STEFANO SERVADEI

RICORDA DANIELE GAUDENZI



Col patrocinio del periodico Il Melozzo e la collaborazione della Camera di Commercio, il 7 ottobre Forlì ha ricordato, ad un anno dalla scomparsa, Daniele Gaudenzi. Un atto doveroso che ha impegnato un gruppo di amici nessuno dei quali, peraltro, ha percorso le sue esperienze politiche ed ideali. E questo la dice lunga sul personaggio, sulle sue aperture a tutto campo. E la dice parimenti lunga sul clima che pervade la Romagna. Non più di faziosa intolleranza e di settaria chiusura come accadeva un tempo.



Daniele Gaudenzi nasce a Forlì nel 1931 da una famiglia di notevoli tradizioni politiche e sociali. Il prozio è Giuseppe Gaudenzi, gran galantuomo a lungo sindaco della Città prima del fascismo, più volte deputato, Segretario nazionale e ricostruttore locale, alla fine dell’800, del PRI. Il nonno è Quinto (fratello di Giuseppe), dirigente socialista ed organizzatore dei lavoratori della terra romagnoli all’inizio del ‘900, nel periodo della dirigenza socialista locale di Benito Mussolini.

Il padre Mario, funzionario, indi Direttore della Camera di Commercio, che ricordo integerrimo dirigente del delicatissimo servizio combustibili e carburanti a supporto dell’attività produttiva e delle esigenze private del territorio provinciale nel periodo bellico.

Compie gli studi a Forlì e si laurea in legge a Bologna, ed è nel periodo liceale ed universitario che si impegna politicamente e culturalmente sul versante di destra, e che inizia il suo “cursus” giornalistico, divenendo - successivamente - funzionario e V. direttore della Camera di Commercio forlivese.

Ha interessi culturali ed artistici svariatissimi (cinema, musica, storia, giornalismo, ecc.) che coltiva con passione e con assoluta continuità, costruendosi gradualmente una notevole biblioteca con opere pregiate di ogni tipo, continuamente morso dalla tarantola del sapere più svariato e complesso. Non lo fa con lo scopo di ostentare la sua preparazione o superiorità culturale, ma per una sua profonda esigenza personale. E questa “dotazione” è facilmente visibile quando parla o scrive sia di cose minute che consistenti. Ma, anche qui, lo fa “en passant” e non certamente in maniera snobbistica.

Dedica però sempre grande attenzione per l’umanità e la realtà locale, partendo dalla sua Pievequinta, perfettamente allineato al detto “Conoscendo il tuo villaggio, conoscerai il mondo!”.

Ha facile, direi naturale, accesso alle varie testate locali. E’ un prezioso testimone, dotato di una penna scorrevole ed informata e, qualche volta, tagliente. Vi è un lungo periodo nel quale i suoi “profili” sono settimanalmente attesi dai lettori con interesse e partecipazione.

E’ tuttavia, fondamentalmente corretto anche nelle dispute più appassionate. Non infierisce, non processa le intenzioni. Da buon cristiano si compenetra delle motivazioni della controparte, anche se non ottunde in alcuna circostanza il suo punto di vista. E ripensa, a volte, in seguito, gli altrui argomenti, fino, magari, a mutare parere, dandone lealmente atto.

Ha una attrazione particolare per tutto quanto sta “sopra le righe” e per le posizioni ideali “estreme”, anche rispetto ai suoi convincimenti. Cerca di ottenerne le motivazioni. E non è raro il caso che finisca per stimarne i portatori. Forte di questa lunga esperienza “dialettica” e di conoscenza di circostanze e personaggi, concepisce, dodici anni fa, una impresa colossale : la realizzazione di una sorta di “enciclopedia” di cittadini forlivesi, chiamandola, amorevolmente, “Album di famiglia”.

Un impegno affrontato sostanzialmente in solitudine, che lo fa lavorare a lungo ininterrottamente giorno e notte, che mette in una sorta di “stato d’assedio” ogni angolo della sua casa, che arroventa i tasti della sua ormai anziana macchina da scrivere.

Con grande “spirito di sopportazione e di collaborazione” della degna signora Oriele e delle figlie Barbara ed Ursula, giunge al traguardo relativamente presto, dopo di avere anche ottenuto l’autorevolissima collaborazione, come caricaturista di eccezione, del caro Ettore Nadiani. E dopo di avere affidato la presentazione dell’opera a Vittorio Soldaini, il quale ne coglie finemente il senso e lo trasmette a chi legge.

I personaggi, tutti, sono veramente trattati con verità e familiarità, senza atteggiamenti preferenziali per i “grandi” rispetto ai “minori”, per i “colti” rispetto agli “analfabeti”. Si tratta di poco meno di mille biografie espresse di prima mano. Una autentica testimonianza d’assieme ed un atto d’amore verso la propria gente e città, destinata a restare nei secoli, e che già oggi è di notevole ausilio alla stampa ed a chi vuol meglio penetrare la realtà forlivese.

Dopo tale impresa, una iniziativa parimenti ragguardevole: la storia del cinema (Cinema e storia) pubblicata in oltre cento punate dalla comune amica Mirella Venturini attraverso il qundicinale Paginecontro da lei diretto. Un lavoro che sarebbe giusto assumesse una veste unificata, magari di larga sintesi.

E non è che le due imprese siano state, anche nel periodo di gestazione, sole, bensì rese in compagnia di centinaia di scritti di vario tipo, essenzialmente riferiti a vicende e polemiche di natura locale.

La malattia che lo ha stroncato a 70 anni di età, è stata particolarmente crudele. Daniele ne ha avuto la intera consapevolezza dal suo sorgere e l’ha affrontata con la dignità di un filosofo greco, e la fede di un cristiano di grande convinzione. Ed anche sul letto di morte, nei momenti di pausa del male, il suo pensiero correva ai libri, alla carta stampata, alle cose che si sentiva di dover dire e fare in maniera del tutto disinteressata, come sempre.

Nell’anno trascorso abbiamo avvertito il vuoto da lui lasciato, e non si è semplicemente trattato di sensazione personale. Nel rinnovare alla famiglia la nostra solidarietà, e nel ricordarlo ai concittadini tutti, ribadiamo la nostra profonda convinzione che il suo lungo impegno non sia dimenticato, e che il suo patrimonio culturale, costituito dalla biblioteca, dalla stampa in genere, dai principali scritti, vada adeguatamente valorizzato.

La “famiglia forlivese” così battezzata e sentita nell’Album ha, per tutto questo, un debito morale da onorare. E noi la sollecitiamo a farlo.

Stefano Servadei