Viene chiamato in maniera diversa a seconda delle zone della Sardegna: pipiolu, pipaiolu,
sulittu, piffaru, pipiriolu.
E' uno strumento a fiato conosciuto in tutta l'isola. E' l'antichissimo zuffolo del pastore,
che troviamo nella mitologia di tutti i popoli. Non c'è stato pastore che non ne abbia costruito
qualche esemplare con le proprie mani. Quasi tutti, bambini compresi, in passato erano esperti
costruttori. Compagno fedele del pastore nelle ore di solitudine e di noia, veniva anche
usato per accompagnare balli, processioni e canti. Oggi è scomparso quasi del tutto ovunque.
Viene ancora usato quasi esclusivamente in alcune manifestazioni folkloristiche.
Anticamente, come testimonia un esemplare di pipiolu rintracciato in scavi archeologici
e custodito nel museo archeologico di Cagliari, veniva ricavato da un semplice osso lungo di
animale (per esempio dallo stinco di agnello) nel quale veniva scavato un foro rettangolare
qualche centimetro sotto la testa dell'osso.
In tutta la Sardegna il materiale da costruzione è la canna comune matura, stagionata e a volte
affumicata.
La parte superiore del tubo di canna viene tagliata con un'angolazione di 20 gradi circa e turata
con un pezzo di sughero compatto. Il sughero non deve sporgere dal tubo e superiormente viene
tagliato in modo da lasciare uno spazio di alcuni millimetri che consente al soffio di penetrare
all'interno del tubo.
A qualche centimetro di distanza dall'imboccatura, sulla facciata anteriore, si scava un grosso
foro rettangolare. Sempre nella parte anteriore si scavano tre (o quattro) fori, e un quarto
foro si scava posteriormente. Il diametro dei fori e le loro distanze sono relative alla
lunghezza e al diametro della canna.
tratto da: "Gli strumenti della musica popolare della Sardegna" di Giovanni Dore
edizioni 3T Cagliari - 1976
|