I PROTAGONISTI: ANDREW BROWNE CUNNINGHAM

 

DOPO NELSON FU LUI IL MARINAIO PIU’ GRANDE

 

 
Lo chiamavano A.B.C., dalle iniziali del suo nome, Andrew Browne Cunningham, e lo consideravano disumano. Anzi, circolava la storiella che gettasse a mare i propri subordinati, se non gli andavano a genio. Non era vero, naturalmente, ma l'episodio fa parte di una operetta, « musical » come dicono gli inglesi, sulla flotta degli anni Venti. La scenetta apriva lo spettacolo: due ufficiali di marina inglesi passeggiano calmi, si sente un tonfo come d'un corpo in acqua, gli ufficiali non se ne curano, con classica flemma britannica. Poi un secondo tonfo. Allora il più giovane chiede: « Che cosa sta succedendo? » « Oh, niente », risponde l'altro, « è Cunningham, ha buttato di nuovo a mare il comandante in seconda e quello in terza. »

Lo ha raccontato Livio Caputo in una corrispondenza da Londra su un grande settimanale italiano, in un servizio che ricordava la morte dell'ammiraglio, nel 1963, a 80 anni di età. Morte malinconica, per un ammiraglio, sopravvissuto a due guerre mondiali: di sincope, in tassì, mentre si recava alla stazione di Waterloo. A.B.C. era irlandese, figlio di un medico, ordinario di anatomia al Trinity College. Era nato a Dublino nel 1883. A 14 anni suo padre gli telegrafò: « Vorresti entrare in Marina?» « Sì, ho sempre desiderato diventare ammiraglio », rispose telegraficamente il ragazzo. E andò a imbarcarsi come mozzo sulla nave scuola « Britannia ». Diciotto anni dopo A.B.C. era a bordo di un caccia, lo « Scorpion », davanti a Gallipoli, in occasione dell'attacco ai Dardanelli, concluso con un grosso insuccesso. Si era già fatto la fama di coraggioso, perché si portava sempre al massimo sottocosta per bombardare le posizioni avversarie in appoggio alle forze sbarcate. Ottenne così il D.S.O. una decorazione al valore che può equivalere alla nostra medaglia d'argento.

Una seconda decorazione identica l'ebbe nel 1919 e una terza nel 1920, per le operazioni nel mare del Nord e nel Baltico con i caccia contro le coste occupate dai tedeschi e contro la flotta sovietica. Anche in quelle occasioni sceglieva sempre l'unità che avesse minor pescaggio, per poter « serrare sotto » maggiormente. Fu in quegli anni che si fece la fama di duro, perché riteneva che non vi fossero limiti alle capacità umane e pretendeva sempre più di quanto non fosse ritenuto possibile. I marinai, pur con l'immancabile « mugugno », sarebbero andati all'inferno con lui e per lui e lo dimostrarono in parecchie occasioni. Come contrammiraglio, fu comandante delle flottiglie di cacciatorpediniere della flotta del Mediterraneo, e nel 1937 - 1938, come ammiraglio di divisione, comandante in seconda della squadra incrociatori da battaglia nel Mediterraneo. Poi fù Lord Commissario dell'Ammiragliato e comandante in capo nel Mediterraneo, con sede a Alessandria.

 

L'Ammiraglio inglese Andrew Browne Cunningham, comandante della Mediterranean Fleet, morto nel 1963 a Londra, all'età di ottant'anni.

Non ci poteva capitare un avversario peggiore, perché conosceva benissimo il teatro operativo, conosceva Malta e conosceva noi; era, fra l'altro, amico dell'ammiraglio Riccardi, che aveva conosciuto nel 1938 e del quale sapeva che teneva sul comodino la « Vita di Nelson ». Da parte nostra, avremmo dovuto capire che vi sarebbero stati combattimenti cavallereschi, ma all'ultimo sangue: gli inglesi non sono mai disposti a perdere. Cunningham si espose più volte, segnalando per radio la posizione dei nostri naufraghi perché venissero raccolti: procedura pericolosa, perché equivaleva a scoprirsi, a « gridare all'aria la propria posizione », ma in combattimento non diede mai quartiere.

Così si spiegano le sue uscite improvvise, la flotta inglese che bombarda Tobruk il 12 Giugno 1940, l'azione di Capo Matapan, l'impresa contro Taranto degli aerosiluranti, l'insistenza nel voler rifornire Malta e la spietata offensiva contro tutto ciò che si muoveva nel Mediterraneo, durante il suo secondo periodo di comando, quando si trattava di preparare lo sbarco in Sicilia. E’ lo stesso Cunningham che tiene le dita incrociate in segno di scongiuro se si sente sulla testa l'aviazione italiana che gli faceva più paura di quella tedesca, ed è lui che decora personalmente Durand de la Penne per l'azione dei « barchini » contro Alessandria.

