|
Molti lettori spesso si aspettano storie di radio, altri del valore
della navigazione o dei ricordi di mare. Io stesso se devo raccontare un
viaggio o un imbarco di mesi in meno di una pagina, condenso solo i
punti più importanti. In mare ogni giorno e’ diverso. Non e’ il solito
tran-tran della vita quotidiana di terra: ci si alza, caffè al bar,
giornale sportivo o quotidiano e poi in ufficio o al lavoro nelle
officine. In mare i fatti sono leggermente diversi. Uno si sveglia in
base al turno di guardia assegnato, pertanto per svegliarsi non ha
bisogno di una tazzina di caffè ma di una tazza di caffè bollente che,
non ha il sapore del bar, e’ caffè mandato dal fornitore, gestore, della
cambusa di bordo acquistato al minor prezzo. Ci si sveglia più per
l’acidità che provoca che per altro.
Ci si accorge che la sera prima si era andati a riposare con la nave
che non si muoveva ed invece in quel momento si concepisce subito che si
saltella dentro la cabina. Salendo le scale interne che portano al posto
di lavoro si sente un peso alla testa: e’ il beccheggio, poi mentre ci
si regge al corrimano si viene spostati e talvolta “sbattuti” contro le
paratie, questo e’ l’effetto del rollio. Arrivati già acidi dal caffè
riscaldato, in meno di trenta secondi c’è il passaggio di guardia,
perché, la guardia smontante non vede l’ora di essere in branda, mentre
l’ufficiale di coperta già riceve l’ennesima telefonata notturna sul
ponte da parte del comandante, sul perché non si riesce a fare una rotta
per uscire dal maltempo e magari continuare a riposare. Ecco che sul
marconista vengono accentrati tutti i malumori, perché la sera prima
invece di ricevere l’ultimo bollettino meteo di NSS o di CFA che
trasmettono tutte le aree del mondo sia in telegrafia che in
radio-telefax, era andato a giocare a carte in saletta.
Cosi il radioman si sincronizza nell’unica soluzione veloce
possibile ed inizia a chiamare in 500 KHz con cq cq wx, nella speranza
che qualche RT in ascolto gli passi il WX o che qualcun altro gli dica
che il mare in quella posizione si sta calmando. Dati che rendono
l’Ufficiale di guardia contento perché cosi’ sa quale rotta tracciare
per uscire velocemente dalla tempesta. In sala macchina, il gruppo di
macchinisti controlla che l’automatismo che regola la velocità del
motore ogni volta che la nave beccheggia per il mare di prua e l’elica
spumeggia sopra le onde, funzioni sempre bene, pronti ad intervenire dal
bancalino e al contempo maledicendo sui “coppertoni” che sanno condurre
la nave solo dentro una tempesta pur di arrivare all’ora e al giorno
stabilito. Loro che laggiù non vedono mai il sole e respirano solo
l’aria che i motori infuocati dalle ore di moto esalano, rendendo tutto
caldo e con i gas dell’olio volteggianti nell’aria.
Quasi sempre con la sigaretta accesa perché cosi’ contrastano il
miscuglio di gas di quella che viene ancora chiamata aria respirabile.
Unico sollievo e’ l’ingrassatore di Molfetta che ogni volta che imbarca,
si porta una super scorta di miscele di caffè, che poi con maestria
mette insieme alle grane di caffè di bordo che personalmente ad ogni
guardia in un macinino costruito appositamente dall’operaio meccanico,
macina le grane. Il caffè in sala macchina ha sempre un sapore
differente, piu’ aromatizzato. Alle otto del mattino, al cambio guardia,
mare mosso o mare calmo l’equipaggio si precipita nelle mense per la
colazione tenendosi con un braccio al tavolo e l’altro con tazza,
zucchero, cucchiaino, mescolando il caffè latte, avventandosi sugli
unici pezzi di focaccia genovese quella con la cipolla o la pizza, che
pur muovendo uno straziato rumore allo stomaco, si continua a
ingurgitare a volontà.
|
Poi dopo aver parlato di famiglie, di future avventure nelle
prossime uscite del successivo porto, discorsi ripetuti all’infinito
nella giornata, si parte per il lavoro giornaliero, incluso lo
straordinario. Poi c’è sempre quel bravo oliatore di macchina (funzione
sparita dalle navi verso il 1977), ma che ha un piccolo difetto, e’
sempre convinto, malgrado siano passati ormai decenni che e’ veramente
sbarcato dal Canada’ con il treno per rientrare in Italia. E noi tutti,
ufficiali e non a ridere, meglio di un film comico, per contrastare il
malumore che il maltempo ti porta addosso .
