Per scendere nel vero spirito del
"Magnificat" e poterlo dire con Maria nostra Madre e Sorella, bisogna
ricondurlo nel contesto del racconto dell'evangelista Luca che lo ha
trasmesso all'umanità (Lc 1, 39-56): l'incontro tra Maria ed Elisabetta,
ma soprattutto le parole che questa pronuncia nei confronti della
giovane cugina di Nazareth. Sono queste, infatti, a provocare quei
sentimenti che animano e spiegano il suo "Magnificat".
Appena udito il saluto di maria, il bambino aveva sussultato nel grembo
di Elisabetta che, piena di Spirito Santo, aveva esclamato: "Benedetta
tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la
madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è
giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo".
parole più grandi di chi le pronunzia, ma anche di Maria, per la quale
Elisabetta ha in riserbo anche una beatitudine: "Beata te", aggiunge,
infatti. "Te beata che hai creduto nell'adempimento delle parole del
Signore".
Il "Magnificat" comincia da qui. Da questi riconoscimenti dinanzi ai
quali ci si aspetterebbe che Maria si schermisse o che, almeno un po',
tentasse di sminuirne la portata. E, invece, non è questo ciò che
accade. Accade, tuttavia, che maria, invece di parlare di sé, parla di
Dio. E' come se, dopo aver ascoltato le benedizioni e le lodi di
Elisabetta, Maria volesse dirle: "Tu dichiari la mia grandezza ed io ti
dico, invece, che devi riconoscere quella di Dio. L'anima mia dice,
infatti, che grande è il Signore". Ecco il significato del "Magnificat"!
Perché? Poiché Lui che è l'Altissimo si è chinato a guardare la pochezza
("tapeinosin") della sua serva (questo è il vero significato di
"umiltà"). L'Altissimo si è chinato a guardare fin dentro la piccola
casa di Nazareth ed è l'Onnipotente che ha fatto le grandi cose che
Elisabetta esalta e benedice in Maria (vv.47-49). L'umiltà non è un
atteggiamento, ma una consapevolezza che, come direbbe Teresa d'Avila,
coincide con quello della verità di chi sa la propria condizione
"tapina" ("tapeinosin") e, allo stesso tempo, il grande amore di Dio per
ciascuno dei suoi figli.
Maria è stata guardata in modo unico e, poiché è la madre del Signore,
tutte le generazioni la diranno beata (v.48), ma la sua anima dice
grande ("magnificat") il Signore anche a nome di tutti gli altri piccoli
sui quali si stende la Sua misericordia (vv.50-52). Anche se tutti gli
affamati non saranno di fatto saziati di pane, né tutti i ricchi
rimandati a mani vuote (v.53), lo sguardo di Dio che invia il proprio
Figlio per farsi scoprire Padre è fonte di salvezza e consolazione per
tutti e per ognuno. In Cristo, che sta per nascere da Maria, povero tra
i poveri, Dio soccorre davvero il suo popolo Israele, "ricordandosi
della sua misericordia" (v.54). Si compie veramente ciò che era stato
promesso ai padri, "ad Abramo e alla sua discendenza per sempre" (v.55).
Ma... attenzione! Del contesto immediato del "Magnificat" fa parte anche
l'annotazione finale del racconto di Luca: "Maria rimase con lei
(Elisabetta) circa tre mesi, poi tornò a casa sua" (v.56).
Se, infatti, è vero che i "circa tre mesi" richiamano innanzitutto la
permanenza dell'Arca in casa di Obed-Edom, prima di essere portata nella
città di David (2Sm 6,11), dato che Maria, come portatrice (Madre) di
Dio è la nuova Arca dell'Alleanza ("Foederis Arca), è anche vero che
questo è il tempo esatto che manca alla nascita del bimbo di Elisabetta.
Benché porti in grembo il Signore, dunque, Maria non ha altro da fare
che restare, come farebbe qualsiasi altra donna premurosa, accanto alla
cugina, ormai al sesto mese inoltrato. Resta lì sino al giorno del parto
e continua a dire grande il Signore mentre cucina al posto di
Elisabetta, accudisce Zaccaria e riordina la casa.
Si capisce bene che il suo "Magnificat" non è un semplice "cantico ai
Vespri", ma un continuare a credere che - nonostante l'oscurità dei
giorni - tutte le parole del Signore si compiranno e, insieme, un
continuare a "dire grande" (a "magnificare") il suo Signore, magari a
denti stretti o con il groppo alla gola come in Egitto, negli anni di
Nazareth e, infine, sulle strade del suo Figlio che la conducono fin
sotto la sua Croce. Dire "Magnificat" con Maria è, dunque, imitare
questa consapevolezza e questo desiderio di cantare a Dio. Il Suo
sguardo paterno e misericordioso, infatti, è su di noi, anche quando non
lo sentiamo.
MAGNIFICAT
(Lc 1, 46-55)
46 L'anima mia magnifica il Signore
47 ed il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
48 perché ha guardato l'umiltà della sua serva.
D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
49 Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
e Santo è il suo nome:
50 di generazione in generazione la sua misericordia
si stende su quelli che lo temono.
51 Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
52 ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
53 ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
54 ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
55 come aveva promesso ai nostri padri,
ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre.
|