SI SAREBBERO USATI GLI STESSI

‘INGREDIENTI’ SE LA RISPOSTA

FOSSE STATA DIRETTA AD UN UOMO?

 

Leggendo su La Voce la nota di Loretta Contucci sul Centro estivo di Torriana, ma soprattutto l’inqualificabile risposta della San Damiano (inqualificabile, soprattutto, perché sembra partorita dall’abile penna e dalla mente di un sacerdote), mi sono sentita un po’ in colpa. Il 20 giugno, infatti, all’ultimo Consiglio della Comunità Montana avevo chiesto spiegazioni proprio in ordine al servizio reso dalla San Damiano. L’assessore torrianese Mara Fabbri mi rispondeva che, in aggiunta al centro estivo svolto quale servizio associato a Verucchio, “per altre esigenze” (senza per altro specificare quali) era stato “realizzato un qualcosa che non è giusto chiamare centro estivo”, essendo rappresentato da “quattro ore di ritrovo per i bambini di Torriana nella scuola elementare. Ma è qualcosa di diverso, quindi siamo su due piani diversi”.

La Contucci era presente. Non vorrei averne stimolato la curiosità e l’interesse, a sua volta spinta dalle lamentele di alcune madri, che avevano invitato anche la scrivente ad un incontro.

Quanto poi al concetto di volontariato espresso dalla Contucci, non credo proprio meritasse l’epiteto di “lavandaia”, in perfetto stile maschilista. Se la chiacchierata “non va mai bene ad una persona che ‘mastica’ un po’ di Vangelo” [la Contucci, tra l’altro, è anche diplomata in scienze religiose], va ancor meno bene a chi, in virtù della scelta ecclesiale, della carità cristiana dovrebbe aver fatto uno scopo di vita.

La discussione nata, alquanto spregevole, evidenzia ancora una volta la notevole confusione esistente tra forme diverse di impegno sociale organizzate, spesso confuse e tutte genericamente indicate come “esperienze di volontariato”.

Forse la Contucci è rimasta ferma - come me - ad un concetto di “volontariato puro”: piena autonomia, gratuità totale, incompatibilità assoluta con qualsiasi forma di lavoro salariato.

Sveglia, Contucci, questo era il volontariato della nostra giovinezza. Oggi si parla di “volontariato consolatorio”, che finisce per essere un elemento di mantenimento dei vari tipi di miseria; di “volontariato gestionale”, che Franco Prina (docente di sociologia della devianza all’università di Torino) acutamente definisce “luogo dell’ambiguità, oggetto com’è di finanziamenti pubblici in cambio di prestazioni, spesso ambito di lavoro nero sostitutivo di funzioni che possono essere svolte dai servizi pubblici” o dalla cooperazione sociale vera e propria. Infine il volontariato dei diritti, meno visibile e meno riconosciuto, ma più attento a tutelare l’interesse delle persone in difficoltà.

L’interesse crescente del sistema politico per le prime due forme non è casuale, laiche o religiose che siano, purché acritiche.

Mi ha sempre preoccupato l’interesse del sistema politico a sfruttare le potenzialità del volontariato quali risorse di servizio a basso costo (a volte neppure tanto basso) e, insieme, fortemente accreditate sul piano dell’immagine, che non mettono in discussione l’operato degli amministratori.

Spesso e volentieri anche il miglior volontariato rappresenta uno dei tanti tranelli continuamente tesi per tentare di giustificare le vistose carenze esistenti nel campo della tutela delle esigenze e dei diritti dei cittadini più deboli.

Ho sempre espresso voto contrario (a Rimini prima, a Santarcangelo poi) ad iniziative coinvolgenti un volontariato egemonizzato, collaterale, liberatorio sì, ma non riparatorio, residuale, ascoltato nella programmazione ed anche usato nella esecuzione. Mi spaventano le ditte che avanzano - delle quali non fa certo parte la San Damiano - ben remunerate, che io definisco “appaltatrici del bisogno”, o “lobby del bisogno”, ben mimetizzate sotto la copertura del “non profit”, che spesso si traduce in “for profit”.

Mi spiace - ripeto - se la mia richiesta di delucidazioni ad una Comunità Montana che probabilmente non ha ancora piena coscienza delle proprie possibilità, può aver aizzato la curiosità - anche politica, perché no? - della Contucci, che certamente non meritava un affronto che di cristiano ha men che nulla, di maschilismo tanto. Sarebbero stati utilizzati gli stessi ‘ingredienti’, nella risposta, se ci si fosse rivolti a un uomo?

Dopo aver letto l’attacco teso soprattutto a demolire l’immagine di una persona che aveva solo avanzato perplessità amministrative, non posso che esprimere solidarietà, se non altro femminile, a Loretta Contucci.

Mirella Venturini