CONTROLLO DELL'IPERTENSIONE ARTERIOSA

Numerose indagini hanno evidenziato che modificazioni dello stile di vita possono influire sui valori

pressori: la riduzione dell’apporto dietetico di sale, del consumo di alcool e del sovrappeso e l’aumento

dell'attività fisica contribuiscono ad abbassare i valori pressori e la necessità di terapia farmacologica

ipotensivante.  I trial farmacologici randomizzati hanno infatti documentato come la riduzione

dei livelli pressori indotta da farmaci riduca la mortalità e morbilità cardiovascolare successiva (sia in

rapporto a eventi cardio e, particolarmente, cerebro-vascolari acuti, che a scompenso cardiaco).

La decisione di iniziare un trattamento volto a ridurre i valori pressori richiede misurazioni ripetute ed

accurate della pressione arteriosa (PA) durante un periodo di 3-6 mesi, o anche inferiore in casi più

gravi . La misurazione della PA va eseguita in posizione seduta o sdraiata, dal braccio

destro, dopo 5 minuti di riposo  (negli ipertesi anziani e nei diabetici la PA va misurata anche in ortostatismo

per escludere la presenza di ipotensione ortostatica.

comunque ove sia possibile è migliore applicare l' HOLTER PRESSORIO).

La prevalenza dell’ipertensione è da 1.5 a 2 volte superiore nei soggetti diabetici rispetto ai non diabetici.

La sua presenza si associa ad un aumento delle complicanze micro e macrovascolari e del rischio

coronarico (Figura 3). I pazienti diabetici possono trarre beneficio dal raggiungimento di valori

pressori inferiori rispetto ai soggetti non diabetici (HOT Study), in particolare l’obiettivo deve essere

una pressione arteriosa inferiore a 1 30/85 mmHg [7,8]

ABOLIZIONE DEL FUMO

L'effetto nocivo del fumo, ampiamente documentato, è in rapporto al numero di sigarette fumato quotidianamente

e al numero di anni da cui esso perdura. Il fumo di sigaretta aumenta sia lo sviluppo delle

lesioni aterosclerotiche che il verificarsi di fenomeni trombotici. Sigari e pipa sembrano costituire un

rischio minore, ma comunque significativo. La sospensione del fumo riduce il rischio di eventi cardiovascolari

tanto nei soggetti con manifestazioni di cardiopatia ischemica (entro 2-3 anni ai livelli dei

non-fumatori) che nei soggetti asintomatici (normalizzazione entro 10 anni).

L’abolizione del fumo è un processo difficile e complesso, in quanto l’abitudine determina dipendenza

sia farmacologica (nicotina) che psicologica. Il medico generale deve indagare e quantificare l’abitudine

al fumo di ogni assistito, specialmente se coronaropatico, e fornire decise esortazioni a smettere:

un esplicito avviso a cessare completamente e la rassicurazione che vale la pena di tentare costituiscono

il primo e principale passo contro tale abitudine. E’ auspicabile che gli operatori sanitari riducano

drasticamente la personale abitudine al fumo, e promuovano anche localmente (ad es. a livello

ambulatoriale ovvero ospedaliero) iniziative antifumo. E’ inoltre essenziale che essi forniscano motivate

spiegazioni ai pazienti fumatori sui rischi cardiovascolari e di altra natura (BPCO, neoplasie polmonari)

legati al fumo, e che concordino un programma di sospensione con follow-up definito. Con

tali provvedimenti il tasso di sospensione può raggiungere il 20-30%, contro il 3-13% di un semplice

avvertimento. I dispositivi transdermici o i chewing gum alla nicotina possono essere utili in tale fase:

essi sembrano raddoppiare il numero di successi rispetto al placebo. Cautela va comunque prestata

nei confronti di soggetti coronaropatici: questi devono essere informati che non possono assolutamente

fumare mentre utilizzano preparazioni a rilascio controllato di nicotina, pena la possibile

esacerbazione di sintomi anginosi o lo scatenarsi di gravi eventi cardiovascolari. L’approccio verso il

soggetto fumatore deve inoltre coinvolgere attivamente la famiglia (inclusi i membri fumatori). Talora

altre pratiche terapeutiche possono risultare efficaci (es. psicoterapia di gruppo, antidepressivi, etc...)

ed il medico deve essere in grado di poter informare adeguatamente i soggetti interessati su iniziative

e Centri locali che si rivolgono a questo problema.



