I CAPITANI CORAGGIOSI

ANGELO  EMO

L'INVENTORE DEI MORTAI GALLEGGIANTI

Entrato giovanissimo nella flotta della Repubblica Veneta e distintosi per abilità e coraggio in numerosi combattimenti, Angelo  Emo divenne ammiraglio  nel 1757 a soli venticinque anni. Fu l'ultimo grande uomo di mare della Serenissima. Apparteneva ad un'antica famiglia patrizia veneziana, le cui origini risalivano al XII se colo. Molti suoi avi avevano partecipato attivamente alla vita pubblica, sia nella magistratura interna, sia nella rappresentanza estera. Se nessun membro dell'illustre casata beneficiò della dignità dogale, molti ottennero il grado di procuratore di San Marco, e non meno che con la mente servirono la patria col braccio.
 
Vanno così ricordate la strenua difesa sostenuta da Pietro Emo nel 1381, a Chioggia, contro gli assalti genovesi, in uno dei momenti più critici per l'esistenza della Repubblica. Nel secolo successivo la difesa di Gradisca da parte di Giovanni Emo contro l'invasione dei turchi nel confine orientale; poi la campagna di Giorgio Emo nel Trentino, al tempo della lega di Cambrai, infine il sacrificio di Giovanni Alvise Emo, nel 1684, nella guerra contro i turchi per la difesa di Candia. Ma soprattutto si distingue nella storia della Serenissima il nome di Angelo Emo che tenne alto, nella
seconda metà del XVIII secolo, l'onore e la fierezza delle virtù militari e marittime di Venezia, allorche' la grande Repubblica volgeva al tramonto, con le ultime magnifiche vittorie contro i pirati barbareschi dell' Africa. Nato a Venezia nel 1731, Angelo Emo s'imbarcò ancora ragazzo su una galea da guerra che scortava i convogli carichi di mercanzie provenienti dal Levante. Ebbe così occasione di impratichirsi della vita di mare e di fare una rapida brillantissima carriera. Arrivato rapidamente al grado di ammiraglio, guidò più volte la flotta veneziana in audaci spedizioni contro i pirati barbareschi che a quel tempo infestavano le acque del Mediterraneo partendo dalle coste del Marocco, dell' Algeria, della Tunisia e della Libia. Ebbe anche la nomina a direttore dell' Arsenale. Questa carica gli permise di dare nuovo impulso alla politica navale veneziana, istituendo il corpo degli architetti navali ed apportando radicali innovazioni nel materiale e nel naviglio, introducendo riforme in tutti i rami del servizio marittimo. Negli anni che lavorò all'Arsenale
progettò  e fece costruire una «macchina » da guerra partico- larmente geniale che nasceva  dalla sua esperienza passata e che si rivelerà utilissima nei prossimi anni. Si trattò delle cosiddette batterie galleggianti. ossia  di speciali pontoni
Angelo Emo sulla tolda della sua nave in una antica stampa
armati da mortai che, opportunamente rimorchiati dalle galee, potevano avvicinarsi alle coste e sparare da distanza ravvicinata.
 
Angelo Emo sperimentò con successo quelle sue batterie galleggianti nel corso della guerra contro il bey di Algeri, dichiarata da Venezia nel 1767.  Allargatosi successivamente il conflitto anche ad Alì, bey di Tunisi, a cui facevano capo i pirati barbareschi che infestavano le rotte della Serenissima. Emo fu nominato capitano straordinario delle navi, ossia comandante della flotta. Egli lasciò Venezia nel 1784 con cinque vascelli, altrettante fregate e varie unità minori e puntò sulla costa tunisina. Con le sue batterie galleggianti bombardò Susa per diciassette giorni consecutivi, sospendendo solo quando il mare avverso e l'inverno sopraggiunto gli resero difficili le operazioni. Ricominciò l'anno successivo, bombardando Tunisi, Sfax, Biserta e La Goletta, proseguendo il blocco della costa e impartendo una sconfitta durissima ad Alì bey e ai pirati barbareschi.
 
Altrettanto successo gli arrise dodici anni dopo, nel corso della spedizione contro Tripoli, per la quale fece ricorso ancora una volta al micidiale marchingegno militare da lui ideato. Morto Alì Bey nel 1782, gli successe sul trono di Tunisia il figlio Hummùdah, che non tardò a manifestare la sua ostilità nei confronti della Serenissima, incoraggiando l'attività dei suoi pirati ai danni delle navi veneziane. Il senato della Repubblica decise allora di agire senza indugi e incaricò ancora una volta Angelo Emo di condurre contro i barbareschi

Veduta della Goletta bombardata nel 1785 dalla squadra veneta di Angelo Emo

un'energica campagna, che iniziò nella primavera del 1784 e che si concluse due anni dopo con una tregua
provvisoria. La sua intransigenza nelle trattative di pace con i barbareschi spinse in seguito la Repubblica, propensa a più duttile atteggiamento, ad allontanarlo dall'attività militare a nominarlo « provveditore da mar », carica assai onorifica ma di scarsa importanza politica. Nonostante ciò, nell'autunno del 1791 Angelo Emo venne richiamato al comando della flotta per dirigere una nuova spedizione contro Hummudah Bey e i pirati tunisini. Ma morì qualche mese dopo, prima dell'inizio delle operazioni. La sua scomparsa destò a Venezia viva commozione e largo rimpianto. I suoi concittadini, riconoscenti, gli eressero nell'Arsenale un monumento marmoreo, opera del celebre Antonio Canova. E' interessante aggiungere che alla fine del diciottesimo secolo la linea primogenita degli Emo raccolse la successione della nobile e illustre famiglia padovana dei Capodilista. Da allora, il nome dei discendenti divenne Emo Capodilista.
 
Da Navi e Marinai