Notizie sulle
miniere di piombo e zinco nel Sulcis-Iglesiente, per gli anni 1873-1878, e
sulle condizioni di vita degli operai che vi lavoravano, sono reperibili
consultando la tesi di laurea del Dott.Armando
Cusa, che ha avuto modo di documentarsi presso l'Archivio
Comunale di Iglesias, visionando materiale interessantissimo, soprattutto
per quanto riguarda la fondazione della locale Scuola Mineraria del 1871.
Chi fosse
interessato, può contattare l'autore tramite e-mail.
Nello studio citato, partendo
dall'esame della situazione sociale, economica e politica della Sardegna
dell'Ottocento, si descrivono i processi che portarono, con grande ritardo
e con alterni risultati, la Sardegna alle soglie del Novecento con ancora
modeste realizzazioni in campo imprenditoriale. Dopo una breve
descrizione delle diverse categorie industriali censite nell'Isola nel
1871, nello studio si passa ad evidenziare il clima in cui nasce
l'interesse, soprattutto da parte di investitori stranieri, per i
cospicui giacimenti di minerali presenti nel sottosuolo della
Sardegna. Ad ostacolare lo sviluppo dell'industria estrattiva ad alto
livello industriale, già dai tempi di Quintino Sella,
venivano indicati fattori come la mancanza di corsi d'acqua e dunque della
forza motrice necessaria alla lavorazione del minerale, la mancanza di
boschi (intesi sempre come "combustibile" da utilizzare a scopo
produttivo), il costo dei trasporti, l'insalubrità del clima. Si
avvertiva, nelle parole e nelle relazioni di Sella, la necessità di
creare nuove vie di comunicazione, di bonificare territori allora davvero
inaccessibili e poco salubri a causa della malaria, di dare ai minatori
una vita più sicura dal punto di vista sanitario ed una formazione
professionale adeguata. Nel 1848 venne estesa alla Sardegna la legge
mineraria del 30 Giugno 1840, che distingueva i filoni metalliferi
rispetto al terreno soprastante e ne autorizzava lo sfruttamento "per
concessione sovrana", quindi anche senza il reale consenso dei
proprietari del terreno (ai quali spettava comunque un risarcimento).
Arrivarono così numerosi imprenditori, soprattutto liguri e piemontesi,
attirati dalla possibilità di effettuare prove e coltivazioni senza
ostacoli, confini e proteste dei proprietari. Lo studio del Dott.Cusa
prosegue, delineando i caratteri delle varie società che si interessarono
all'industria estrattiva del Sulcis in quegli anni, e evidenziando anche
alcuni benefici che, di rimbalzo, i nostri territori ricavarono da questo
sfruttamento, come ad esempio la costruzione di strade, dighe, tratti
ferroviari, ecc, necessari alle industrie ma indispensabili per lo
sviluppo della nostra regione. Attirati dall'abbondanza di giacimenti,
arrivarono nelle nostre zone industriali, ingegneri, minatori e artigiani
da ogni parte d'Italia e d'Europa, con effetti comunque positivi sulla
mentalità della popolazione. La miniera diventa un elemento di rottura
col passato, una possibilità di emancipazione per chi in precedenza
poteva aspirare forse soltanto ad una vita da bracciante agricolo o da
servo pastore.
Tanti cominciano
a darsi da fare per segnalare o individuare giacimenti, procurandosi
spesso cospicue ricompense o compartecipazioni. Alcuni invece si
adoperavano per ottenere essi stessi il permesso di sfruttare la miniera,
utilizzando magari la famiglia come forza-lavoro. Avvocati, notai, nobili
locali divennero rappresentanti legali degli interessi delle società
minerarie. Spesso a questi incarichi professionali aggiungevano cariche
politiche, con risultati economici di sicuro rilievo. I maggiori
giacimenti vennero classificati e acquistati da grossi personaggi
dell'aristocrazia "tecnica", per gestirli in proprio o assieme a
società nazionali o estere, o anche per avviali alla produzione e cederli
poi con fortissimi guadagni.
Le grandi
società minerarie estere avevano necessità di materie prime per i propri
stabilimenti di trasformazione. Ad esempio, la "Società di Malfidano"
possedeva fonderie nel Nord della Francia, la "Vieille Montaigne"
ne aveva in Francia, Italia, Belgio, ecc. Con la crisi delle miniere
svedesi e del Belgio, la diversificazione delle zone di approvvigionamento
divenne obbligata, facendo spostare l'interesse su Sardegna e Spagna, e
favorendo lo sviluppo dell'industria sarda del piombo e dello zinco per il
ventennio 1860-1880. Inizialmente, gli imprenditori locali (che spesso
erano anche i proprietari terrieri) ebbero un ruolo non secondario nello
sfruttamento minerario. Ben presto, però, gli interessi dei grossi
industriali riuscirono ad imporsi e a prevalere. I primi insediamenti
consistenti furono quelli di Montevecchio, Gennannari e Ingurtosu, e Masua.
Si trattava di impianti di Società per azioni costituite a Genova, per lo
sfruttamento dei giacimenti sardi. Ha inizio un periodo di costante
incremento della attività estrattiva, che assume caratteri molto più
stabili che in precedenza.
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