La città dei Lazzari, di Lenor, di Enzo Striano, di Michele Prisco, di Domenico Rea, di Mario Alberto Morioni. Napoli nella sua bellezza stravaganza, bizzarria e genio è colta tutta nella sua unicità mitica e umana da Francesco D’Episcopo nella monografia su Enzo Striano apparsa recentemente nei tipi della Liguori.

Non è nuovo questo saggista alle interpretazioni quasi carnali (tanto sono profonde e precise le sue analisi) di poeti e scrittori contemporanei. Resta un punto fermo nella nostra letteratura quella sua opera dedicata ad Alfonso Gatto “Picaro e Poeta” “un bel saggio di critica totale, nel senso che non trascura nessuno degli aspetti” (Vittoriano Esposito, Poesia del 900 italiano, Bastogi, pp. 660). E ancora sono da ricordare i suoi recentissimi studi su Sinisgalli e la sua attenta analisi su Francesco Iovine. E, non ultimo, il merito grande di questa monografia su Striano che rende giustizia a uno scrittore troppo presto dimenticato e certamente trascurato in vita.

Il discorso circolare sulle opere edite e inedite di Striano, senza sottovalutare la sua attività di saggista e giornalista, si innerva anche nella conoscenza chiara del critico di tutto ciò che è napoletaneità. Picaresca, umana, intellettuale e bambina, Napoli nei romanzi di Striano vive la sua storia intessuta di miti, di entusiasmi fanciulli, di cadute fatalmente connaturate all’esistenza dei personaggi (vedi soprattutto “Il resto di niente”).

Il raggio di verità non circoscrive o isola la traiettoria futurista, di chiara analisi su problematiche economiche e politiche, come ad esempio il riesame critico del marxismo fatto molti anni prima della sua caduta.

Ma, l’irripetibile impronta che Napoli ha dato a grandi scrittori e, dunque allo stesso Striano, è colta da D’Episcopo con un gusto capace di catturare l’impalpabile. Così, in una sintonia simpatetica di umori, emozioni, intese culturali che vanno molto al di là di un esame attento e scrupoloso, si provvede a scavare nelle pieghe e a quel sapere afferrare con fermezza le luci e le ombre.

Senza iato “il tutto sfiora la soglia del niente” (Enzo Striano, p. 159) e soprattutto nell’ultimo romanzo di Striano, “Il resto di niente” il furore delle sensazioni non impedisce il naufragio delle idee e dell’amore, anche se infine la città ingloba bonariamente nella sua stoica melanconia la vita stessa dei personaggi.

Il saggio ha cura anche della biografia di Striano e offre curiosità e scoperta di fatti, interessanti non solo per meglio comprendere l’opera, ma anche per visionare il mondo culturale che si muove intorno al romanziere, così non mancano riferimenti a Giorgio Saviane, a Mario Alberto Morioni, a Domenico Rea.

E, ancora il critico dopo aver puntigliosamente tracciato “le stagioni della storia di Striano” esamina i quattro romanzi editi: I giochi degli eroi, Il delizioso giardiniere, Indecenze di Sorcier e Il resto di niente. Né vengono trascurate le opere inedite, che spesso servono all’autore da supporto per meglio capire e interpretare il pensiero, vedi per esempio le continue citazioni di “Un’etica per Narciso” (Napoli 1969) e di articoli apparsi sul Corriere di Napoli, La Provincia, La Repubblica.

In tutto il percorso, dunque affiora continuo ciò che il critico aveva precisato nell’ “Antilla”: “Questo libro nasce dall’esigenza di meglio capire, attraverso la biografia intellettuale di uno scrittore napoletano, le ragioni-non ragioni del nostro problematico destino di uomini e di studiosi”. Su questo principio si innesta il procedere attento dello studioso, emergono così le affinità geografiche (Napoli li accomuna), di emozioni, di formazione culturale e umana. Questi presupposti hanno reso più facile al critico la lettura nel profondo, permettendogli di intuire ogni lacerto di pensiero e tutte le cause dalle quali l’opera è germinata.

 

tratto da “Oggi e Domani” – rivista mensile di cultura e attualità, anno XX, n.6, giugno 1992, pag. 28

 

 

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