E' senza dubbio uno strumento antichissimo. Infatti ad Ittiri è stato trovato un bronzetto nuragico, che rappresenta
un suonatore con tre canne in bocca, delle quali una più lunga delle altre due. Tale bronzetto è considerato espressione
della cultura itifallica. Pur avendo avuto origine in epoca remota, forse prenuragica, la launedda si è
conservata fino ai nostri giorni e molti sono ancora i sardi, specialmente nel Campidano di Oristano e di Cagliari,
che si dedicano al suo difficile studio.
Le launeddas sono formate da tre lunghe canne, possibilmente "canne maschio", giunte ad una certa maturazione.
Esse sono di varia lunghezza e grandezza e gli internodi interni tra i diversi giunti vengono bucati.
Le canne, per formare le launeddas, vengono tenute insieme da spago incerato. Alla estremità superiore di
ciascuna delle canne viene infisso un piccolo cannello, che funge da beccuccio e che è costruito alla stessa
maniera delle trumbittas de 'enu, in quanto con uno spacco sotto un internodo della canna viene ricavata un'
ancia battente, che poi produrrà il suono. Tale beccuccio viene detto capitza e la piccola ancia limbatzu o
limbeddu. Le canne vengono chiamate: su bassu o su tumbu la più lunga; sa mediana o mancosa
manna, quella che sta al centro delle tre canne; sa destrina o mancosedda o mancosa pitia, la
più piccola, che risulta distaccata dalle altre.
Solo alla mediana o alla destrina vengono praticati quattro fori in fila, in maniera da attuare, al tocco
delle dita, diversi suoni. L'insieme delle tre canne viene detto cuntzertu 'e launeddas ed esse vengono conservate
in un astuccio di pelle dura chiamato istracassu.
Secondo quanto ha scritto Gavino Gabriel nella sua opera "Musica sarda", è la canna grave, su tumbu, che da la tonica
o nota basilare fissa in sol, mentre la mediana, con quattro fori, suonata normalmente con la mano sinistra, da la quinta
della tonica e le quattro note seguenti ed ascendenti (re, mi, fa, sol); poi c'è la canna acuta o mancosedda, che può avere
tanto quattro che cinque fori; tutte insieme danno quella musica così originale su cunzertu, che sembra impossibile
esca da uno strumento tanto semplice. Non è stata ancora accertata l'origine dello strumento suddetto e forse non si troveranno
mai le chiavi delle varie civiltà, oltre naturalmente la sarda, che hanno avuto la possibilità nei millenni di costruirsi uno
strumento ad ancia battente da una semplice canna, eppure diverse civiltà dell'area mediterranea hanno strumenti musicali similari
alle launeddas sarde. Va rilevata pure l'esistenza in Sardegna delle launeddas a due canne (manca su tumbu),
che vengono chiamate bisonas e il suonatore sonatore 'e bisonas. E' da rilevare anche l'esistenza di un detto
sardo usato per indicare una persona che ha le guancie piene e rosse: "hat sos cavanos che unu sonador 'e launeddas (o
de bisonas)". Vari sono i nomi attribuiti alle launeddas nelle diverse parti dell'isola: launeddas nei
Campidani, nella Trexenta, nel Sarcidano; bisonas in Ogliastra e Barbagia; leonedda e trubeddas e
trueddas in Nuoro e dintorni; enas nel Montiferru; trueddi nella Gallura, etc..
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Secondo antiche consuetudini i suonatori di launeddas venivano stipendiati dal paese nel quale vivevano e fare il
suonatore era una professione. Come contropartita il suonatore accompagnava la messa in chiesa, i funerali, e, tutte le
domeniche, all'uscita dalla messa, nel piazzale, praza 'e ballos, i balli che facevano i giovani e meno giovani.
Le civiltà dell'area mediterranea, come ho detto poc'anzi, hanno conosciuto strumenti similari alla trumbitta
e alle launeddas sarde, come l'argul dell'Egitto, composto da due canne, con quattro fori per canna,
la chirma delle Baleari, ad una canna a cinque fori, con un ancia battente, la tibia romana e il
clarinetto dei nostri giorni.
tratto da: "Il canto a tenores" di Armando Piras (Nuoro)
"Quaderni bolotanesi" - n.5 - 1979