I CAPITANI CORAGGIOSI

I  MALOCELLO

PER MARE NEL NOME DI GENOVA

 

Nel XIII e nel XIV secolo la nobile famiglia dei Malocello diede alla Repubblica marinara di Genova numerosi e arditi navigatori. I due più famosi « capitani coraggiosi » dell'illustre casato furono Jacopo e Lancellotto, entrambi esperti marinai e intrepidi condottieri. Jacopo Malocello fu anche un saggio uomo político. Nel 1236 egli venne infatti eletto « nobile », cioè consigliere del potestà. L'anno prima aveva partecipato vittoriosamente a un'arrischiata azione contro i musulmani di Ceuta, che condizionavano il transito di ogni nave per lo stretto di Gibilterra. La conquista di Ceuta fu importantissima perché coronava una serie di altrettanto clamorose imprese effettuate negli anni precedenti allo scopo di riconquistare il perduto predomino nel Mediterraneo. La potenza della Repubblica marinara di Genova era improvvisamente declinata nel 1198 quando salì sul trono normanno dell'Italia meridionale Federico II. Il nuovo monarca si premuro' infatti di cancellare immediatamente ogni privilegio genovese.

Poco dopo un altro fatto contribuì a ridurre ulteriormente le ambizioni genovesi. Accadde nel 1204 quando i crociati, unitisi ai veneziani condotti dal doge Enrico Dandolo, conquistarono Costantinopoli durante la quarta crociata e fondarono l'impero latino. Genova si vide così bloccate tutte le sue più importanti vie commerciali, sia in Italia meridionale ad opera dei normanno-svevi di Sicilia e Puglia, sia in Oriente ad opera della sempre più forte e minacciosa Repubblica di Venezia. La riscossa dei commercianti liguri non tardò. A Genova, com'e' noto, le navi non appartenevano allo stato (come a Venezia) ma ai privati, che compartecipavano alle spese di costruzione; le conducevano capitani al servizio dei mercanti, o corsari, i quali tutti, in caso di imprese di particolare importanza, si offrivano al comando dei Consoli del Mare.

A un certo punto convenne a questi gruppi armatoriali fondersi in una grande consorteria armata, detta « Compagna », che divenne poi responsabile anche di iniziative politiche, oltre che di quelle commerciali. Nel giro di pochi anni Genova riuscì, grazie all'audacia dei suoi capitani e dei suoi corsari a ritornare in possesso di numerosi punti chiave del Mediterraneo. In particolare di Malta, di Corfù, di Creta ed infine - per merìto di jacopo Malocello, che guidò la spedizione -  di Ceuta.  Fu tale la ripercussione di quest'ultimo audacissimo colpo di mano che il sovrano Hafside di Tunisi concesse ai mercanti genovesi stabilimenti e fondachi nelle città costiere dell'Africa settentrionale fino a Tripoli. Le vicende delle fazioni guelfe e ghibelline nell'Italia di quell'epoca travavano Genova in campo guelfo, proprio quando Pisa collaborava con l'imperatore Federico II. La situazione divenne ad un tratto delicatissima, e sfociò in uno scontro armato che ebbe ancora per protagonista l'intrepido Jacopo Malocello.

Nel 1241 Jacopo venne nominato capitano della squadra che, su preghiera del pontefice Gregorio IX e del suo legato di Romagna cardinale Gregorio, Genova guelfa aveva armato per il trasporto da Nizza ad Ostia dei prelati convocati dal pontefice a Roma per il Concilio, indetto per la Pasqua di quell'anno con propositi ostilissimi a Federico II. L'impresa non era facile perché l'armata imperiale, composta da siciliani e pisani, agli ordini del profugo genovese Ansaldo De Mari, incrociava nelle acque del Tirreno, disposta a impedire lo sbarco dei religiosi in terra della Chiesa. Sventate le mene dei ghibellini per impedire l'armamento della squadra, Jacopo dopo aver imbarcato su trenta galee i prelati, partì il 6 Aprile da Genova e si diresse verso sud. Ma fatto scalo a Porto Venere, apprese che circa settanta galee nemiche si erano radunate per tagliargli la via. Subito qualcuno tentò di indurlo alla prudenza. Lo consigliarono di fermarsi e di aspettare i rinforzi che a Genova si stavano apprestando; altri tentarono di convincerlo a dirigersi verso la Corsica e di girare al largo fuori di quell'isola per trarre in inganno la flotta di Ansaldo De Mari.

