Era siciliano ‑ anzi,
palermitano ‑ eppure venne esaltato e acclamato nella Spagna
della fine del Settecento e dell'inizio dell'Ottocento forse più
di un autentico spagnolo. E dopo la di lui morte, il paese iberico
volle erigere alla sua memoria un mausoleo nel Pantheon delle
glorie marinare spagnole a San Ferdinando di Cadice.
Federico Carlo
Gravina ha una storia tutta particolare. Nato da una nobile
famiglia siciliana (aveva il titolo di duca) il 12 Settembre 1756,
aveva manifestato fin da giovanissimo un grande interesse per il
mare e per le arti militari applicate alla marina. Il suo sogno
era infatti quello di diventare un grande ammiraglio, guidare
flotte grandiose in battaglie memorabili. Fu così che non accolse
con troppo entusiasmo l'idea di doversi trasferire a Roma per
completare la propria educazione, come si addiceva ai rampolli
delle più nobili famiglie italiane dell'epoca. Ma era ancora
troppo giovane per imporre la propria volontà, per evitare quel
distacco dal mare su cui era nato. Riuscì ad avere pazienza, nei
giorni romani lo aiutò molto la fantasia, trascorse ore e ore a
fare progetti, programmi per il futuro sognato. E dovette riuscire
convincente con i suoi genitori se, poco dopo aver completato gli
studi, lo ritroviamo in Spagna, ammesso a far parte della marina
di quel Paese.
Non si sa come fosse
riuscito in questo primo passo, determinante per il suo futuro.
Le biografie non ne parlano. E non aggiungono altro fino all'anno
del suo « battesimo del fuoco ». Era il 1782, Federico Carlo
Gravina aveva soltanto ventisei anni. I tanti sogni di ragazzo
dovevano aver trovato un riscontro nella realtà se a un ufficiale
così giovane le autorità spagnole avevano già affidato il comando
di una cannoniera, la « San Cristobal ». Era la prima vera nave
della sua vita e Federico Carlo Gravina la guidò con perizia
durante l'assedio di Gibilterra. Ormai, quella che sarebbe
diventata una grande carriera marinara sotto la bandiera spagnola
era cominciata. E fu tutto un crescendo. L'anno dopo, nel 1783, Federico Carlo Gravina comandava la fregata «
Juno » e con la sua
nave prendeva parte alle operazioni su Algeri.
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Busto dell'ammiraglio Federico Carlo duca di Gravina, palermitano, al
Museo Naval di Madrid. Gravina combatté a fianco dei francesi a
Trafalgar a bordo del « Principe delle Asturie ». |
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Assunto il comando
della fregata « Rosa », compì nel 1784 un viaggio in Oriente e a
trentacinque anni, nel 1791, lo troviamo in veste di
sopraintendente allo sgombero di Orano che la Spagna aveva
ceduto al Bey di Algeri.
Ma la fortuna, che
aveva sempre accompagnato il suo entusiasmo e aveva contribuito a
dargli già grandi soddisfazioni, sembra voltare le spalle a
Federico Carlo Gravina. Accade nel 1793. Quell'anno, durante
l'impresa di Tolone, egli viene ferito in maniera grave. Una
carriera già brillante sta per essere stroncata? Per qualche
momento Gravina lo teme veramente. Ma è soltanto un attimo:
infatti la sua forte tempra e, si potrebbe aggiungere, anche la
volontà di non cedere, di arrivare, che da sempre lo spinge, gli
permette di superare quella prova difficile. Si riprende,
guarisce. Si ristabilisce così bene che ancora nel 1793 è
nuovamente in mare. E quell'anno combatte sulle coste catalane
contro la Francia e si segnala per il suo coraggio a San
Ferdinando di Figueiras. Fu così che Federico Carlo Gravina venne
promosso comandante di una divisione navale. Un grado molto
ambito, ottenuto con il coraggio. Anzi, che sembrò accrescere il
suo coraggio. Infatti, appena la Spagna strinse un patto di
alleanza con la Francia repubblicana, Gravina mise in atto un
piano strategico molto ardito. Con alcune lance cannoniere cercò
di rompere il blocco che l'ammiraglio inglese Jervis St. Vincent
aveva posto a Cadice.
E una nuova promozione non si fece
attendere: nel 1800, Federico Carlo Gravina era vice‑ammiraglio e
gli venne affidato il comando delle forze spagnole a Brest. Gli
orizzonti delle imprese del nobiluomo palermitano diventato uno
dei migliori condottieri navali spagnoli diventarono sempre più
vasti. Con cinque navi, Gravina partecipò alla spedizione di San
Domingo e nel 1802 collaborò attivamente alla riconquista di Port
Delphin.
Da quando, finiti i
suoi studi a Roma, era riuscito ad andare in Spagna ed entrare a
far parte della marina di quel Paese, Federico Carlo Gravina non
era più tornato in Italia. Rientrato dalla spedizione di San
Domingo, una nostalgia che certamente lo doveva aver sempre
accompagnato, divenne più forte e allora decise di trascorrere
un periodo di riposo e di vacanza nel proprio Paese. Una vacanza
necessaria per ricaricarsi in vista di altri e più importanti
incarichi che ormai lo attendevano. Ritornato in Spagna, venne
infatti nominato ambasciatore a Parigi e in questo nuovo
incarico riuscì a stipulare un documento estremamente delicato:
il patto navale franco‑spagnolo. Era il 4 Gennaio 1805. Ma i
successi diplomatici non interessavano molto Federico Carlo
Gravina. Sentiva che la sua vita non doveva essere dietro una
scrivania, nei lussuosi saloni di un'ambasciata. La sua vita era
il mare, voleva tornare in mare alla guida delle sue navi. E vi
tornò. Il destino aveva già scritto tutto su di lui.
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La battaglia di
Trafalgar, in una illustrazione spagnola. Lo scontro vide
diciotto unità francesi sotto Villeneuve e quindici spagnole sotto
Gravina sconfitte dalle ventisette navi di Nelson. |
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Aveva scritto che
avrebbe guidato, come comandante in capo, le quindici navi da guerra
spagnole che insieme con le diciotto degli alleati francesi
avrebbero combattuto a Trafalgar contro i ventisette vascelli della
flotta inglese guidata da Horatio Nelson. Una battaglia terribile.
Impari, per i franco‑spagnoli, perché nonostante che le loro navi
fossero in numero superiore rispetto a quelle inglesi potevano ben
poco rispetto ai vascelli a tre ponti di Nelson. Gli inglesi
ebbero la meglio, ma il loro ammiraglio venne ferito a morte e
morì.
Anche Federico Carlo
Gravina, che a bordo del suo « Principe de Asturias » aveva
combattuto con il coraggio di un leone, rimase ferito. Lo raccolse
in gravi condizioni una fregata francese che lo condusse a Cadice.
Questa volta la ferita riportata da Gravina era mortale. Ancora
pochi giorni di vita e il 9 Marzo 1806 il grande comandante spagnolo
venuto da Palermo chiuse gli occhi su un'esistenza tutta dedicata a
un unico ideale:
il mare.
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