Il VOLONTARIATO

Anche se non voterò favorevolmente, non m’è dispiaciuto leggere, al primo capoverso della delibera in discussione, la disponibilità solidaristica espressa da singoli cittadini a svolgere attività di volontariato presso i servizi comunali.

Ho tuttavia criticato in Commissione il regolamento propostoci e lo farò anche in questa sede. Poiché il regolamento è quasi integralmente e totalmente estrapolato dalla delibera della Giunta regionale n. 521, la critica, ovviamente, è anzitutto rivolta alla Regione, che mi pare abbia assemblato anche una serie di contraddizioni, come già in precedenza la legge-quadro e successive.

E’ encomiabile - ripeto - che un cittadino risponda all’impulso del cuore che lo induce ad offrire la propria attività a vantaggio del prossimo. La bontà d’animo, tuttavia, non è sempre sufficiente, tant’è che la Regione stessa prevede eventuali attività formative che i volontari dovrebbero frequentare prima dell’instaurazione del rapporto di collaborazione o in costanza dello stesso. Il regolamento mi pare le preveda solo successivamente all’inserimento del volontario. Se alla conclusione il volontario non verrà ritenuto idoneo, lo si umilierà respingendolo?

Le attività assistenziali indicate - arricchite rispetto alle stesse indicazioni regionali - sono di notevole impegno: assistenza rivolta agli anziani, spesso malati cronici non autosufficienti, disabili, minori, tossicodipendenti, malati psichici, ecc.. L’utilizzo di un volontario buono di cuore, ma inesperto, potrebbe provocare danni superiori allo stesso disinteresse.

Dire che tutti possono richiedere l’iscrizione al registro dei volontari non associati, mi sembra quanto meno semplicistico, oltre che contraddittorio con quanto detto più sopra, tanto più che i cittadini che possono ricorrere direttamente all’intervento assistenziale del singolo volontario devono essere adeguatamente informati che l’Amministrazione comunale non risponderà di eventuali danni che potrebbero essere causati dallo stesso volontario (non è chiaro a quale natura del danno ci si riferisca), salvo poi dire - e anche questo è copiato integralmente dalla Regione - che al responsabile comunale compete accertare direttamente il possesso dei requisiti. Non mi è chiaro perché questa partita socio-assistenziale sia assegnata all’assessorato alla Cultura, tanto meno a quale assessorato appartenga il dirigente che dovrà presiedere a tutta l’operazione: ammissione, assegnazione dell’incarico, controllo.

Mi pare altresì assurdo che il cittadino si rivolga direttamente al volontario, poi, qualora non fosse in condizione di poter sostenere gli oneri per il rimborso spese al volontario stesso, intervenga l’Amministrazione comunale con un sostegno economico. Perché allora non far capo direttamente al Comune, facendo valutare a questo sin dall’inizio le necessità del cittadino-utente?

La delibera regionale all’art. 2 del regolamento impone alle Amministrazioni comunali di non avvalersi in alcun modo di volontari singoli per attività che possono comportare rischi di particolare gravità invitando ad elencarle qualora fossero individuabili. Cosa che non si evince dal nostro regolamento. L’assistenza ad ammalati psichiatrici o a tossicodipendenti, ad esempio, effettuata individualmente, da persone che probabilmente sono prive di pratica - a meno che non si richieda la laurea in psichiatria - siete certi non comporti alcun rischio? Vi siete mai trovati a fronteggiare uno schizofrenico in crisi improvvisa?

Non mi è piaciuto neppure come s’è modificato - rispetto alla delibera regionale - il paragrafo che permette al Comune di avvalersi di persone che già operano in modo non occasionale come aderenti volontari di organizzazioni di volontariato, ecc..

Così come è stato riportato, modificandolo, il dettato regionale - anche se in apparenza può sembrare di poco conto -, mi ha fatto sorgere un dubbio in ordine alla volontà di consolidare un volontariato associativo confessionale che qui gode di una sorta di monopolio di fatto. Patetico il tentativo di conteggiare nel volontariato laico locale determinate associazioni.

L’ho detto in Commissione e lo ripeto qui: mi piacerebbe conoscere se il fronte laico è assolutamente insensibile al richiamo solidaristico, se anche i sentimenti hanno seguito l’imbastardimento della sinistra, oppure se questo viene di fatto scoraggiato da chi in qualche modo si è guadagnato un primato, sia pure conquistato sul campo.

