Magica
serata poetica alle Scissure di Gaeta venerdì 30 agosto. Nello sfondo della
natura mediterranea incontaminata e dell’estrema luce radente sul mare con la
sua voce antica, tra terrazze di olive asimmetriche e ordinate, si dispone lo
spazio aperto per le presentazioni e le letture, illuminato dalle pitture di
Sonia Carpenet, Alma Aceto ricche di cromatismi e di luce e di figure originali
e delicate, che richiamano il tema “Dèedonne – Presenze femminili nel
mito e nella storia”.
Non
poteva immaginarsi luogo più adatto per emozioni di ascolto, anche se forse
mancava la musica, compagna preziosa delle poesie. Siamo in tanti, amici delle
autrici e fedeli delle Muse.
Secondo
un modulo preziosissimo per entrare nelle pieghe delle opere da presentare,
inizia con calma e sapienza di critica e creatrice Carmen Moscariello, che
illumina la sua ultima ardua fatica “Proserpina – Poemetto in sol minore
per stelle e desideri” in tre atti, preceduti da un preludium, che sarà
rappresentato ad Enna prossimamente. Il mito antico agreste di Cerere-Demetra,
della figlia Proserpina, rapita dal dio delle tenebre Plutone, ma che ritorna
alla luce, metafora dell’ambigua figura femminile, luminosa e oscura, e del
mistero della nascita e della morte, nodo quindi di ambiguità, dramma e
speranze, che attraversano l’umana condizione e la storia, ha attratto
l’autrice, che vi ha ritrovato il mito più complesso e più capace di
vibrazioni modernissime.
E’
la voce di Maria Paola Conrado, che arricchirà la serata di una inedita e
suggestiva recitazione, ci presenta una Moscariello pienamente immersa nel
lirismo greco, classico, in modo fedele e autentico, ma con dissonanze
modernissime, nelle correlazioni di contemporaneità che il testo possiede. La
parola è cioè ricca di luminosità e di suggestioni, mediterranea, romantica,
dura novecentesca tra “Il ritorno della vita: mysteria e sogno e Cerere: nel
gelo della tua morte”.
Viene
il momento di Marina Argenziano, l’altra critica-autrice della serata, che
presenta prima la famosa vicenda medievale dell’amore tra Eloisa e Abelardo,
nella quale si eleva non tanto il celebre filosofo, ma l’appassionata sua
amante, che ha come sincera, unica divinità solo l’amore solo il “divino
lui”, suo “unico bene”.
Passa
poi a presentare Pirandello, visto attraverso gli occhi della moglie Antonietta
Portolano siciliana come il marito, educata nel chiuso di una famiglia ricca, ma
tradizionalista, soffocante e che, trapiantata a Roma, non seppe adeguarsi,
finendo in una clinica per malattie nervose fino alla morte.
Sulla
vicenda l’Argenziano ha inventato un testo di successo “Il mio solo sei tu,
Antonietta”, rigoroso nella sua aderenza alle possibili verità (la Portolano
non ha lasciato nulla per iscritto e l’Argenziano ha fatto un’opera di
straordinaria verità-poesia).
Ci
si avvicina agli occhi della donna-madre alla creatività dei cosiddetti grandi
o geni, ma vedendoli con altri occhi critici. Vi è la consapevolezza tra il
mondo delle creature della fantasia creatrice e il mondo del quotidiano con
altre creature in carne ed ossa con le loro diverse esigenze. E’ il dramma
eterno tra la tensione al mondo ideale e la più prosaica, spesso dolorosa
vicenda quotidiana, che non trovano spesso un dialogo, una sintesi, lasciando
come un sentimento inappagato e amaro.
E
in questo monologo di Antonietta l’attrice Conrado raggiunge livelli alti di
espressività, con la capacità di assumere anche il caratteristico registro
linguistico siciliano, che più coinvolge gli ascoltatori e più fa entrare nel
vissuto, nell’immaginario femminile, che è territorio ancora inesplorato, la
cui conoscenza non potrà che allargare in modo salvifico la nostra percezione
delle donne, facendoci cogliere le dimensioni di tenerezza e spesso di dramma
ansimante, di cui è tessuto il loro quotidiano, sul quale la serata ha offerto
uno sguardo che non dimentica.
Formia,
15 settembre 2002
Nicola
Terracciano