Su e i giù dai tetti grazie all'arte dello spostamento. Si chiamano David
BELL, Alain ROBERT e Georges HEBERT.
Sono i "traceur", letteralmente "quello che fa un tracciato",
i nuovi sacerdoti del Parkour.
Il nome Parkour è un neologismo ottenuto mettendo una kappa
nella parola francese parcours "percorso":
vuol dire spostarsi da un punto all'altro superando tutti gli ostacoli
che si presentano sul cammino, con salti, avvitamenti, arrampicate, capriole,
con assoluta leggerezza e senza mai toccare il suolo.
Una disciplina a metà strada tra le arti marziali,
le filosofie orientali e gli sport estremi.
I suoi adepti, si arrampicano sui tetti, saltano, piroettano
e si lanciano in un percorso a ostacoli fatto di muri,
parapetti, tetti, grondaie, ponti e cemento.
In Francia fa furore e la passione per questa disciplina
sta facendo
proseliti un po' dappertutto. Anche in rete.
Sono giovani e nessun impedimento architettonico li ferma.
Il loro motto è spostarsi nello spazio e nel tempo
utilizzando gli elementi dell'habitat urbano delle periferie.
Il tutto a mani nude, senza nessun aiuto
se non quello dell'agilità e del coraggio.
Il padre riconosciuto di questo sport è il francese David Belle, 28 anni.
Una quindicina d'anni fa l'ha sviluppato e con gli amici
di quartiere
l'ha battezzato Parkour.
Un'attività così spettacolare non poteva non fare gola ai media
e al cinema, sempre all'erta nel fiutare l'affare.
Non a caso il regista francese Luc Besson ne ha prodotto un film
intitolato "Yamakasi, i samurai dei tempi moderni" che ha scosso il pubblico
francese non tanto per le raffinate novità formali
quanto per le scene mozzafiato di Parkour.
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