L'appellativo Pop Art
(abbreviazione dell'espressione inglese popular culture o popular
art), fu coniato dal critico Alloway negli anni '50 per indicare quell'insieme
di esperienze figurative ispirate all'universo tecnologico e alla cultura
popolare urbana.
L'interesse estetico di
queste realtà trascurate dalla cultura ufficiale, trovò una propria formulazione
teorica nel corso delle riunioni dell'Independent Group (tra i cui
membri figuravano Hamilton e Paolozzi) all'Istitute of Conteporary Art
di Londra.
Quasi contemporaneamente una
poetica pop si delineò anche negli Stati Uniti. Opponendosi al ventennale
dominio dell'arte astratta e, soprattutto negli Stati Uniti, all'esasperata
gestualità soggettivista dell' action painting
o dell'Espressionismo Astratto,gli artisti
pop celebrano la società dei consumi e la cultura di massa. Essi non solo
adottano le immagini e gli oggetti della realtà urbana e quotidiana,
(l'automobile, i prodotti di consumo e industriali, i personaggi famosi), ma
anche la tecniche dei mass media, come la fotografia la stampa i fumetti e la
pubblicità. In questo modo ogni separazione tra arte e vita viene
definitivamente eliminata.
Le esperienze pop
assumono connotati diversi in Inghilterra e negli Stati Uniti, più ironiche e
sofisticate le immagini degli inglesi (Leo B. Blake, Hamilton, Patrik Caulfield,
David Hockney, Jones, Ronald B. Kitaj, Philips, ), più fredde e impersonali
quelle degli americani (Roy Lichtenstein, Claes Oldenburg,
James Rosenquist, George Segal,Andy
Warhol,Tom Wesselman, Westermann, Jim Dine e Jasper Johns).
Anche in Italia alcuni
artisti aderirono alla poetica pop, offrendone una variante più intima e più
legata alla cultura figurativa italiana. Si tratta di , Valerio Adami, Aldo
Mondino e Emilio Tadini, a Milano,Concetto Pozzati a Bologna,Franco Angeli,
Mario Ceroli , Tano Festa,
Giosetta Fioroni, Mario
Schifano, Cesare Tacchi e Fabio Mauri a Rorna, Michelangelo Pistoletto, a
Torino.
Negli U.S.A oltre alla generazione definita
Pop se ne fa avanti un'altra più giovane definita
Minimalista che usa come Warhol
la ripetività delle immagini popolari in varie forme ma la traduce, la
minimalizza appunto come in Donald Judd o Jasper Johns che focalizzano i
prodotti della massificazione come delle vere e proprie banalità del quotidiano.
Ad essi ricordiamo Dan Flavin,
Sol Lewitt,
Robert Morris,
Frank Stella
e tra gli italiani
Giuseppe Uncini e Francesco Lo Savio che si suicida nell’Unité d’habitation di
Le Corbusier. L’artista, nel corso di una breve carriera, si era distinto per
l’uso poetico e trasfigurato di materiali plastici e metallici.