei problemi
d'inserimento meccanicho delle calamite per perfezionare e riprodurre il
suo dell'alfabeto. Non ebbe la possibilita’ del suono se non strizzare
le palle ad un toro, ovvero un bisonte ben legato e chissà se il
muggito della povera bestia era simile ad una nota a 750 Hz, ma certo
doveva avere una squadra di tori per esercitarsi, sempreche' i fattori
glieli mettessero a disposizione, visto che da gallo sarebbero
diventati dei soli “spadoni”.
Da Herz in poi la situazione cambio'
quando qualcuno si accorse che i potenziali elettrici erano aumentati ed
a vibrare non erano solo le mani ma l'intero corpo dal momento che,
qualche suo assistente, ci mise due pezzi di legno e due sbarre di rame
tenute da una molla e un paio di viti................Fu il primo tasto!!
Nel giro di pochi mesi esplose il
telegrafo, i tasti telegrafici verticali iniziarono a diventare sia in
quantità che qualità innumerevoli. Al posto delle pistole si sparavano
messaggi telegrafici, era l’inizio della globalizzazione di Cromwell
(il famigerato capo del governo inglese del ‘600). Poi qualcuno a forza
di esercitarsi ad alta velocita’ trovo’ che il polso si bloccava e il
gomito si spellava. Nacque la sindrome del telegrafista. Purtroppo il
calvinismo negli Stati Uniti aveva gia' preso il sopravvento, velocità e
lavoro non andavano d’accordo, in ogni caso qualcuno cercò di dare un
suono al ticchettio.
Ci penso' un giovane nullafacente
che, considerati i soldi che avevano papa’ e mamma’, si diverti a
prendere in giro tutto il mondo. Costui voleva comunicare tutti i giorni
con mamma’ che stava in Inghilterra, visto che i messaggi postali
erano più soggetti a bloccarsi in mezzo a qualche bosco grazie ai
banditi, che a raggiungere le mete. Mise insieme tutti gli articoli fin’
allora pubblicati dall’accademia delle scienze (specie di congregazione
denominata inquisizione contro le invenzioni). Iniziò a scrivere a
Maxwell, Herz e a tanti altri. Cosi mise insieme il rocchetto di
Rockoff, il diodo rivelatore o rilevatore, le antenne Herziane..........
insomma alla fine ci mise anche il grammofono di casa senza capirci
nulla.
Prese le pile voltaniane, dette a
casaccio il più ed il meno sul circuito costruito con il filo di ferro
che usava il fattore per legar i sostegni delle vigne e non ci fu
un’esplosione, ma un suono cosi sgradevole che usciva dal cono del
grammofono che non ruppe i cristalli di casa per puro caso. Non
capi' che era l’universo a parlare. Subito l’entusiasmo lo prese e
penso' che ne doveva costruire un altro uguale da portare a sua madre,
cosi avrebbe potuto parlargli utilizzando una linea telegrafica privata
senza fili e senza dover pagar carrozze e telegrammi.
Ne costruì un altro uguale identico
e si accorse che staccando ed attaccando i fili della batteria si
sentiva un mugolio forte dentro il primo. Siccome ogni volta che dava o
toglieva le pile voltaniane si beccava un bello scossone, andò di corsa
a Bologna nell’unico ufficio telegrafico esistente in centinaia di
chilometri quadrati e si mise a copiare anche il tasto postale. Prese il
fattore e gli diede il disegno. Il povero fattore si gratto’ la testa e
con il bozzetto in mano e due sbarrette di rame pensava a come
doveva tirar fuori quel coso lì.
Ora, lui era il fattore, portava
avanti l’azienda e la contabilità della merce che usciva ed
entrava, insomma, avrebbe fatto anche quel coso li? Andò dal fabbro e lo
prese per il collo per via di quei soldi che gli doveva restituire. Il
poveraccio, senza respiro, fece del proprio meglio per non essere
soffocato del tutto ed alla fine il disegno si trasformo' in realtà. Lo
porto' al giovane Guglielmo che lo inserì subito al posto del filo di
contatto delle pile voltaniane....... Ah! ora si che andava bene,
finalmente non prendeva più quella cosa che lo faceva tremare e che gli
dava la nausea. Prese il fattore e gli disse: vai dietro la casa, se
senti un forte fruscio fai un urlo. Ora il fattore, date le dimensioni
della casa, penso' tra se e se, ma come farà a sentire il mio
grido dall’altra parte della fattoria?
Prese il solito toro, tecnica che già
aveva utilizzato il Samuele per le proprie prime esercitazioni, lo lego'
bene ai pali, prese una pala e mise quel coso che si sarebbe poi
chiamato radio per terra. Stava li e diceva: ma perché non mette un bel
disco di musica? cosi almeno, girando la manovella, mi sarei sentito
qualcosa di gradevole.