Navigare, con la scia che si sperde fino a sparire a poppa, sul
ponte con il radar di scoperta in banda S, sempre acceso, in macchina
sempre a girare intorno ai diesel-generatori, ad asciugare l’olio ed a
oliare meccanismi vari. L’elettricista di bordo tra lampadine bruciate,
relè con i contatti bruciati, ponti ed allarmi da risistemare. Il
marconista in stazione radio cerca di dare un senso alla vita di bordo
ricevendo l’Ansa di Roma o facendo ascoltare la voce della RAI diretta
ai connazionali di oltre mare. Poi, già di primo mattino, la lista
dell’equipaggio per telefonare a casa. In testa Comandante e Direttore
per le loro telefonate giornaliere all’armatore e poi l’equipaggio. Con
turni QRY alti, preso subito dopo che l’operatore diceva le fatidiche
parole: Qui è Roma Radio che passa all’ascolto di 4 – 8 – 12 –16 e 22
MHz e già sapendo che più di sei telefonate non sarebbero riuscite in
trenta minuti, tempo massimo concesso per nave, cosi’ si divideva la già
nutrita lista in una mattutina e una pomeridiana.
Propagazione o non, il collegamento era sempre possibile, si era
sempre ricevuti, peccato che era IAR che spesso non si sentiva bene come
forza segnale a meno che non si facesse il periplo dell’Africa dove i
16 e 22 MHz erano QSO facili. Negli anni 76 e 77, le petroliere che
facevano Europa - Golfo Persico e ritorno via Capo di Buona Speranza
erano tante e di tonnellaggio medio-grosse (VLS alle ULS). Fino
all’altezza del Kenya le comunicazioni durante il giorno si svolgevano
sulla banda marittima dove si ascolta meglio o viceversa, poi dopo erano
sole le bande alte di giorno, la 12Mhz nel tardo pomeriggio e poi tutta
la notte con la 8 MHz, non vi erano difficoltà di collegamento sia con
duecento che con ottocento Watt in uscita, spesso nel Canale del
Mozambico ho potuto fare collegamenti via tropo.
In mezzo al mare, a bordo,
non esisteva il televisore
per vedere i telegiornali o film. Sulle navi più moderne c’era la
sala cinema dove con un proiettore a bobine si vedeva il film al Giovedì
e alla Domenica, film, che se si era sul viaggio africano venivano
cambiati a Cape Town in Sudafrica mentre il barcone portava viveri
freschi e con la gru di bordo e la giapponese si portavano in coperta
casse varie. Poi il barcone si allontanava e già si sapeva che in una
busta diretta al Comandante c’erano quotidiani e riviste. Si aspettava
con uno strano stato di agitazione che iniziassero a girare nelle
salette per vedere e capire cosa stava succedendo sulla terra ferma,
apprendere cosi che dall’ultimo giornale sfogliato, mesi prima, si era
succeduto un governo e forse si andava alla solita elezione nazionale
annuale, tipica degli anni settanta, e cosi via.
|
Altre riviste non si vedevano, forse si erano fermate nelle cabine
di uno della banda dei quattro, ovvero comandante, direttore di
macchina, primo di coperta e primo di macchina. Il marconista lasciava
sempre sintonizzato per la guardia notturna la radio sulla sei (6) MHz
AM, dove la Rai teneva un trasmettitore sempre acceso e che di notte era
possibile ascoltare fin quasi dopo l’alba, da molte parti del mondo.
Erano si altri tempi, ma oggi è sempre più difficile ricordarsi, allora
bisogna consultare vecchi scritti e controllare, non e’ più ammesso
scrivere fatti superficiali, proprio di una vita, quella da marittimo
dei tempi degli anni sessanta/settanta dove fortunosamente anche la
media degli imbarchi si era ridotta da undici mesi a sette. Anche se i
viaggi continuavano ad essere intorno al mondo, spesso vi erano
difficoltà a comunicare con casa, spesso non si riceveva la posta nei
porti.
Una vita di mare, ormai relegata in un angolo cancellato della mia
memoria, buono solo per far contorno di ascoltatori al bar, come se si
raccontasse un’avventura dei pirati dei Caraibi. Ricordo che alla
domenica Radio Vaticano trasmetteva varie volte una breve funzione
religiosa e devo dire che non erano pochi che l’ascoltavano, come dire
che il marittimo sente che, per affrontare le difficoltà del mare non
era necessario solo contare sulle lamiere e la stabilita’ della nave o
sulle proprie forze. Per i piu’ superstiziosi invece contavano sempre
sull’aglio insieme al peperoncino e cornetto portafortuna messo accanto
al timone in sala comando e quando si prendeva un gale storm tropicale
non si poteva scaricare su qualche maldestro membro dell’equipaggio che
nell’ultimo porto si era dimenticato di elargire qualche spicciolo (spacchiotto)
della moneta locale alla ragazza conosciuta e con cui ci si aveva quasi
perso la testa prima di risalire lo scalandrone della nave per la
partenza…......
Oggi non rimpiango quella vita, è una vita da affrontare quando si
e' giovani. Oggi ho solo il ricordo del mare grosso, delle navi vecchie
che sotto quei tremendi colpi di mare resistevano, rilasciando un solo e
unico sordo rumore ogni qualvolta la prua si sollevava, per poi ricadere
giù nell’onda. Non ricordo le difficolta’ delle telecomunicazioni, ne
tantomeno malumori tra l’equipaggio. Ricordo l’Equador, l’Argentina,
Muroroa, Tahiti e la mia Africa Occidentale. Il resto è come diventato
al pari dei documentari su SKY Planet. |
|