FUOR DI METAFORA

    ovvero

 UN CAMMINO INIZIATO A PIEDI

Se un pellegrinaggio è semplicemente raggiungere un luogo santo, una meta, allora tanto vale arrivarci il più rapidamente possibile. Ma supponiamo che il viaggio di avvicinamento, questo tempo amorfo e anonimo compreso fra la partenza e l'arrivo, sia qualcosa di più che un puro riempitivo. Allora non sarebbe così necessario ridurlo al minimo… Ora, c'è almeno un caso in cui il viaggio conta quanto la meta: il Cammino di Santiago, cioè il pellegrinaggio alla città di Santiago di Compostella nella Spagna nord-occidentale, dove la tradizione vuole che sia sepolto l'apostolo Giacomo il maggiore, fratello di Giovanni evangelista. Lui solo sa come ci è arrivato, dicono gli storici, ma non è questo il punto.

Sta di fatto che da più di mille anni ininterrottamente milioni di pellegrini hanno percorso le strade d'Europa per giungere ad limina Sancti Iacobi. Nel passato viaggiavano a piedi perché non avevano altra scelta, ma se volessimo imitarli anche oggi? Fu proprio questa l'idea bizzarra che mi venne nella primavera del '98, in un momento di grande incertezza e inquietudine a proposito della mia vita e del mio futuro. Avevo scoperto che molti percorrono il CdS a piedi. Avevo raccolto informazioni e consigli sufficienti a vincere le mie perplessità. Avevo trovato un amico disposto a partire con me. Potevo e volevo disporre liberamente di un mese della mia vita. Non si pensi che fosse solo la devozione a spingermi. Anzi! Tra le motivazioni non era l'unica e neppure la principale. Ai miei occhi si prospettava come una vacanza un po' particolare: un mese di evasione, una bella camminata, un po' di avventura, un viaggio in un paese esotico ma non troppo, incontri con persone nuove, arte, storia, paesaggi pittoreschi, cucina locale e cose del genere.

Però da varie testimonianze che parlavano di un'esperienza molto coinvolgente speravo che avrei trovato anche qualcos'altro (un consiglio per esempio) - anzi, me lo aspettavo. Il mio atteggiamento era quello di uno che vada a chiedere udienza a un personaggio importante (il buon Giacomo) e dentro di me pensavo: "Dopo un mese intero di anticamera e tutta quella strada a piedi mi darà ascolto sicuramente - dovrà farlo per forza!". Insomma, facevo spudoratamente conto di unire l'utile al dilettevole perché immaginavo il viaggio a piedi come un piacere, non certo come un sacrificio. Così partimmo a fine Luglio dai Pirenei. Mi attendevano quattro settimane di cammino e circa 770 chilometri di strada. Sembra chissà che, ma davvero, non è così. Si fa; quasi senza accorgersene. E' solo che noi moderni non siamo più abituati all'idea, ma in realtà, una volta cominciato, poche cose vengono più naturali che camminare.

Nel corso di quel mese densissimo mi ritrovai a vivere giorno dopo giorno secondo ritmi assolutamente nuovi. Ore e ore di marcia con lo zaino in spalla, il bastone in mano, il cappello in testa per ripararmi dal sole e la conchiglia simbolo dei pellegrini a ballonzolare appesa al collo. Partivamo prima dell'alba (tante volte con la stella del mattino a far da guida…) e vedevamo il sole sorgere, salire, picchiare a mezzogiorno e poi calare. Attraversavamo le basse montagne boscose della Navarra, i vigneti e i campi di terra rosa della Rioja, l'altopiano desolato della meseta castigliana con le sue distese di frumento, le umide colline di Galizia. Toccavamo villaggi e città di cui prima d'allora avevo sentito solo il nome, o neppure quello: Roncisvalle, Pamplona, Nájera, Burgos, Sahagún, León, Rabanal… Ci sono immagini che conservo ancora vivissime nel mio cuore: l'attraversamento del "Monte del Perdono" coi suoi mulini, la penombra della chiesetta di Puente la Reina col suo crocifisso renano, la "Madonna della mela" a Castrojeriz, i nidi di cicogne sui campanili di Mansilla, il gelso con le more mature nel páramo leonese dopo aver ascoltato la storia di S. Rita, la "Croce di ferro", il passo di O Cebreiro con la chiesina in pietra del miracolo eucaristico e le nuvole che fluiscono come un mare di latte nella valle sottostante… Non potevo fare a meno di sgranare gli occhi nello stupore di chi contempla ogni giorno la bellezza della creazione: "Quanto sono grandi, Signore, le tue opere!" (Sal 104).

