Santarcangelo di Rom.: la telenovela di Via dei Nobili

 

RESISTERE, RESISTERE, RESISTERE

alle discutibili proposte di archiviazione

della Procura riminese

 

 

A noi la famigerata “legge Cirami” non serve poiché questa si applica solo ai processi in corso. A noi la Procura riminese, viceversa, elargisce solo la possibilità di opporci alla seconda richiesta di archiviazione avanzata dal p.m., in attesa della prescrizione: il prossimo 17 dicembre scoccheranno infatti i dieci anni dai noti crolli di via dei Nobili.

C’è archiviazione e archiviazione...

La prima richiesta di archiviazione, datata 5 ottobre 2001 si sostanziava in base a motivazioni completamente diverse, se non opposte, a quelle sostenute il 18 ottobre 2002 nella seconda richiesta di archiviazione.

Un anno fa lo stesso p.m. sosteneva che “le cause del disastro” erano “da ascriversi alla particolare consistenza del terreno sottostante (di cui non si conosceva l’esatta conformazione) ed alle abbondanti piogge di quei giorni”. Inoltre, “con particolare riferimento agli edifici crollati o compromessi, stante la particolare conformazione del suolo, l’assenza di una precisa mappatura e la presenza di lavori murari di varia natura, non è stato possibile accertare chi fosse il destinatario dell’obbligo di custodia e vigilanza delle zone sottostanti gli edifici crollati e sgomberati”. Inoltre ad avviso dello stesso p.m., “il lungo lasso di tempo trascorso dai fatti (quasi dieci anni)”, rendeva “ininfluente disporre una consulenza in merito”.

La seconda richiesta di archiviazione, a differenza della prima, rileva: “Le indagini espletate..., individuano possibili responsabilità in ordine ai fatti descritti in atti a carico di GARATTONI Maria Cristina, già sindaco del comune di Santarcangelo, oggi deceduta”.  Per il p.m., infine, “non appare indispensabile, in questa sede, identificare compiutamente tutte le persone che secondo il querelante avrebbero commesso il reato sopra ipotizzato, al fine di una formale iscrizione dei loro nominativi” sul registro degli indagati.

Com’è giunto a questa conclusione il pubblico ministero?

Il 12 luglio 2002 aveva conferito ad un docente dell’università di Bologna l’incarico di consulente tecnico. Questi doveva accertare, “previo esame degli atti e di tutta la documentazione acquisita ed acquisenda, le condizioni metereologiche del luogo al momento del crollo e nel periodo immediatamente antecedente allo stesso, al fine di accertare le cause dell’accaduto; il tutto anche verificando nell’ambito dell’amministrazione comunale di Santarcangelo i soggetti che erano tenuti in via tecnica amministrativa alla vigilanza dei luoghi dove è avvenuto il crollo e quindi titolari della sicurezza e dell’esecuzione di eventuali interventi atti a scongiurare l’evento”.

Il Consulente Tecnico concludeva, rispondendo ai quesiti postigli:

“- al momento del crollo e nel bimestre precedente l’infausto evento, non vi erano stati eventi metereologici di rilievo, fatta eccezione per la giornata dell’11 dicembre 1992 - ovvero sei giorni prima del cedimento - quando si registrò una precipitazione di 30 mm. Quest’ultima si può comunque considerare nella norma e non tale da portare al repentino riempimento della grotta n° 149, in cui invero si erano riversati liquidi maleodoranti di chiara provenienza fognaria;

- una corresponsabilità dell’accaduto è da ricercarsi nelle omissioni, ritardi e negligenze da parte degli amministratori locali, i quali erano stati resi edotti da cittadini ed altre persone a vario titolo del pericolo che correvano i vecchi fabbricati del centro storico. L’amministrazione comunale non aveva tuttavia dato corso ad alcun intervento stante la conclamata insussistenza delle risorse economiche da poter ivi indirizzare;

- alla data dell’evento l’amministrazione comunale era priva di figure dirigenziali, a cui la legge attribuisce funzioni e responsabilità gestionali. Tutte le responsabilità parrebbero dunque essere accentrate nella figura del sindaco pro-tempore M. Cristina Garattoni, deceduta nel luglio 1996”.