Deciso e coraggioso, Jacopo non si lasciò influenzare dai timidi amici e ordinò di proseguire per la via più breve, sperando di sfuggire al nemico. Viceversa il 3 Maggio, all'altezza dell'isola del Giglio, fu attaccato in forza dai siculi pisani, comandati da Ugolino Buzzacarino e da Andreolo De Mari, fratello di Ansaldo. Alle navi genovesi non restò altro scampo che tentare la fuga. Molte di esse furono raggiunte, catturate o affondate. Vennero fatti prigionieri parecchi marinai nonché la maggior parte dei prelati, con il legato papale Gregorio. Solo cinque galee, tra cui l'ammiraglia con a bordo Jacopo poterono salvarsi. La grave sconfitta non scoraggiò l'audace capitano genovese né i suoi concittadini, che ben presto tornarono a spadroneggiare nel Tirreno e nell'intero Mediterraneo. Nel frattempo la situazione politica generale s'era mutata a loro favore, grazie anche alla morte di Federico Il e al fatto che il nuovo papa, Innocenzo IV, era un genovese. Jacopo, ormai avanti negli anni, tornò ad occuparsi di politica con impegno sempre maggiore. Nel 1244 fu rieletto « nobile », quand'era podestà Filippo Visdomini di Piacenza, ricoprendo questa ambita carica fino ta, sulla collina di fronte al vecchio nucleo urbano alla fine dei suoi giorni.

Il secondo e non meno illustre navigatore della stirpe dei Malocello fu Lancellotto, che diede il suo nome a un'isola (Lanzerote) dell'arcipelago delle Canarie.  Lancellotto visse a cavallo fra il XIII e il XIV secolo, in un'epoca in cui le fortune della sua Repubblica erano all'apogeo, padrona quasi assoluta del Mediterraneo all'indomani della conquista di Costantinopoli avvenuta nel 1261. In quell'anno i genovesi, dando man forte all'imperatore d'Oriente Michele VIII Paleologo, riuscirono infatti a cacciare i franco‑crociati da Costantinopoli, che per sessant'anni era stata una creatura di Venezia. Quale prezzo del loro aiuto, i genovesi ricevettero dai Bizantini l' 85 per cento delle entrate doganali del Bosforo e il nuovo quartiere di Galata, sulla collina di fronte al vecchio nucleo urbano oltre il Corno d'Oro. Inoltre risalgono a quegli anni le vittoriose battaglie della Meloria e dell'isola di Curzola, dell' 8 Settembre 1298.

E' proprio allora che Lancellotto, seguendo l'esempio dei fratelli Ugolino e Vadino Vivaldi, suoi concittadini, partì per un lungo viaggio alla scoperta di nuove terre, oltre lo stretto di Gibilterra. Approdò alle Canarie e ne occupò un'isola, alla quale impose il suo nome. L'episodio è confermato da molte circostanze. La famiglia normanna dei Maloixels, che nel secolo XVII rivendicò la propria discendenza da Lancellotto, sostenne che egli aveva occupato l'isola nel 1312, erigendovi un castello che tenne per vent'anni, fino alla morte. L'impresa del coraggioso navigatore della famiglia Malocello è avvalorata anche da un altro importante documento geografico: la gran Carta catalana di Angelino Dulcert, del 1339. Su questa Carta compare per la prima volta un « Insula de Lanzeroto Marocellus » ornata con lo stemma genovese della croce rossa in campo d'argento.

 

Da NAVI e MARINAI