Una vera purificazione degli occhi. Poi per la prima volta dopo anni e anni le mie preoccupazioni si limitavano a poche cose semplici e veramente essenziali: "Troverò dell'acqua, delle provviste, la strada giusta, un compagno di strada, un riparo dal sole, dalla pioggia, un posto per dormire?". Tutto il resto era lontano, sospeso, del tutto irrilevante. Godevo il silenzio, e nei lunghi momenti di solitudine (o di presenza discreta dei compagni di strada) durante la marcia meditavo. Guardavo la mia vita "dal di fuori", e mi scoprivo ad ammettere o a notare per la prima volta tanti miei errori (ma diciamo pure peccati), a scioglierne tanti nodi, a capire, a guardare con occhi diversi.

Se mai mi ero aspettato un cammino di ascesi e perfezionamento da percorrere con le mie forze mi ritrovavo invece a fare i conti con le mie magagne, i miei limiti, le piccole e grandi miserie che neppure pensavo di avere e che emergevano una ad una… Poi c'era quella umanità quanto mai varia costituita dagli altri pellegrini. Di ogni età, nazione, ceto, professione… Presi da un immediato e liberatorio senso di fratellanza ci davamo del "tu" e ci chiamavamo per nome ed era una gioia arrivare la sera all'ostello e riconoscere gli stessi volti incontrati durante la giornata e salutarsi e abbracciarsi come vecchi amici - ancor più se ci si ritrovava dopo qualche giorno. E per me era fondamentale trovare dei compagni di cammino, tra quelli che andavano col mio stesso ritmo, compagni scelti o previsti non da me ma per me.

Li porto ancora tutti nel cuore: il caro Fabio con cui partii, Nilson il gesuita brasiliano, Dave l'inglesino, i fidanzati baschi Ainhoa e Santi, Alfonso il marinaio, Marta e la sua famiglia, Alfonso e Pierangelo, Cristobal il "vero pellegrino", María Jesús, Christian, Luisa, Lino… E la generosità, l'accoglienza, l'ospitalità, la saggezza, la sincerità che sperimentavamo ogni giorno da parte di indigeni e hospitaleros … Come dimenticare il vecchio Pablito che ci fece dormire in casa sua e ci tenne un discorso paterno sullo spirito e la prassi del Cammino; Paquín l'hospitalero che ci fece sedere e ci portò un catino d'acqua fresca attinta dal pozzo per immergerci i piedi; Leonor piccola e fiera valenciana che ci tenne un salutare discorsetto sui doveri dei pellegrini, ai quali non tutto è dovuto; Paz che ci espose la sua teoria delle tre fasi del Cammino, l'entusiasmo iniziale (Navarra), la crisi (Castiglia), la gloria (Galizia); madre Ana, badessa delle Benedettine di León che ci diede la benedizione dopo Compieta e ci annunciò che al di là dei motivi che ci avevano spinto fin lì, che conoscevamo nel nostro cuore, il Signore preparava a tutti noi una sorpresa, che alcuni avevano già trovata, altri avrebbero trovata a Santiago, altri dopo ancora… E mi scoprivo a pensare a tutte le persone care con un'intensità che non avevo mai sperimentato. E pregavo, anche se non nelle forme e nei tempi che mi ero aspettato. Più per liberi pensieri che per formule. Assaporavo i Salmi (specie quelli "delle ascensioni", 120-134), perché ora mi ritrovavo a viverli. 

La sete e il deserto, la prova, l'acqua, il sole, la notte, i passi sul sentiero, la fiducia… Le immagini della Parola che avevo sempre ammirato quasi come poesia si rivelavano reali in tutta la loro concretezza! Trovarsi presso un pozzo d'acqua fresca nella desolazione assolata della meseta che non è il deserto ma quasi. 