Il Comune era privo di figure dirigenziali? Stando alla delibera consiliare n. 04 del 5 febbraio 1992 i Servizi Tecnici Urbanistici erano dotati di un Ingegnere Capo D.S.: ingegnere capo, non usciere o centralinista. D’altronde sono agli atti lettere di cittadini che si rivolgevano anche ai predecessori della compianta Garattoni, così come sono agli atti varie testimonianze, anche fotografiche, che ci dicono che le chiavi di Palazzo Docci erano nella disponibilità dell’ingegnere capo e che le grotte “presentavano un cedimento in una porzione di profondità di 5 metri dovute alle infiltrazioni di acqua verosimilmente liquami di fogna ascrivibile all’edificio sovrastante... La situazione era a rischio soprattutto perché non si sapeva l’entità delle infiltrazioni...”. E ancora: “Dalle condizioni apparenti delle grotte si poteva evincere che qualche problema poteva esistere poiché vi erano delle infiltrazioni e si erano registrati alcuni cedimenti localizzati delle tamponature di laterizio e di terra”.

E’ appena il caso di ricordare che dal giugno 1990 aveva efficacia la legge n. 142 che all’art. 51 prevedeva, tra l’altro, la netta separazione delle sfere di competenza tra organi elettivi di governo e dirigenti burocratici, riservando ai primi i poteri di indirizzo e di controllo e affidando ai secondi la gestione amministrativa. La legge di riforma delle autonomie locali, in una prospettiva di valorizzazione della professionalità, ma anche della responsabilità dei dirigenti, attribuiva loro un nuovo ruolo.

Anche se oggi, a consolidamento dei luoghi avvenuto, non è facile ricostruire ciò che è stato cancellato, i dubbi sono più d’uno:

- i cittadini si erano rivolti invano per anni al Comune rappresentando la situazione, ancor prima, molto prima, della gestione Garattoni. Sono agli atti lettere che risalgono al 1971;

- Cristina Garattoni non è più, ma l’assessore ai Lavori Pubblici dell’epoca, Rocchi, è tuttora - buon per lui - vivo e vegeto;

- Il Resto del Carlino del 20.12.1992 aveva sottolineato a più riprese che “da giorni gli abitanti avevano notato in alcuni punti l’abbassamento del terreno”; come potevano non essersene accorti gli organi comunali?

- il giallo di una lettera/petizione inviata dagli abitanti di via dei Nobili nel 1986 e protocollata in Comune solo il 28 gennaio 1993, esattamente sette anni dopo;

- ai noti crolli seguì uno scoppiettìo di notizie - al tempo non smentite - che accreditavano con convinzione l’ipotesi che la voragine fosse stata determinata dalla grotta posta sotto Palazzo Docci, di proprietà comunale, che a metà gennaio 1993 presentava ancora “i segni dell’allagamento, sabbia e detriti probabilmente portati dall’acqua”;

- la Democrazia Cristiana dell’epoca - attuale assessore/vice sindaco Tontini in testa - chiedeva le dimissioni dell’intera Giunta, lamentandone l’inefficienza amministrativa di fronte all’”impellente problema” per la città (Il Resto del Carlino, 20 gennaio 1993);

- la stessa Garattoni ammetteva anche nelle interviste, oltre che nelle sedute consiliari a verbale, che la situazione era “conosciuta da diversi anni”, quindi ancor prima dell’inizio del suo mandato. I tecnici comunali erano più o meno gli stessi di prima, dell’epoca dei crolli e di oggi, come pure alcuni amministratori comunali.

Un tempestivo intervento d’ufficio della Magistratura, come avevo esposto nella denuncia e nella successiva deposizione, oltre ad accertare le cause e le eventuali responsabilità dei crolli (che oltre al Comune avrebbero potuto coinvolgere anche la Regione e il Genio Civile che nessuno ha mai chiamato in causa) in un contesto atto a fornire particolari garanzie di obiettività, avrebbero potuto dare anche un’adeguata risposta ai cittadini interessati, gente semplice, rimasta priva delle risorse necessarie ad intraprendere azioni legali adeguate e tempestive.

Mi chiedo se il p.m. in questi oltre tre anni dalla mia denuncia e da ultimo il Consulente Tecnico abbiano letto, ad esempio, la delibera consiliare n. 93/2 del 19 dicembre 1992 che indica anche precise responsabilità di altri Enti, senza escludere quelle locali. Avrebbero dovuto chiedersi se e come era stato dato corso alla disposizione della Presidenza del Consiglio dei Ministri che “A scopo di accertare situazione stabilità area interessata da crolli edifici ed individuare possibili interventi tecnici, il professor Paolo Canuti - che conosce Santarcangelo perché è già venuto - è incaricato effettuare sopralluogo centro storico abitato Santarcangelo di Romagna”. “Confermando la valutazione generale espressa nel verbale del 28.12.1988 il prof. Paolo Canuti oggi [22.12.1992, n.d.r.] rileva un espandersi ed aggravarsi della situazione, soprattutto in conseguenza di più diffuse infiltrazioni di acqua. E’ questo il caso dell’edificio crollato e degli altri due edifici adiacenti inagibili”.

