Santarcangelo di Rom.

TROPPO COMODO TRASFORMARE I PROBLEMI SOCIALI

IN PROBLEMI DI ORDINE PUBBLICO

Le notizie riportate oggi dai quotidiani locali mi inducono, ancora una volta, a prendere la parola criticamente, soprattutto nei confronti del nostro Comune.

Nel nostro Comune, come in altri, agli immigrati si riservano soprattutto belle parole. Si offre loro, sulla carta, di entrare a far parte, senza alcun diritto decisionale, di commissioni; si offrono loro filmati, qualche corso di alfabetizzazione o di cucina etnica... Si fanno tanti bei discorsi sull’immigrazione, autoglorificandosi dei bei progetti cartacei, ignorando, di contro, il bisogno più eclatante: l’abitazione.

Le iniziative intraprese dal nostro Assessorato ai Servizi Sociali, tra l’altro parzialmente riuscite, avrebbero avuto un senso e la speranza di miglior riuscita se inserite in un contesto più ampio di altre realizzazioni concrete che coprissero i bisogni primari.

I cittadini cinesi, ad esempio, non mi risulta abbiano usufruito delle anzidette iniziative comunali. Ma chi si è preoccupato di avere una risposta, avvicinandoli? Certo, è molto più gratificante, soprattutto elettoralmente, occuparsi di Consulte quali quella dello Sport, che si occupano di risolvere problemi tutt’altro che di primaria necessità.

Stanno bene i “mediatori culturali”, purché si sia anche in grado di dare altre risposte, anzitutto una: l’educazione multi-culturale delle giovani generazioni chiamate a vivere nell’immenso “villaggio globale”, se non è più possibile agire sugli indigeni adulti.

I giornali oggi hanno titolato, a mio avviso vergognosamente, della scoperta di “covi”, quasi che i disgraziati costretti a vivere in condizioni disperate fossero tutti delinquenti. Già la parola “covo” porta a pensare ad aggregazioni banditesche.

Se una crociata va fatta, va diretta anzitutto contro chi sfrutta queste persone inducendole a subire maltrattamenti e sfruttamenti inumani.

Gli immigrati che non hanno partecipato ai filmati offerti loro dal nostro Comune, non chiedono semplicemente “un posto dove stare” (i cosiddetti “covi”), ma una casa, un alloggio vero e proprio in cui costruire, con la famiglia, la propria vita futura.

In passato le leggi, compreso il Fondo Sociale Europeo, hanno offerto occasioni rilevanti per attingere a contributi da utilizzare per la costruzione di abitazioni per gli immigrati, ma ben pochi Comuni hanno saputo attingervi, poiché per farlo occorreva saper progettare e non sempre quanto si contrabbanda per “progetto” in effetti non si riduce ad un mero “comizio”.

La scoperta dei “covi” dovrebbe fare arrossire chi dimostra nei fatti di non essere in grado di dare realizzazione ad alcun progetto, abile solo a distribuire paternalismo a piene mani.

Troppo comodo trasformare in problemi di ’ordine pubblico anche problemi più squisitamente sociali!

Mirella Canini Venturini