CONTROLLO DELLE DISLIPIDEMIE

L’importanza della "triade lipidica" (elevati livelli di colesterolo LDL3, trigliceridi e bassi livelli di colesterolo

HDL) nello sviluppo dell'aterosclerosi è stata sottolineata da numerosi studi. I dati epidemiologici

indicano oggi: 1) che la colesterolemia, e in particolare la colesterolemia-LDL, è un fattore di rischio

potente e indipendente di cardiopatia coronarica; 2) che elevati livelli di colesterolemia totale e

LDL e ridotti livelli di colesterolemia HDL si associano anche a un eccesso di rischio di morbilità e mortalità

per patologie cerebrovascolari, e di mortalità per tutte le cause; 3) che elevati livelli di trigliceridi

(180-400 mg/dl) si possono associare ad un aumentato rischio cardiovascolare, specialmente se si

accompagnano a una ridotta concentrazione di colesterolemia HDL (<35 mg/dl nell'uomo, <40 mg/dl

nella donna);

   Caratteristiche di una dieta ipolipemizzante.

l Deve rientrare nelle abitudini alimentari di ogni giorno l’impiego di una larga varietà di alimenti, da selezionare peraltro

con attenzione sul piano sia qualitativo che quantitativo;

l Il gruppo di alimenti che quantitativamente deve predominare, compatibilmente con il mantenimento di un giusto peso

corporeo, è costituito da pane, pasta, riso, altri cereali in varia forma, e patate, che assicurano un sostanziale apporto

di carboidrati complessi;

l Quote quantitativamente inferiori, ma sempre elevate, vanno previste per verdura e frutta; può essere data la preferenza

a pressoché ogni tipo di verdura, sia a foglia che a bacca, sia verde che colorata; il consumo di legumi (fagioli,

fave, piselli, ceci, lenticchie) va favorito; un largo consumo di frutta fresca è pure raccomandato, specie per l’apporto

di alcune vitamine e sali minerali, e di altre sostanze antiossidanti presenti;

l Con moderazione vanno consumati gli alimenti di origine animale ricchi in proteine e grassi (carni rosse, derivati del

latte, uova); in questo caso, le porzioni devono essere piccole (in un adulto con attività sedentaria, una porzione al

giorno è sufficiente) e gli alimenti scelti per il loro basso contenuto in grassi o per le parti magre corrispondenti, come

ad esempio certi tagli di carni bovine e il pollame in generale; la scelta di carni e formaggi può essere facilitata dalla

lettura delle caratteristiche nutrizionali riportate in molte etichette; il pollame e molti dei prodotti a base di carne suina

sono oggi piuttosto poveri di grassi, buona parte dei quali sono insaturi; quanto al limitato uso di uova, si deve tener

conto anche di quelle utilizzate per la preparazione dei cibi o contenute negli alimenti prodotti industrialmente. Due

o più porzioni di pesce alla settimana sono decisamente consigliate. Va, poi, ricordato che è importante fornire un

adeguato apporto di latte o derivati del latte, possibilmente a basso contenuto lipidico, per mantenere la necessaria

assunzione di calcio; questo aspetto è molto importante soprattutto durante l’accrescimento, nell’anziano, e nella

donna in menopausa;

l Gli zuccheri semplici utilizzati per la preparazione di dolci o quali edulcoranti vanno usati in piccola quantità;

l I grassi di condimento vanno usati con grande moderazione, dando la preferenza agli oli vegetali, e in particolare agli

oli extravergine e vergine di oliva, e limitando al massimo i grassi di origine animale; l’uso delle margarine va riservato

a quelle cosiddette "molli" (che non induriscono in frigorifero);

l Si raccomanda, inoltre, di limitare l’uso del sale e di consumare, ai pasti, moderate quantità di vino o di birra, sempre

che non sussistano note controindicazioni, come nei bambini e nella gravidanza.

La disponibilità senza precedenti di alimenti, sia per gli adulti che per i bambini, a basso contenuto in grassi, grassi

saturi e colesterolo, reperibili oggi sul mercato, rende più facili scelte nutrizionali che siano in linea con i suggerimenti

sopra indicati.

 

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