L'Informale fu soprattutto una direzione di
ricerca intorno alla possibilità di una forma libera da schemi e strutture
significanti. Questa espressione venne usata per la prima volta nel 1952
proprio da Michel Tapié,
allorché pubblicò il suo libro "Un art autre". La definizione venne
suggerita dai quadri di Dubuffet, per l’idea completamente nuova, "del tutto
altra",
che essi danno della pittura,
nell’assoluta libertà da ogni regola, da ogni schema e per la sensazione
continua di qualcosa di inatteso e sorprendente che suscitano
nell’osservatore. In questo saggio, il critico proponeva tra l’altro il
termine di "art informel" a definizione di una tendenza ormai larga della
pittura, che parte dall’improvvisazione psichica e ha in Wols, il capostipite.
Il termine Art Autre, ebbe molta fortuna, e venne usato per esposizioni e
pubblicazioni. Oggi viene abitualmente sostituito dalla definizione Art
Informel (arte informale) Il termine, spesso respinto dagli stessi artisti
poichè troppo incline a volgarizzazioni, ha conservato nel tempo una forte
ambiguità indicando via via esperienze pittoriche legate al testo (Pollock e
kooning),alla materia ( Jean Fautrier e Burri),al "segno" (Wols e Capogrossi),
esperienze i cui tratti di
significative diversità rischiano di perdersi nel magma delle definizioni
teoriche. E' quindi miglior cosa individuare alcune coordinate di riferimento
e lasciare all'opera dei singoli protagonisti il compito di declinare la
virtualità del paradigma:
1) Arte a-segnica e
a-semantica ovvero una pittura in cui le forma dell'espressione non
rimanda ad altro che a se stessa. La forma è in tal senso significativa e non
significante, e come tale altra, irriducibile ad immagini, oggetti, entità del
mondo fenomenico o psichico.Wols,Hans,Hartung,Capogrossi,
unico Italiano invitato a partecipare
alla rassegna Parigina "Vehemences confrontées", organizzata da Tapié nel
1951, ne sono i protagonisti più significativi.
2) Pittura materica che, in
altri termini, non rappresenta ma assume la materia grezza e la porta sulla
tela. Il colore ha, nella pittura informale, una consistenza tangibile e
corporea: ha peso, quantità, spessore, aggetto. Viene steso a strati, con le
dita o con spatole e coltello, come nel caso di Fautrier e del primo Dubuffet
(la sede delle 'Hautes pates" 1915-1946) oppure scomposto fino a diventare un
impasto vibratile, percorso di sottili tracce aggettanti, quasi nervature di
tessuti organici.
3) Arte gestuale nelle quale il segno
nasce da un impulso legato alle rapidità alla non premeditazione del gesto
pittorico. La componente gestuale, come del resto le altre, è comune a molti
degli artisti "informali" tuttavia trova la sua massima espressione nel
dripping di
Jackson Pollock: il colore viene
lasciato gocciolare dall'alto, rendendo necessario un diverso rapporto con la
tela. Stesa per terra, in posizione orizzontale, aggirata, e quindi offerta a
molteplici punti di vista, la tela, non si dà più di faccia, ad un rapporto
contemplativo, ma chiede che le si giri attorno, in un'esperienza di tipo
comportamentale piuttosto che ottico. Arte gestuale è anche quella di Lucio
Fontana, specialmente nella serie dei "tagli e dei buchi" e di Enrico Bai.
Materica è la pittura di Ennio Morlotti, in cui la pasta spessa tende a
dissolvere i contorni figurativi in un'erosione lenta, in un agglutinarsi
indistinto di colore,materia, motivi paesaggistici e figure umane. Nell'opera
di Burri l'uso di materiali presi dal mondo esterno (tele di sacco, legno,
stracci, grumi, lamiere, materie plastiche) è sempre sottomesso ed una
composizione rigorosa: partizioni, contorni tracciati con precisione, aree
delimitate manifestano la sottomissione della materia ad una griglia o
reticolo di relazioni