"Figlia della Luna"

 

Nella poesia di Carmen, pur in situazioni diverse, è sempre di scena il sentimento, che, concedendo poco spazio al mestiere, si offre autentico e naturale, senza schermi o difese di straniante ironia. D’altronde – si chiedeva H. Hesse – “dove percepiamo la vita se non nei nostri sentimenti?” Ed è l’amore, con il suo gemello d’ombra, il dolore ad intrecciare tra incontri e distacchi, tra coinvolgimenti e congedi, i fili dell’ispirazione poetica di Carmen: “E questo amore timido come i nostri pensieri/ come le foglie/ impacciate e ignude/… Passeranno gli alberi e il grano/ passeranno le rondini  festose/… Passerai anche tu tenero germoglio… Già mi rivedo camminare da sola”.

E’ l’amore ad imprimere le corrispondenze con gli amici: “Interroghiamo il nostro animo fanciullo, dei sogni che continuano a germogliare”; è l’amore a scandire le vicinanze del cuore e gli strazi del distacco “nel trasloco opaco della vita / ti ho vista tra lacrime e stanchezza/ non ho soffocato, amica,/ il mare del ricordo”; è l’amore a saldare  il legame con le figlie, Silvia, dal cuore di miele, e Lara, figlia e compagna, tenera come la neve di marzo, come Alya, l’amatissima figlia e compagna di Marina  Cvetáeva: “così anche noi due appena alzate cantiamo, due pellegrine, il mondo ci nutre”.  Ed è sempre l’ amore che circola nei luoghi della storia, della cultura e della natura, non certo spettacolo esterno , ma geografia dell’anima :”. Le bianche, tenere rose, la morbida guancia di un bimbo e il mio amore”.

E di amore sono intrisi i trasalimenti della memoria che possono assumere la voce del rimpianto per ricolorarsi subito di speranza. Ed è, certo, l’amore che mantiene chiusi gli occhi  fanciulli, pronti ad aprirsi in giovani sguardi, alla speranza del sole che bacia l’erba di un prato, sul quale tolti i tacchi a spillo, Carmen cammina a piedi nudi e sente più forte la vita; l’amore  conferisce alla sua poesia, pur nei soprassalti del dolore, un sapore di freschezza sempre nuova: “ il mare inabissa e risorge speranze”.

Anche il richiamo ad altri poeti, : “l’inebrio della vita nuova che si dischiuse”( riportabile  ad una tipica struttura montaliana” Il vento che stasera suona attento; La folata che alzò l’amaro aroma”);  o  la clessidra/ della storia di un tempo/ che attesi  per millenni”(correlabile all’ungarettiano:”nonnulla  di sabbia che trascorre/ dalla clessidra muto  e va posandosi…”),  assume una particolare coloritura nella poesia della Figlia della Luna. Nel volume il suo sguardo interagisce con quello di un ignoto, straordinario, interlocutore maschile, il quale, con sorprendente capacità, che non è intelligenza della mente, ma intuizione totale ed immediata, coglie la natura di Carmen e della sua poesia. Carmen, Anima di mare-  Figlia della luna.

E subito le pareti del tempo si fanno porose, aprono  varchi, invitano a transiti; e si sprofonda  nel mito.

Carmen, appare, allora, portatrice privilegiata di un sapere particolare che trova nell’archetipo lunare  il suo simbolo più incisivo. Un  sapere del cuore, a contatto con i più profondi segreti, non  disgiunto dall’inconscio. Una conoscenza vitale che non ha bisogno della grande luce che regola il giorno della ragione, ma della luce diffusa che governa la notte dell’istinto, e delle oscure percezioni dell’intuitivo mondo interiore. Questo femminile conoscere lunare, come scrive Neumann in La psicologia del femminile “è inafferabile dalla coscienza scientifica.”

Psicologicamente, infatti, la luce della coscienza razionale ed  egoica corrisponde al principio maschile, mentre l’oscurità, il segreto, l’elemento umido sono collegati al principio femminile. Questo richiamo archetipico mi sembra suggestivamente colto anche dal quadro di Alma Aceto, L’incantesimo delle acque, che illustra il volume.

Di questa dimensione connaturata alla donna possono avere esperienza gli uomini creativi  , gli artisti.

In uno dei primi abbozzi di Casa di bambola, nel 1878, Ibsen scriveva: “la donna è dotata di un istinto che inconsapevolmente colpisce nel segno. Ed è questo che la donna ha in comune con i veri artisti.”

Il processo creativo, infatti, non si svolge sotto i raggi cocenti del sole, ma alla luce della luna, quando intorno grande è l’oscurità. Così la pensava  Nietzsche profondo conoscitore della creatività, così la pensava, per passare ad un’area tutta italiana, il “cerebrale” L. Pirandello, che riconosceva la nascita dei personaggi da “altrove” da un luogo misterioso e segreto non certo identificabile con la coscienza diurna. Nella prefazione del ’25 ai Sei personaggi , Pirandello scriveva: “Quale autore potrà mai dire perché un personaggio gli sia nato nella fantasia: il mistero della nascita artistica è il mistero stesso della nascita naturale”.

