La morte sociale è una delle pene più terribili cui si possa sottoporre un Klingon, a qualsiasi classe sociale appartenga. Essa avviene attraverso una ammissione di colpa e una successiva naDHa’ghach, cioè una discommendation, un disonore. Una discommendation è come una scomunica papale durante il Medioevo europeo sulla Terra. La persona viene considerata un traditore, un rinnegato che non ha più posto nella struttura sociale Klingon. I suoi compagni lo abbandonano e lo disprezzano. Non può rivestire cariche pubbliche. La sua testimonianza e le sue parole non vengono ascoltate perché non hanno valore. Chiunque può insultarlo senza aspettarsi una reazione perché un Klingon disonorato è una non-persona. Inoltre, e questo è gravissimo, nessuno potrà più pronunciare il suo nome, e il suo disonore peserà sulla sua famiglia per 7 generazioni, perché, secondo la legge Klingon, le colpe dei padri ricadono sui figli. La procedura legale vera e propria non conduce necessariamente alla naDHa’ghach, perché l’accusato ha molte occasioni per difendersi. Tutto ha inizio con un’accusa contro un Klingon presentata all’Alto Consiglio. L’accusa può essere di tradimento, omicidio ecc. ma comunque la gravità del crimine richiede la pena capitale. In base alle prove presentate, l’Alto Consiglio emette un giudizio, che però non è definitivo. L’accusato infatti può respingere il giudizio presentando una sfida all’Alto Consiglio. Il suo caso viene così riesaminato. La persona che sfida l’Alto Consiglio non è necessariamente l’esecutore materiale del crimine, perché la famiglia di un guerriero è responsabile delle azioni di quest’ultimo e viceversa. Quindi il capo della famiglia può essere chiamato a rispondere degli atti della sorella o anche del padre morto venti anni prima. Se nel corso della mekba’ (che ha inizio dopo la sfida ed è la procedura legale vera e propria), l’accusato non riesce a provare la propria innocenza (o quella della famiglia) sarà giustiziato ugualmente. La mekba’ si svolge nella vaS’a’, cioè la grande sala dove si riunisce l’Alto Consiglio. Durante la mekba’, all’accusato non è permesso combattere, per questo deve scegliersi un cha’Dich, cioè un secondo. Si tratta in genere di una persona di famiglia o di un compagno d’armi particolarmente fidato. I suoi compiti sono: aiutare l’accusato a difendersi nel processo, investigando accuratamente sul crimine e sugli eventi collegati; difenderlo fisicamente, obbedendo ad ogni suo ordine. Il cha’Dich, per accettare l’incarico, pronuncia la frase rituale: jIlajnes ghIj ghet jaghmeyjaj. Le prove dell’accusa e della difesa devono essere presentate durante la mekba’ all’Alto Consiglio, in una seduta pubblica. Nessuna prova o testimonianza sarà accettata se presentata in privato. Se alla fine della mekba’, le prove confermano la colpevolezza dell’accusato, si procederà all’esecuzione della pena capitale. Ma c’è un modo per evitare una fine così drammatica: accettare una discommendation, la naDHa’ghach. In questo modo si ha la possibilità di poter un giorno riabilitarsi, oppure lasciare l’Impero e vivere altrove come un rinnegato. La cerimonia della naDHa’ghach si svolge in questo modo: l’accusato si fa avanti e pronuncia una frase rituale tlhIh ghIj jIHyoj in cui ammette la propria colpevolezza e la propria codardia, accettando il giudizio dell’Alto Consiglio. Il Cancelliere dichiara che l’accusato è un codardo biHnuch dopodiché ognuno dei presenti incrocia i polsi e si gira voltandogli le spalle. Pochi sopravvivono ad un disonore simile, e sono comunque rari i casi in cui un guerriero Klingon accetta la naDHa’ghach. Alcuni però, accusati ingiustamente, sono riusciti col tempo a ristabilire il proprio onore e quello della famiglia, provando la propria innocenza in modo definitivo e inconfutabile. La documentazione viene presentata in genere direttamente al Cancelliere, che decide di sua iniziativa di ridare nome e onore al guerriero. La cerimonia si svolge sempre nella Grande Sala. Il Cancelliere fa avvicinare a sé il guerriero, annuncia che il guerriero è stato accusato ingiustamente, tira fuori il proprio qutluch e lo impugna aprendo la lama a trifoglio; il guerriero stringe la propria mano sulla lama, mostrando così il suo coraggio; Il Cancelliere restituisce a questo punto il nome e l’onore al guerriero e implicitamente alla sua famiglia, pronuncia poi ad alta voce il nome in questione perché tutti possano farlo di nuovo. |