Trovarsi una notte a dormire sotto le stelle su pascoli erbosi presso acque tranquille… Ponevo mille domande al gesuita brasiliano, avido di sapere di teologia, della sua vita, del suo Ordine. Mi rivolgevo timidamente - dopo anni - alla Vergine Maria (quante cose avevo da dirle!)…Partecipavo alla messa per i pellegrini quando possibile, sforzandomi di cogliere la liturgia in castigliano e le parole della benedizione finale: …O Dio, sii per questi tuoi figli compagno di cammino, guida nei crocevia, sollievo nella stanchezza, difesa dai pericoli, ostello lungo la strada, ombra nella calura, luce nell'oscurità, consolazione nello sconforto, e fermezza nei loro propositi, perché con la tua guida giungano sani e salvi alla fine del cammino e, arricchiti di grazie e di virtù, tornino incolumi alle proprie case, pieni di una salutare e perenne allegria… Ogni giorno mi scoprivo a perdonare e sperare nel perdono, a lasciarmi ammaestrare dagli eventi o correggere dai compagni di cammino, lentamente riconciliato, guarito di tanti pregiudizi, paure, rigidezze… Scoprivo che non ero io a rendermi umile e a purificarmi, ma che questo avveniva mio malgrado. Dall'esterno… Tutto questo per me sarebbe stato già moltissimo, e non immaginavo che fosse solo una preparazione per il regalo più grande che mi stava per arrivare.

Ero ormai in Galizia, a tre quarti del viaggio, quando mi trovai alle prese con una sensazione assolutamente nuova. Fu come se un velo che copriva i miei occhi venisse sollevato delicatamente. Cominciavo a vedere con chiarezza tutto il cammino percorso, alle mie spalle… Ecco, qualcuno si era preso cura di me fin dall'inizio… mi aveva accompagnato, guidato e protetto notte e giorno. Nessun incontro, nessun aiuto era stato casuale. Insomma stavo scoprendo che quella cosa chiamata Provvidenza esisteva davvero! Nella mia vita quotidiana! Hic et nunc, da toccare con mano! Non era un genere letterario! Ne parlavo con un compagno di viaggio: "Ma certo! Dai e dai, giorno dopo giorno, anche un sasso se ne sarebbe accorto!" E quel qualcuno era un Qualcuno che potevo riconoscere perché ne sentivo parlare da anni. Era semplicemente Dio.

Le parole della benedizione! Mi venivano in aiuto tutti quei frammenti della Parola che avevo accumulato nel corso della mia vita e che ora tornavano a galla, le sane letture, le testimonianze… Ero in preda a una meraviglia sempre maggiore. Allora tutto quello che avevo sentito dire di Lui era vero! Ma io in chi o che cosa avevo creduto fino a quel momento? Mi accorgevo con sgomento che la mia tendenza a razionalizzare aveva relegato Dio in un angolino dove non desse troppo fastidio, come un bel soprammobile. Non mi aspettavo un suo intervento nella mia vita. Lo avevo ridotto a una specie di demiurgo indifferente che mi aveva accompagnato all'ingresso di un labirinto chiamato "vita" e dopo avermi dato un'amichevole pacca sulla spalla e qualche raccomandazione, qualche precetto più o meno impossibile da rispettare, mi spediva dentro dicendomi: "Ci vediamo all'uscita, l'impresa non è così facile perciò sarò comprensivo. Buona fortuna."… Ma come avevo potuto crearmi un simile mostro? Non mi dispiaceva per niente veder cadere in frantumi questo idolo opera delle mie mani.

Scoprivo invece che Dio era sempre stato lì accanto a me, e lo era in quel momento! Non ero solo come avevo sempre creduto! Come avevo fatto a non accorgermene? E crollava tutta la mia bella costruzione da pellegrinuzzo presuntuoso: "Ma Signore, non ho neppure finito il pellegrinaggio, e poi hai visto come lo sto facendo!" No, tutto questo non era qualcosa che dipendesse da me, qualcosa che mi ero guadagnato. La mia visione legalista di do ut des cadeva come un castello di carte. Cosa potevo presentare? Proprio niente… "Signore, ma io non ho fatto nulla per meritare tutto questo!" Già. "…chi gli ha dato qualcosa per primo, sì che abbia a riceverne il contraccambio?" (Rm 11, 35). Era qualcosa di completamente gratuito. Senza nessuna giustificazione logica. Era assurdo. 

Mi sentivo come un bimbo che si aspettava uno scapaccione, o almeno una tirata d'orecchi, e invece si vedeva arrivare una carezza… Anzi, Lui si chinava su di me "come chi solleva un bimbo alla sua guancia"(Os 11, 4). Mi aveva completamente spiazzato. Mi amava così com'ero, non nonostante i miei difetti ma con i miei difetti… Senza pretendere niente in cambio, né prima né dopo. Era un amore assoluto, radicale, immenso… era la forza più travolgente davanti a cui mi fossi trovato. E al contempo mostrava una delicatezza infinita. E mi era venuto incontro Lui per primo.