- Il Genio Civile, che aveva effettuato un sopralluogo con i tecnici del Comune, metteva anche “in conto la grande quantità di pioggia caduta ultimamente, non solo i giorni scorsi, ma anche negli ultimi tempi, dalla fine del ‘91...”, constatando anche che “le cantine del palazzo” erano “risultate allagate dimostrando, come si evince anche da altre prove, l’esistenza di una cisterna piena d’acqua in corrispondenza della voragine”.

- Per il Consulente Tecnico, viceversa, non si erano verificati eventi metereologici di rilievo. D’altronde lo stesso CT non ha neppure citato la relazione/perizia comunale, all’interno della quale già potevano evidenziarsi indizi di reato, come non sembra aver degnato di alcuna valutazione la relazione dell’avv. Graziosi, che in materia è tutt’altro che l’ultimo arrivato: “Vi è da svolgere, peraltro, a proposito delle responsabilità dell’Amministrazione, una considerazione conclusiva. Dalle relazioni finali dei tecnici incaricati risulta fuori di dubbio che uno dei fattori del crollo già avvenuto e, quindi, della attuale situazione di pericolo, dipende dalla circolazione sotterranea delle acque nel colle Giove, circolazione alimentata sia dalle acque superficiali la cui raccolta non trova una adeguata rete di convogliamento e di scarico delle reti sia pubbliche che private; ed alimentate, altresì, dalle acque di perdita di sottoservizi pubblici di fognature e acquedotti, e derivanti anche da canalizzazioni di impianti privati” (pp. 75-80). L’illustre legale bolognese, il 21 ottobre 1996, rispondeva ai quesiti formulati dall’Amministrazione comunale con delibera n. 356/1996, quindi aveva studiato il problema per conto dell’ente locale clementino: “è innegabile che questa situazione si pone in astratto come concausa efficiente di qualsiasi futuro crollo configurando una corresponsabilità della Civica Amministrazione sia pur da verificare nel concreto, di volta in volta, cosicché la posizione della Amministrazione è quella di chi è virtualmente sempre coinvolto e deve, di conseguenza, compiere verifiche e accertamenti”.

Le fognature erano fatiscenti, come ha sostenuto qualcuno? E’ appena il caso di ricordare una sentenza della Suprema Corte di Cassazione del gennaio 1999 con la quale si imponeva al Comune di Genova di risarcire i cittadini per gli allagamenti provocati dalla cattiva manutenzione della rete fognaria sulla quale la pubblica amministrazione può e deve esercitare “una adeguata attività di vigilanza e controllo”. Figuriamoci se a Genova si vossero verificati i crolli di via dei Nobili...

Che le cose stessero come da noi denunciato, lo dimostra il fatto che solo successivamente ai crolli sono stati rifatti i sottoservizi, rifatta la pavimentazione e i lavori di consolidamento di alcune grotte, recuperando - come puntualizzava il sindaco Maioli il 9 giugno ‘98 - “la stabilità puntuale del luogo dove i crolli sono avvenuti”, facendo “ben sperare per il futuro”.

D’altronde, se la Giunta (che non era formata da carmelitani scalzi allora, come non lo è oggi) ha stanziato e speso mezzo miliardo per le opere di consolidamento, evidentemente non l’avrà fatto solo per ‘buon cuore’, tanto più che lo stesso consolidamento andava anche a vantaggio di altri privati non coinvolti nei crolli. Motivo, questo, di per sé già sufficiente ad investire del problema la Corte dei Conti, se le cose stessero come si vuole far apparire.

 

Il 4 giugno 1999 avevo ritenuto opportuno rivolgermi alla Procura della Repubblica perché accertasse se il disastro, che solo per puro caso non ha causato vittime, dovesse addebitarsi in tutto o in parte ad omissioni, ritardi e negligenze da parte degli amministratori locali e dei tecnici comunali, i quali erano stati messi in guardia da diversi anni del pericolo che correvano i vecchi fabbricati del centro storico, tant’è che all’epoca dei crolli si parlò di “disastro annunciato”. Omissioni, ritardi e negligenze riconosciute dallo stesso Consulente Tecnico della Procura.

Non ho mai lesinato la mia fiducia alla Giustizia. Il mio riferimento, tuttavia, è sempre stato a quella con la “G” maiuscola, che in questo caso non mi pare si sia sprecata troppo: agli imputati illustri si offrono leggi speciali, alle persone più modeste che chiedono Giustizia si offrono le proposte di archiviazione, nonostante le roboanti esternazioni del Guardasigilli.

Mirella Venturini