Ad un certo punto senti' del fruscio
molto forte simile ad uno squillo di tromba e visto che erano molti gli
squilli, prese la pala e con violenza immane castro' il povero toro in
onore dell’invenzione. Il ruggito emesso dal poveretto spallato fu
talmente forte che, il giovane benestante lo senti nettamente e disse:
“accidenti gli ho detto di fare un grido e non un urlo che l’avranno
sentito da Bologna”. Il povero toro cadde per terra ormai buono
solo per carne alla brace ed il Guglielmo continuo’ a strombazzare per
giorni con quel coso e quel tasto telegrafico.
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Bene o
male il fattore, per via della moglie incinta, si astenne per
giorni dall’andare in casa del rampollo........ Ora il
Guglielmino doveva studiare il modo da poter portare il suono
della tromba il più lontano possibile. Aumento' i Volt con una
nuova mastodontica pila voltaniana e la tromba inizio' a
riecheggiare per tutta la Padania. Poveri cavalli, su e giu’ per
quelle strade infangate, sotto il gelo e la pioggia con quel
cono ex grammofono ed il fattore che ormai non faceva più il
lavoro di fattore ma era diventato |
l’assistente tecnico del rampollo
tanto che, aveva dovuto studiarsi tutti i trattati,lui che sapeva
fare quattro conti con la matita ma che a leggere e a scrivere ci stava
un po' male. Insomma, alla fine sua madre venne giù dall’Inghilterra per
vedere l’accrocco del figlio e siccome aveva il senso degli
affari, soprattutto altrui, prese il figliolo, il coso, il fattore, la
pala e li porto' in Inghilterra. Vennero tenute dimostrazioni pubbliche
e private. Alla fine gli inglesi con molto fair-play chiesero alla
Regina di dargli il titolo di baronetto e fargli dare il titolo di primo
utilizzatore del coso che venne chiamato radio visto che Herz aveva
detto che le sue onde si irradiavano. Fu fondata una ditta apposita
dalla famiglia Marconi affinchè fossero sostituiti pala e tori in
quanto la produzione di vitelli era drasticamente calata dalla venuta
del giovanotto in Inghilterra e stava mettendo in crisi la nazione
stessa.
Insomma, nel capannone, sotto la
direzione del fattore, che nel frattempo aveva dovuto anche studiarsi
l’inglese, sostituì il segnale disumano del toro con l’utilizzo di un
altro apparato simile a quello del rampollo. Avevano realizzato la prima
consolle ricetrasmittente. Da li a poco la società Marconi acquistò un
grosso generatore elettrico al posto delle costosissime pile di Volt.
Intanto il giovane Guglielmino incamero' i soldi e lasciato tutto in
mano al fattore, cioè al suo assistente, se ne ritornò nella calda
padania a vivere solazzato, andando qua e là solo per vendere meglio le
sue radio assemblate dai vari sistemi degli inventori.
Nel giro di pochissimi anni, i
telegrafisti iniziarono a ridursi e i dottori ortopedici entrarono in
crisi non potendo piu’ curare il mal del telegrafo causato dalle alte
velocita’. Anche i cannonieri sulle navi, come le vedette, iniziarono ad
andare in pensione, bastava uno solo, perche’ il segnale del
trombettiere, chiamato ora radiospark, signal o segnalatore a scintilla,
iniziarono a prender in mano le sorti della battaglie navali. Povero
ammiraglio, anche lui come il fattore dovete studiare i trattati.
Intanto il fattore diventato super
assistente tecnico (da termine il migliore), teneva congressi,
rappresentazioni, contatti con i governi che volevano comprare la nuova
telegrafia. Alla fine ando' a sbattere con una tal signorina americana,
lui che era gia’ oltre la cinquantina, rivide finalmente il succo della
questione, abbandono' il rampollo per mettersi con la signorina e
costruire una ditta tutta sua che chiamo “ ITT” ovvero Italian Toro
Telegraph in onore di tutti i poveri tori che era stato costretto a
castrare in nome delle vendite e divenne concorrente della Marconi
Corporation.
Riprese in mano il disegno del tasto
verticale e lo chiamo' straight, perche’ quel giorno che vide lo
schizzetto a matita disse: ma che cosa e’ questo strano coso? ed inizio
a venderli come noccioline americane.........tutti lo volevano. Esso si
sviluppo' cosi’ massicciamente in tute le forme e salse che rimase cosi’
fino ai giorni nostri non potendo esser piu’ migliorato. Cosi’ il
fattore, anche se non divenne Ministro del governo italiano, divenne
governatore di uno stato americano.
Nel frattempo i telegrafisti si
chiamarono radiotelegrafisti e ci fu chi rimase fedele al tasto
tradizionale e chi passo' ad altri aggeggi piu veloci. Oggi dopo
cent’anni il coso strano costruito dal fattore di Bologna e’ divenuto
pezzo d’antiquariato. Chi lo usa va piano e viene sempre preso in giro
ed attaccato da quelli che usano altri attrezzi piu' sofisticati. Chi lo
usa, cerca di essere di una precisione da star al passo di una
macchinetta Palermo, ma non si rende conto che non serve a niente. |
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