Ero sbalordito, ma più grande della sorpresa era la gioia che nasceva dentro di me: "hai messo più gioia nel mio cuore di quando abbondano vino e frumento" (Sal 4). Ma allora su di Lui potevo contare! Si rovesciavano tutti i miei schemi mentali in una vera rivoluzione copernicana: scoprivo che il punto di riferimento era Lui, l'unico di cui mi potessi fidare ciecamente e incondizionatamente, tutti i giorni della mia vita. La roccia di salvezza dei salmi. Anzi, in Lui trovava significato la parola stessa "fiducia". Che ora potevo finalmente lasciar sgorgare dal mio cuore atrofizzato. Per anni avevo pensato di dovermi arrangiare da solo (e non ci riuscivo) e ora scoprivo di essere un bimbo svezzato in braccio alla madre… Mentre io lo credevo ciò che non era e dove non era e neppure lo cercavo, Lui durante tutto quel mese mi aveva sottoposto a un lento e paziente lavorio quotidiano; partendo da cose semplici e immediate mi aveva esercitato ogni giorno alla fiducia, a piccoli e quotidiani salti nel buio.

Pensavo alle piccole frecce gialle segnavia: ogni volta che cominciavo a temere d'aver sbagliato strada ecco che ne compariva una - finché (dopo giorni e giorni) avevo smesso di temere… In pratica mi aveva costretto a fidarmi. E dopo avermi ammorbidito a sufficienza mi era balzato addosso mentre mi trovavo con le "difese abbassate"… E io nella mia concezione così "razionale" della realtà un Dio tanto presente non l'avevo mai neppure preso in considerazione! 

Tutto questo non avvenne in un solo istante, c'erano cose che avrei capito solo settimane più tardi e altre le sto scoprendo ancora adesso. Solo molto di recente ho capito che il Dio incontrato in Spagna, quel Dio che mi veniva incontro per primo, che prendeva l'iniziativa e mi guardava con occhi di uomo e mi amava senza condizioni… era proprio Lui, Dio fatto uomo, incarnato, Figlio e fratello. Ecco perché il mio cuore era così pieno di gioia, come i discepoli di Emmaus! Io non l'avevo riconosciuto ma era Lui, Gesù… Nella mia vita si era verificato un taglio netto. D'ora in poi non avrei più potuto fare finta che non fosse successo nulla. Neanche volendo! Avevo provato l'amore di Dio nella mia carne, ed è qualcosa che non posso più dimenticare - qualunque cosa mi succeda. Mi sentivo in preda a un inedito miscuglio di gioia, sorpresa, riconoscenza, fiducia, euforia… Avrei dovuto passare le giornate intere a render grazie e lodare Dio ininterrottamente, e invece riuscivo solo a balbettare dentro di me qualche parola di ringraziamento… Mi sentivo un miracolato…

Così finalmente arrivammo a Santiago ("E ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme!…" Sal 122). I riti nella cattedrale. "Signore, per quanto mi riguarda, per la prima volta nella mia vita ora potrei morire felice e senza rimpianti - ma suppongo che se mi hai fatto arrivare fin qui è perché avevi in mente qualcos'altro…" Già. Tornato a casa il grosso interrogativo era questo: cosa fare di una simile esperienza?

Avevo ricevuto molto più di quel che avevo chiesto, con il rischio di montarmi la testa (fortunatamente intervenne il salutare richiamo di un'amica saggia: "Hai semplicemente scoperto chi è Dio alla tenera età di 27 anni!"). Però non mi era tanto chiaro cosa dovessi fare immediatamente. Non avevo proprio capito - lo vedo con chiarezza solo ora - che non si trattava di fare io qualcosa, ma piuttosto di lasciarsi fare (e se mai collaborare). Non avevo compreso che per poter cominciare a scoprire chi ero io e cosa volevo dovevo prima incontrare Dio. Da Santiago ero tornato con dei tesori preziosi.

La fiducia, il regalo più grosso. La scoperta che tutta la mia vita, che avevo sempre considerato come una successione casuale di eventi slegati e di sbagli, in realtà era guidata amorevolmente anche nei momenti più bui. Incredibile, si intravedeva un disegno! La scoperta che la realtà, la sua realtà, è meglio di qualsiasi sogno. E un certo "occhio" per i segni, che con mio grande stupore mi hanno portato qui come postulante al Carmelo di Arcetri.
Ma questa è un'altra storia..

P.B.B.                          

La Stella del Carmelo