CALABRIA

 

             E’ la regione più meridionale della penisola italiana. E’ racchiusa tra il mar Tirreno e lo Ionio ed è limitata a Nord da un confine convenzionale con la Basilicata, circa all’altezza del Monte Pollino.

A Sud lo Stretto di Messina la divide dalla Sicilia.

Comprende cinque Province: Catanzaro, Cosenza, Reggio Calabria , Vibo Valentia e Crotone.

Le montagne principali sono il massiccio del Pollino, la Catena paolana, la Sila e l’Aspromonte.

Il Pollino è l’ultimo gruppo calcareo dell’Appennino, al suo centro  culmina la Serra Dolcedorme (2271 m.).  La Catena paolana, da 1300 a 1500 metri di altezza, è parallela al Mare Tirreno e ne dista qualche chilometro. La catena della Sila forma un’ellisse, e le sue vette principali sono le Botte Donato (1930 m.), il Monte Nero (1881 m.) la Femmina Morta (1740 m.) ed altri ancora.

 La Sila è stata famosa sin dall’antichità per le sue risorse di legname, tanto è vero che “ gli abitanti del Bruzio, che si erano  sottomessi, pienamente consenzienti, ai romani, cedettero metà della Sila poiché questa è piena di legname adatto alla costruzione delle case, delle navi e di ogni altro genere di manufatto: contiene infatti numerosi abeti di estrema lunghezza, molti pioppi neri, conifere resinose, frassini, pini e grandi faggi.

 I fiumi di Calabra sono numerosi ma piccoli. Molti alimentati dallo sciogliersi delle nevi, dall’acqua delle sorgenti spesso assai ricche e dall’acqua piovana..

 I principali fiumi sono il Lao, il Noce , il Savuto, il Coscile, il Crati, il Trionto, il Neto, il Tacina, il Corace,  e poi un insieme di “fiumare”, che in inverno provocano inondazioni mentre restano all’asciutto per sette o otto mesi l’anno.

                Paesaggio silano - Il Lago di Ariamacina

All’epoca del secondo dominio bizantino, cioè nel X secolo, la popolazione calabrese viveva  addensata in grosse borgate rurali soltanto sulla costa orientale della Calabra fra il Trionto e il Golfo di Squillace, nella piana di Sibari e a Nord fra il Sarraceno e il Canna.

 In tutte le altre zone è dispersa in minuscoli villaggi, che ospitano meno di dieci famiglie, costruiti ad un altezza fra i 300 e i 1000 metri per ragioni di salute e di sicurezza.

I centri urbani di qualche importanza, in quell’epoca (intorno al 900) sono le sedi metropolitane e vescovili: Reggio, Vibona, Locri, Rossano, Squillace, Tropea, Amantea, Crotone, Cosenza,  Bisignano, Nicotera, Cassano, Santa Secverina, Isola di capo Rizzuto e Strongoli.

Si conoscono soltanto i dati complessivi della Calabria nel 1275: 71.000 abitanti.

A quell’epoca Rossano contava circa 3000 abitanti.

In quel periodo l’unica grande via di comunicazione terrestre che attraversava la Calabria e serviva soltanto il versante occidentale era la via Popilia, iniziata dal Console Publio Popilio nel 132 a. C. ed aperta dal console Annio Rufo nel 128 a.C..

 Questa strada partiva da Capua per raggiungere Reggio Calabria. Penetrava in Calabria dal valico di Campo Tenese, raggiungeva Spezzano, Tarsia e attraverso la valle del Crati raggiungeva Cosenza, poi entrava  nel bacino del Savuto, passava vicino a Nicastro  e da qui Vibona, indi a Nicotera e costeggiando arrivava a Reggio Calabria.

Questa strada poteva essere percorsa all’incirca in 10 giorni.

Poi vi erano le strade secondarie romane che collegavano attraverso la penisola Locri a Medma (l’attuale Rosarno), Squillace a Terina (Golfo di S. Eufemia) e bisogna immaginare che una strada costiera collegasse   i principali centri della costa orientale e che  delle strade di montagna, seguendo il più possibile il letto dei fiumi collegassero i due mari cioè lo Ionio e il Tirreno: erano le cosiddette vie istmiche.

 

                                  Etimologicamente significa “abbondanza di ogni bene” ma ha l’ingrato destino

                                                   di essere “terra di transito tra regioni più ambite”.

                                                                     La Sicilia è uno dei terminali.

Artigianato calabrese - Il telaio

 

       Leonida Repaci – calabrese di Palmi scrive che << il Creatore un giorno, teso in vigore creativo, promise a se stesso di fare della Calabria un capolavoro.

       Ed essa uscì dalle sue mani più bella della California, delle Haway, della Costa Azzurra, degli arcipelaghi giapponesi.

            E dopo averle profuso un’infinità di beni in tutti i campi e dopo averla abbellita col mare sempre viola, la rosa sbocciante a dicembre, il cielo terso, le campagne fertili, le messi pingui, l’acqua abbondante, il clima mite, il profumo delle erbe inebriante, compiaciuto per il capolavoro raggiunto, fu preso da una dolce sonnolenza di cui approfittò il diavolo per assegnare alla Calabria le calamità, le dominazioni, il terremoto, la malaria, il latifondo, le fiumare, le alluvioni, la peronospora, la siccità, la mosca olearia, l’analfabetismo, il punto d’onore, la gelosia, l’Onorata Società, la vendetta, l’omertà, la violenza, la falsa testimonianza, la miseria, l’emigrazione. E dopo le calamità anche le necessità: casa, scuola, strade eccetera, eccetera.

 

  S.Giovanni in fiore - una stradina caratteristica

 

 

 A questo punto il diavolo si ritenne soddisfatto e toccò a lui prendere sonno mentre si svegliò il Signore il quale, quando aperti gli occhi poté abbracciare in tutta la sua vastità la rovina recata alla creatura prediletta, scaraventò il Maligno nei profondi abissi del cielo.

         Poi, rasserenandosi disse: questi mali e questi bisogni sono ormai scatenati e debbono seguire la loro parabola.

          Ma essi non impediranno alla Calabria di essere come io l’ho voluta. La sua felicità sarà raggiunta con più sudore.>> ( da Storia della Calabria di M.F. Marasco) Tantissimo sudore è già stato terso dai calabresi, che stanno ancora sudando, ma hanno fede nel Signore ed attendono con pazienza che si raggiunga almeno un poco di serenità, di maggiore benessere, di progresso economico e di occupazione per le giovani generazioni. Poi, rasserenandosi disse: questi mali e questi bisogni sono ormai scatenati e debbono seguire la loro parabola.

 

        

ANTICHI COSTUMI POPOLARI

 

Cardinale

Castrovillari

Fabrizia

Lungro

Luzzi

Nicastro

              

Polistena

S.Giov.in fiore