A proposito di Alessandria, Cunningharn si è detto più volte sorpreso del fatto che noi italiani non avessimo pensato, poco prima della dichiarazione di guerra, a inviare nel Canale di Suez e davanti all'imbocco del porto di Alessandria navi cariche di cemento e di esplosivi: mercantili che tanto avremmo perduto egualmente, nel corso del conflitto. Facendoli affondare il giorno della dichiarazione di guerra, in quelle importanti vie d'acqua, avremmo considerevolmente danneggiato la situazione britannica nel settore. E una flotta come la nostra, che poteva contare su corazzate eccellenti, bene armate e assai più veloci delle sue, quelle della classe « Vittorio Veneto », avrebbe potuto prendere l'offensiva nei primi giorni di conflitto e mettere alle corde la potenza navale inglese nel Mediterraneo. « Almeno per qualche ripresa », disse Cunningham. Invece la nostra marina si tenne troppo prudentemente alla larga dalle vecchie corazzate della sua squadra, che sarebbero state messe in crisi con la superiorità dell'armamento e della velocità nostri. Noi non possiamo dire come sarebbe finita, oggi, perché Cunningham era uomo da andare a testa bassa contro tutto e contro tutti.

Lo dimostrò a Punta Stilo, a Capo Matapan, a Creta e verso Malta... Perché il suo motto era semplice: se devi fare qualcosa, o se hai deciso di farla, non fermarti di fronte ad alcun rischio. Forse per questo i suoi marinai lo idolatravano, e i suoi colleghi lo definivano « quel pazzo di A.B.C. » Del resto, Clemenceau aveva detto, tanti anni prima, « de l'audace, toujours de l'audace »; e Nelson, aveva dimostrato con i fatti come si doveva fare. Gli inglesi hanno paragonato A.B.C. a Nelson. In fin dei conti, sostengono, Nelson distrusse la flotta di Napoleone a Trafalgar, con forze inferiori. Lo stesso, dicono, fece Cunningham, a Matapan e mettono nel conto anche la notte di Taranto, avvenuta qualche mese prima.

A proposito di notte: era dalla battaglia di Cabo San Vicente, nel 1780, quando Rodney sconfisse la flotta spagnola, che non si combatteva di notte in mare. La difficoltà consisteva nel riconoscere le proprie navi da quelle nemiche. Gli inglesi, dopo il mancato sfruttamento del successo allo Jutland nella notte seguente alla battaglia, avevano continuato l'addestramento al tiro notturno; noi italiani non lo facemmo, anzi, nel 1940 le norme operative dello Stato Maggiore della marina prescrivevano che di notte le unità maggiori dovevano disimpegnarsi, mentre le siluranti dovevano attaccare il nemico per proteggere la loro ritirata. Nella notte di Matapan, Cunningharn diede una solenne «arronzata » al comandante di una silurante che era andato a finire sotto il tiro della corazzata «Warspite », perché non aveva acceso i « fanali di mischia » usati per riconoscersi.

Del resto, gli inglesi, in combattimento, seguivano il precetto dell'arcivescovo Turpin ai paladini di Carlomagno: « Nel dubbio, uccidete, Iddio saprà riconoscere i suoi » Infatti, a Matapan, sia lo «Havock » sia il « Griffin » si trovarono in mezzo alla linea di fuoco delle corazzate, e la « Warspite » non esitò un attimo a tirare loro addosso con l'armamento da 152. Gli inglesi, quanto a rapidità di tiro, non scherzavano: l'ideale, come standard, era ridurre a meno di venti secondi l'intervallo fra una salva e l'altra, in modo da avere sempre « tre salve in aria in un minuto »...

Lasciato il comando del Mediterraneo nel marzo 1942, dopo un periodo in missione a Washington comandò e diresse il famoso sbarco delle truppe angloamericane nel Novembre 1942 in Africa nord-occidentale. Successivamente si dovette a lui anche lo sbarco in Sicilia, che provocò il nostro crollo. Il momento più bello, per A.B.C., fu probabilmente l' 11 settembre1943, quando telegrafò ai Lord dell'Ammiragliato dalla sua Malta: « Informo le Loro Signorie che la flotta da battaglia italiana si trova qui, all'ancora, sotto i cannoni della fortezza di Malta ». Il peggiore venne nel 1958, quando il governo britannico annunciò ulteriori economie nel bilancio della Marina. Cunningham insorse, e in un memorabile discorso alla camera dei Lord denunciò i pericoli di quella politica. Non fu ascoltato. Si ritirò nella sua casa presso Salisbury a coltivare fiori e ad allevare cani.

 

Da NAVI e MARINAI