DAL ‘PATTO PER LA SALUTE MENTALE’

ALLA REINTRODUZIONE MIMETIZZATA DEI MANICOMI

 

 

Ringrazio Stefano Servadei per lo spunto che mi dà ad intervenire, molto modestamente, su una problematica in ordine alla quale primeggia ancora il pregiudizio, la paura, la vergogna, il disinteresse.

La malattia mentale non concede tregua. Più che comprensibile, quindi, il dolore delle famiglie che ognuno cerca di utilizzare e strumentalizzare come meglio può. I politici e gli amministratori locali tendono a temporeggiare e a non assumere responsabilità. Per non parlare delle responsabilità dei “potentati universitari” ed ospedalieri, come denuncia da tempo l’Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale (UNASAM), delle quali fanno parte anche i familiari che non accettano di essere strumentalizzati.

I familiari, in definitiva, chiedono condizioni di vita più umane per i sofferenti di disturbi psichici e per loro stessi: “un’assistenza più consona a quanto la nostra civiltà sembrerebbe imporre, dimore protette, visite a domicilio, possibilità di lavoro e di abitazione”, tutti diritti elementari di cittadinanza.

Sulla legge 180 si sono riversate impropriamente colpe non sue, ma di chi, invece di applicarla correttamente, come prescritto anche dalle leggi regionali, si è ostinato a restare sulle posizioni che credevamo ormai superate del vecchio manicomialismo, variamente mascherato, come fa la parlamentare di Forza Italia citata da Servadei, che fortunatamente non ha trovato buona accoglienza nella nostra Regione. Ma, stante la forza dei numeri, questo dice poco o nulla.

Purtroppo sono ancora pochi disposti a riconoscere il “ruolo salvifico” del lavoro, che potrebbe ridare un senso a molte vite e dignità alle persone, quasi sempre più del sussidio.

L’UNASAM citata aveva lanciato uno slogan: “meno posti-letto e più posti di lavoro”, un appello ancora disatteso, neppure sfiorato da chi invoca la riapertura dei manicomi.

E’ forse questa la “nuova cultura” sul disagio psichico?

Poiché si torna periodicamente ad invocare il manicomio, anche se non si ha il coraggio di chiamarlo per nome, la memoria diventa un dovere, poiché “i figli del manicomio (operatori con quella cultura e quelle pratiche) sono ancora tra noi”.

Quanto alla carenza di mezzi dei Dipartimenti, non sempre giustifica l’inadeguatezza di certi Servizi. Come diceva Franco Basaglia, il compianto “scienziato della speranza”, “un buon servizio non si misura dalle risorse o dagli spazi che possiede ma da quale idea ha dell’uomo”.

Non si può quindi non criticare atteggiamenti e stili di lavoro - come mi capita di fare spesso -, ancora presenti anche nel nostro territorio, soprattutto perché fondati sull’attesa, spesso vana, della domanda.

Da questo ad apprezzare la proposta di legge presentata per la seconda volta dall’on. Maria Burani Procaccini (Forza Italia), ne passa!

Una proposta di legge - che ho letto più volte insieme alla relazione - marcatamente ideologizzata, che svilisce ogni precedente lavoro positivo, determinerà, se approvata, un forte arretramento.

Anche se la deputata azzurra non parla esplicitamente di riapertura dei manicomi, riprende le concezioni che furono alla base dell’istituzione degli stessi, sia pure mimetizzandoli sotto forma di SRA (Strutture Residenziali con Assistenza continuata). Nessun accenno alla riabilitazione, ma enfatizzazione dell’incostituzionale TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) per una durata di due mesi, rinnovabili, quindi senza limiti. Non solo, ma le SRA forse sono state scambiate per le RSA, visto che potrebbero ospitare anche “anziani con autosufficienza limitata o non autosufficienti”.

Ho apprezzato l’intervento dell’on. Rosy Bindi in Commissione, che ha giudicato la proposta di legge fortemente centralistica: “a fronte degli sbandierati progetti federalisti dell’attuale maggioranza, si finisce in pratica per sottrarre alle Regioni competenze ormai acquisite e per regolare nuovamente con legge materie oggetto di progetti-obiettivi... E’ un’impostazione culturale che reintroduce l’istituzionalizzazione del malato e di fatto lo abbandona... Riprende fiato quel settore d’interessi privati e professionali che noi abbiamo cercato di contrastare e che per anni hanno fatto di tutto per bloccare o ritardare l’applicazione della legge 180” (Repubblica, 21.09.2001).