Mi sembra del resto che anche nel nostro Comune, come già in altri, solo alcune espressioni di questo universo composito che spesso anche impropriamente chiamiamo “volontariato”, siano oggetto di attenzione, ammirazione, esaltazione acritica, mentre altre sono ignorate, se non apertamente osteggiate.

Cosa penso del volontariato, del resto, l’ho chiarito sin dalla seduta di insediamento di questo Consiglio, non nascondendo che le mie simpatie vanno soprattutto al “volontariato dei diritti”, più attento, rispetto a quello “consolatorio”, a tutelare il vero interesse delle persone in difficoltà. In quello “consolatorio” colloco quel volontariato, soprattutto confessionale, che si limita a prestare sì un servizio - pure lodevole, anche se le recenti parole del card. Biffi, al quale ha fatto eco l’apocalittico don Benzi, mi inducono ad essere più guardinga - senza porsi troppi problemi di diritti e di corretta gestione delle strutture che “trattano” o “contengono” le persone in situazione di bisogno e finisce per essere - specie se protetto da qualche partitino al potere in via di estinzione - un elemento di razionalizzazione e mantenimento dell’esistente. Una sorta, quindi, di “tappabuchi” del sistema che non indirizza il proprio impegno a rimuovere le cause ed i circuiti che determinano, e spesso addirittura cronicizzano, l’emarginazione di tanta parte della società ed in particolare dei suoi membri più deboli e meno tutelati. Un volontariato che funge da “tamponamento” delle situazioni già compromesse; da riequilibratore delle diseguaglianze e delle contraddizioni sociali, intervenendo nella fase “terminale” dei processi di emarginazione, quando si è già generato ed è urgente il bisogno di aiuto e di assistenza.

Il discorso, purtroppo, cade, o scade, nel politico perché è indubbio che le diverse forme di volontariato sono oggetto di considerazione diversa a seconda del loro grado di integrazione nell’equilibrio di interessi che il sistema politico si trova a gestire e a difendere.

Molto più facile e conveniente valorizzare le forme di volontariato che rispondono direttamente a bisogni, che affrontano i problemi senza levare la propria voce a denuncia di inadempienze o insensibilità, che riparano superficialmente i guasti anziché sollecitare la rimozione dei fattori economici e culturali che sono all’origine dei problemi.

Il nostro Comune ha costituito la Consulta delle associazioni, cooperative sociali e organizzazioni del volontariato, oltre a quella a sostegno della famiglia. Sediamo qui da quattordici mesi e mezzo, senza che nessuno si sia degnato raccontarci alcunché del lavoro o non-lavoro svolto, tant’è che l’altro giorno ho richiesto i verbali. Per la Consulta per le politiche di sostegno della famiglia, personalmente ho votato il muto collega Traini. Non so neppure se vi partecipa. L’unica voce che mi giunge, come ritengo agli altri colleghi capigruppo, è quella del presidente del Forum dei giovani, che approfitto per ringraziare.

Concludendo, la critica al nostro regolamento discende direttamente dalla critica alla Regione e... su, su. La mia vuole essere soprattutto una critica al sistema politico interessato a sfruttare le potenzialità del volontariato come risorse di servizio a basso costo e - insieme - fortemente accreditate sul piano dell’immagine. Ovvio che siano preferite, sotto l’aspetto politico, e sostenute anche sotto il profilo economico, le organizzazioni che non mettono in discussione l’operato delle pubbliche amministrazioni e non solo.

Pur apprezzando in generale il lavoro svolto dal volontariato, non cado nel tranello continuamente teso per tentare di giustificare le vistose carenze esistenti, ad ogni livello, nel campo della tutela delle esigenze e dei diritti dei cittadini più deboli, in particolare delle persone non in grado di autodifendersi.

Norberto Bobbio diceva: «Continuo a preferire la severa giustizia alla generosa solidarietà». Il concetto lo faccio mio e forse sarà il tema di un mio prossimo convegno.

A conclusione della lunga chiacchierata, preannuncio voto contrario.

D’altronde, imporre che si debba distinguere, accettare e articolare il volontariato del singolo rispetto a quello organizzato, ammesso non si tratti di un consolidamento di quest’ultimo, indica che c’è un deficit molto profondo tra organizzazioni di volontariato e vita quotidiana che i regolamenti in fotocopia non possono colmare.

Mirella Canini Venturini

[Consiglio Comunale 15.09.2000]