Non sai mai leggendo un romanzo di Cassieri, se ti troverai di fronte all’assurdo, alla bizzarria o alla fantasia più sfrenata, oppure se ti trovi di fronte a situazioni che trovano radici profonde nella realtà.

E’ questo strano arcolaio che prende l’animo del lettore: ora in modo ilare e leggero, ora per impigliarlo in situazioni umane e di pensiero dolorosamente vive e vere.

Il sempre nuovo che scandisce la sua genialità e fantasia, inesauribile, costipato per volontà dell’autore in personaggi tormentosi, incerti, dilavanti di fisime e paranoia, che tentano appena di affacciarsi alla vita per essere immediatamente assorbiti nel gragnuolo di sconfitte e di paure.

I personaggi dei suoi ultimi tre romanzi Tommaso Redi (I festeggiamenti, 1983), Giovanni Cermenati (Colombina, 1991), e Ciro Medina (Esame di coscienza, 1993) ai quali Cassieri ha dato vita in uno spazio brevissimo di tempo, ti lasciano a fiato sospeso, un po’ per le condizioni più strane che riguardano la loro professione e le afflizioni paranoiche che ciascuno ha, un po’ per quella dimensione di sogno e di sensualità fortemente presente soprattutto nell’ultimo romanzo.

Vorremmo far notare al di là di quello che i critici da più di trent’anni hanno detto del suo genio e della sua arte e cioè dell’elegante ironia, della sorridente indulgenza con cui rappresenta i vizi del mondo, della sua disponibilità all’avventura, dell’uso straordinario che fa della satira, la sua spasmodica irrequietudine. Questo lo ha portato a cercare, a scavare e ad esplorare, servendosi della sua prosa raffinata e ricca di neologismi e di parole inusitate all’uomo comune, al quale pure egli sa rendere i termini familiari.

Ottimizza” gli eventi, si muove e si sbraccia in situazioni apparentemente atipiche.

Nell’ultimo suo romanzo titolato Esame di coscienza di un candidato, Cassieri narra la storia di un professore, storico delle tradizioni popolari dell’Università di Roma esperto e patito dell’ex-voto (la stessa copertina è rappresentata da un significativo ex-voto del 1836).

Sicuramente nell’opera c’è qualcosa di autobiografico. Possiamo dire, senza ombra di dubbio che ci sono tutte le bellissime cittadine e frazioni che si affacciano sul Golfo di Gaeta, dei quali posti l’autore è attento conoscitore visto che qui passa una parte della sua vita. Così tra Scauri, Minturno, Gaeta, Formia e Tremensuoli si snoda anche una storia intrisa di eros, irruenta, dettata da una passione tutta cerebrale, combattuta e infine distrutta dalle mille incertezze e dalla insipienza del personaggio principale.

Quello che ci sorprende non poco nell’esame di quest’opera è che mentre constatiamo la straordinaria fantasia dell’autore che si muove senza lacci ed è in grado di raccontarci e di coinvolgerci nelle cose più inverosimili, in contemporanea ci rendiamo conto dello straordinario radicamento dell’opera nei nostri tempi.

Il rapporto personale e di comodo che il professore ha con la moglie, personaggio, questo sempre teso a “ottimizzare” ogni aspetto dell’esistenza, fino a distruggere in questo modo ogni impulso creativo e libero che pur esiste nel Medina.

Dall’altra parte la passione che lo rode per Marica, la ninfa minturnese impegnata nella lotta con la centrale nucleare del Garigliano e coordinatrice de “Il cerchio” fresco e ambizioso movimento politico, è alimentata dal fatto che Ella va alla ricerca di un candidato al di sopra di ogni sospetto per le prossime elezioni politiche e scopre proprio in Medina la persona giusta per lo scopo.

Quest’ultimo punto rende straordinariamente attuale l’opera che si articola sull’esame di coscienza che Medina fa isolandosi a Villa Flacca che, appunto si affaccia sul Golfo di Gaeta. Qui è dibattuto tra le sue fisime che si acutizzano e le esigenze della moglie che tende ad ottimizzare persino il suo seno facendoselo rifare e ancora tra gli ex-voto che appaiono e scompaiono per dar ragione alle sue meditazioni.

Intanto l’eros divampa nel povero Professore che ne resta annichilito e aperto, solo nel sogno ad ogni esperienza.

Così egli rammenta che Marica Delfi è una figura emergente, il nome circola per così dire negli interstizi dei giornalisti parlamentari, i quali la puntano più che l’appuntano, non sfuggendo a nessuno che la coordinatrice minturnese è arcanamente bella.

A bloccarlo nella sua torrentizia vitalità è l’attacco casualgico, una misteriosa somatizzazione, che è campanello d’allarme della gravissima crisi esistenziale che il Professor Medina sta vivendo.

Sottolineiamo anche una contrapposizione tra l’irruente ardito fraseggio e il linguaggio agile come una punta di fioretto contro le mille incertezze del personaggio: anche queste ultime cose rendono l’opera di immediata leggibilità, senza pause accompagna il lettore al riso, alla sorpresa e alla riflessione.

Se poi pensiamo alla documentazione, fin nelle minuzie, alla voglia e alla mille mosse tattiche per attirare Marina nella sua tana, e ancora alla descrizione succosa delle località del Golfo, nonché alla miriade di personaggi che si muovono nel burrascoso e tedioso quotidiano, ebbene tutto questo rende l’opera di inusitato movimento, attraversata dall’inizio alla fine dalla Ninfa tellurica e acquatica. Il fatto giustificato dalle riflessioni del sociologo Edward Morris che compare e scompare continuamente nell’opera come il tic nervoso del Professore, gli ex-voto o la passione sempre rincorsa e mai realizzata di possedere Marica.

 

tratto da “Oggi e Domani” – rivista mensile di cultura e attualità, anno XXI, n.9, settembre 1993, pag. 57-58

 

 

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