In sostanza appare evidente, alla base della proposta di legge, una mentalità escludente e segregativa nei confronti del malato, che non può che rappresentare un arretramento in termini di civiltà, senza sottovalutare l’eccessivo spazio che vorrebbe dare al privato che agisce a fini di lucro. I servizi dei Dipartimenti di Salute Mentale, infatti, potrebbero anche essere a gestione privata! e le aree e gli edifici degli ex ospedali psichiatrici “utilizzati per la realizzazione di strutture a favore dei malati di mente”. Quindi riapertura di manicomi per giovani e anziani o, come ha sostenuto qualcuno, “internamento assistenziale”.

L’intervento in Commissione dell’on. Fabio Garagnani (Forza Italia), “pur non demonizzando totalmente la riforma realizzata co la legge n. 180”, è stato un inno al ricorso al TSO e alle strutture private.

Stando alla proposta di legge, il TSO potrebbe essere richiesto da chiunque ne avesse interesse. “Terapia dal volto umano” per Nantas Salvalaggio (Oggi, sett. 2001). Buon per il parlamentare azzurro Domenico Di Virgilio, secondo cui si dovrebbe prevedere “in caso di ricoveri d’urgenza, che il paziente possa essere collocato in spazi separati e adeguati, muniti anche di zone verdi, possibilmente con l’assistenza di qualche familiare”. Un modo come un altro per minimizzare l’intento escludente e segregativo, utilizzando e strumentalizzando il disagio e la disperazione di molte famiglie.

Così la Burani Procaccini, così il deputato leghista Alessandro Cè che ha presentato un analogo testo.

Ha ragione chi sostiene che una controriforma come questa, non serve che a proteggere interessi parassitari e squalificati, come quelli degli psichiatri siciliani proprietari di tristi cronicari, che la Regione sta già finanziando? E’ dunque vero che la maggioranza governativa ha un’idea fissa: la privatizzazione e la sanità come mercato?

Non solo l’Emilia e Romagna ha detto ‘no’ alla riforma della 180. Il Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia, ad esempio, non è stato da meno: “impegna la Giunta regionale ad intervenire nelle sedi istituzionali adeguate per esprimere il proprio dissenso verso normative che vadano a rivedere profondamente i principi ispiratori della 180”, ma nello stesso tempo “avviare un lavoro di ricerca e di valutazione dello stato attuale dei servizi di salute mentale e dei reali bisogni in questo settore”.

La “legge Basaglia” fu approvata il 13 maggio 1978. Una legge innovativa, di grande significato etico-politico, con cui l’Italia, primo paese in assoluto, avviava la chiusura dei manicomi, integrando l’assistenza psichiatrica nel servizio sanitario nazionale e spostando la terapia sui territori di residenza dei pazienti, che oggi si vorrebbe completamente smantellare. Nessuno vuole negare le ancora gravi carenze nell’assistenza psichiatrica, ma l’obiettivo non dovrebbe essere il funerale della legge 180, bensì l’individuazione di quanti ne hanno ostacolato l’attuazione, di quanti non si preoccupano dei pazienti che smettono di frequentare i Dipartimenti, di quanti non si danno pensiero di cominciare ad elaborare la riforma dei servizi sociali dei Comuni, di cui s’avverte l’esigenza e ancor più s’avvertirà nel prossimo futuro. Ma questo presuppone capacità progettuali non sempre disponibili sul mercato dei mestieranti della politica, poco importa di quale colorazione, oltre ad una revisione degli stessi rapporti correnti con un certo tipo di volontariato, che non di rado è più identificabile in una privatizzazione occulta che in un condensato di buon cuore.

Tutti aspetti del voto di scambio valorizzato dalla vecchia DC, scoperto e utilizzato successivamente dalla pseudo-sinistra, al punto da costituire una vera e propria industria del volontariato che già comincia a prendere le distanze, oggi più che mai voluto dal centro-destra che alle anime della vecchia, perversa DC, ha saputo aggiungerne altre, ancor più perverse.

Mirella Venturini