Nella dimensione assolata ed essiccata della psiche, avvizzita nei rigidi steli della sola ragione che divide, frantuma, segna le distanze. (“ Essere a fronte, eternamente a fronte, questo è il destino”, cantava Rilke nell’VIII elegia di Duino), Carmen con la sua poesia lunare si fa portatrice di vita, fa circolare l’aria vivificante della connessione, dei legami, della corrispondenza, che tutto unisce……”anima di cielo…..Anima di mare”. E mette in scena un mito che non è quello apollineo della solare coscienza; la poesia di Carmen in questo senso, per riprendere una superba espressione di Keats, diventa “la valle del fare anima”,anima non in senso teologico o filosofico,  ma in senso psicologico,junghiano o, ancora meglio hillmaniano, quell’anima che è in intimo rapporto con la mente poetica, con quell’io immaginale, come lo definisce Hillman, che alla logica preferisce il mito, all’uomo adulto razionale e scientifico, preferisce  il bambino e il poeta.

Il linguaggio poetico, infatti, è la lingua viva dell’anima la cui pronuncia immaginativa, simbolica, fantastica, mitica è attivata dall’amore, l’essenza di tutte le cose viventi , come sembrava a Shelley. L’amore che acceca solo la vista comune, ma ne apre un’altra adatta a penetrare nell’invisibile. Ed è questa seconda vista che ha portato il poeta , la cui voce fa da contrappunto in questo volume , a rintracciare in Carmen i lineamenti di una vera e propria figura d’anima, non elusiva e sfuggente, come in Campana “(bianca come un volo di colombe/ principessa di sogni segreti, regina adolescente ancora ti chiamo, ti chiamo, chimera”), oppure soltanto attesa e sognata , come in Montale, dopo la definitiva partenza di Irma Brandeis-Clizia (l’attesa è lunga, il mio sogno di te non è finito”), ma incontrata e con esaltante percezione, riconosciuta…Figlia della Luna nella quale egli non vede un’eredità arcaica da superare, ma una presenza preziosa per ritrovare i sentieri interrotti del sentimento, dell’emozione, dell’istinto (“l’odore animale delle cose darà umanità al nostro non sapere”). Proprio per questo, esorta Carmen a non inquinare se stessa e la sua poesia , a non darsi” in pasto a pseudo-intellettuali dall’imbecillità congenita “, privi di uno sguardo “altro” . E certo, questo straordinario poeta, non  si pone sulle orme di Giasone che nella Medea di Christa  Wolf,   segue le vie dell’unilaterale razionalità dell’arida prassi o del potere e rescinde il legame con Medea. Quella Medea,  figura di sentimento e di istinto, che conosce il tumulto del cuore, evocata da Carmen nell’ultima sezione del libro,  dove si respira più densa l’atmosfera del mito:”naufragate sulla spiaggia/ donne sole/ portano nera la voce/ per accendere Colchide…..Nel porto delle nebbie non parole, non lacrime, ….”, ma questa assenza di parole comporta  la corrispondenza profonda dell’oscuro  conoscere e conoscersi, indispensabile per cercare, con Hillman, la totalità della psiche in quella coscienza dionisiaca dai transiti imprevisti, che  congiunge gli opposti, che annulla le demarcazioni e che rappresenta la possibilità di trasformazione attraverso il femminile. Non è ad Apollo che dobbiamo guardare, ma a Dioniso, il dio che unisce la polarità dell’umano e del divino , del maschile e del femminile, il dio “tutt’altro” che rappresenta quell’elemento di alterità che ogni essere umano porta dentro di sé. Dioniso che ha una casa nel mare e quando appare porta festa e celebrazione:…”.Dionsio banchetta a questa gioia”, come scrive Carmen.

Vorrei concludere con una riflessione di E. Harding; nei “Misteri della donna” l’allieva di Jung scrive:” gli uomini hanno bisogno del rapporto con il principio femminile, non soltanto in funzione di una maggiore comprensione, della donna, ma anche perché il contatto con il loro mondo interiore non è governato da leggi maschili, ma femminili. Oggi c’è perciò un urgente  bisogno di un nuovo rapporto con questo principio della donna  per controbilanciare l’unilateralità del prevalente mondo maschile nella civiltà occidentale”.

Non ha avuto certo bisogno di questa esortazione colui che ha colto i lineamenti di Carmen e della sua poesia nel cuore profondo del  mare e ne ha inseguito il respiro nel ritmo aperto del vento :“  Anima di mare domani camminerai sulla sabbia nuda/ cercherai motivi  nuovi da raccontare al vento /la tiepida aurora/il gelsomino bianco……….”

MARINA ARGENZIANO

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