Caruso è un musicista di area friulana che sta affermandosi per le sue indubbie qualità di solista, interprete e leader. Ha preso a modello un artista davvero grande e dall'acuto senso della contemporaneità come Steve Lacy, sviscerandone la musica in profondo; in questo senso Caruso ha fatto con Lacy quello che il jazzista americano fece da giovane con Thelonious Monk, i cui temi sono stati e sono ancora oggi oggetto di analisi e rielaborazione da parte del sopranista statunitense. Il jazz ci ha insegnato che ognuno ha i suoi maestri e non c'è nulla di negativo in ciò, tutt'altro; il fenomeno ha tratti degenerativi solo quando ci si fermi ai modelli o, peggio ancora, li si idoleggi. Come Lacy ha imparato da Monk per creare una sua straordinaria ed innovativa musica, così Caruso sta facendo - per passi graduali - con Lacy.
Intanto ha riunito una formazione dalla ricca dinamica interna: Lauro Rossi al trombone; Achille Succi al sax alto, Giovanni Maier al contrabbasso e Nello Da Pont alla batteria. E' un gruppo che testimonia da un lato la vivezza della scena friulana (Maier, Da Pont), dall'altro l'apertura ad altri contesti sonori (Succi milita in organici diversi, da Basse Sfere a Belcanto, mentre Rossi si è guadagnato un ruolo importante, tra l'altro, nell'Italian Instabile Orchestra). Luciano Caruso ha, poi, scavato lungamente nella propria sonorità non per imitare Lacy ma per coglierne quello spirito indagatorio e sperimentale che non cessa di agire attorno al suono e dentro lo strumento, in una sfida/ricerca che è continua. Il leader ha, ancora, selezionato un repertorio e scritto gli arrangiamenti per i tre fiati. Il risultato è di buon profilo: la musica di Steve Lacy si arricchisce di una visceralità spesso inedita ("The Wane"), vengono mantenuti i caratteri fortemente marcati dei temi (l'ipnotico "Deadline"), i solisti sanno improvvisare in una cornice ben definita, secondo quella fitta integrazione tra scrittura e improvvisazione che il "maestro sopranista" ha spesso teorizzato. Tra i sette titoli, "Prayer" è uno dei più interessanti, sia per le parti solistiche di Luciano Caruso (è bravissimo anche il suo "doppio" strumentale, Achille Succi) che per i pastosi passaggi d'insieme; pregevoli, ancora, lo swing ironico e sottile di "No Baby" o la versione del celebre "The Crust" che assume qui toni da polifonia collettiva.

da wwww.blackinradio.it - Luigi Onori -

Da "Musica Jazz" dicembre 2002
-Aldo Gianolio-