Santarcangelo di Rom.

AMBIENTE - SALUTE - TERRITORIO

SONO VALORI - BENI SOCIALI

E NON MERCI PROFITTUALI

 

 

Se ricordate a metà ottobre 1999 presentavo al Sindaco e alla Giunta un’interrogazione per conoscere quali motivi avevano indotto la nostra Amministrazione Comunale - cito testualmente - “a non valutare i rischi per la salute della popolazione”, rappresentati da un’ulteriore tracciato di elettrodotto, questa volta sia pure a 132.000 volts; perché non fosse stata posta la condizione dell’interramento; se non fosse il caso, in avvenire, in casi analoghi, di informare correttamente i cittadini di provvedimenti quale quello firmato il 5 ottobre 1998, di cui i cittadini interessati erano venuti a conoscenza con un anno di ritardo, inserendo nel nuovo Statuto comunale che ci si accingeva a redigere un capitolo che avrebbe potuto intitolarsi “Comunicazione responsabile del rischio”.

Il Sindaco il 26 novembre 1999 mi rispondeva che, in virtù delle leggi regionali al tempo in vigore, non spettava al Comune il rilascio di autorizzazioni, bensì alla Provincia. Al Comune spettava solo l’accertamento della regolarità delle opere in riferimento ai vincoli derivanti dagli strumenti di pianificazione territoriale.

Citando ancora dalla risposta del Sindaco: “I rischi della salute, ai sensi dell’art. 4 della legge regionale n. 10 del ‘93, sono stati valutati dall’USL di Rimini competente per territorio, ARPA e Dipartimento di Prevenzione, che si erano espressi favorevolmente”. Mi si precisava inoltre che i fabbricati esistenti erano ad una distanza compresa fra i 40 e gli 80 metri.

Il Sindaco, infine, condivideva “la necessità che i cittadini interessati siano portati a conoscenza di questioni importanti quali questa, che li interessano direttamente, in modo più tempestivo e diretto”, tant’è che riteneva “di dover attentamente valutare l’opportunità di codificare negli appositi regolamenti i casi in cui i cittadini vanno direttamente informati di questioni che li riguardino”. Ma quando sollevai quest’ultimo problema in sede di Commissione Statuto, al docente bolognese incaricato non stava bene, o non aveva afferrato l’importanza della richiesta, tant’è che la mia rimase una voce nel deserto. E dire che la Regione, in quegli stessi giorni, inseriva tra le linee fondamentali del suo progetto, per la prima volta, lo studio dei processi di percezione e comunicazione del rischio.

In quell’occasione, quando l’Enel non era ancora partita con i lavori, dichiarandomi insoddisfatta, insistevo sino alla noia sulla sottovalutazione del possibile danno alla salute. Ribadii anche che si era volutamente ignorata la presenza in quella parte di territorio di altri elettrodotti e linee elettriche, alcuni esistenti prima delle nuove costruzioni. Facevo presente che l’urbanizzazione alla quale si richiamava il Sindaco, come oggi la convenzione, era stata prevista e realizzata anni dopo la costruzione di determinate linee elettriche. Se la risposta del Sindaco aveva una logica, sarebbe stato altrettanto logico chiedere lo spostamento dei due elettrodotti ad alta tensione delle Ferrovie dello Stato, allora, che attraversano paralleli ed a poca distanza l’uno dall’altro, l’area artigianale compresa tra la via Emilia e la ferrovia, tra Santarcangelo e Santa Giustina, perché anche quella è un’area fortemente urbanizzata.

Mi si rispondeva che il nuovo tracciato interessava un’area comunale per un tratto di soli 1.000 metri. Però, aggiungevo io, si avvicinava e circondava ad esempio le abitazioni di Bertozzi e Fratti. Faceste tuttavia, come si suol dire, orecchio da mercanti... E in quei giorni la Regione emiliana aveva appena presentato la legge regionale, i cui relatori, Cocchi e Bissoni, dicevano di non sottovalutare il rischio per la salute. Gli assessori regionali non si accontentavano di apprezzati e discutibili pareri dell’Arpa, ma cercavano di interpretare le legittime preoccupazioni dei cittadini e, nel limite dell’ancora possibile, correre ai ripari ed era appena stata licenziata dalla Camera la prima bozza della legge-quadro nazionale.

Quanto alla funzione dell’Arpa mi duole dover rimarcare ancora che la sua istituzione non ha comportato finora quell’inversione di tendenza che il “popolo inquinato” attende da decenni; traguardo che con l’aria politicamente inquinata che spira a Roma, forse sfumerà per sempre.

Anche a questo proposito, quindi, ribadisco che l’Arpa riminese - come il resto delle Agenzie del Paese - assolve ad un ruolo di routine burocratica piuttosto che agire per prevenire e risanare il danno ambientale e alla salute, indipendentemente dalla sollecitazione del “sociale”, senza il cui intervento sostitutivo ci sarebbero ben altri e profondi disastri.

Personalmente avevo salutato la nascita delle Agenzie Regionali Ambientali con fiducioso interesse, ma mi sembra che questa mia/nostra fiducia sia stata mal riposta e mal ripagata, alla luce della mancanza di autonomia di progettualità che queste soffrono, sempre più disponibili ad appiattirsi e ad assecondare gli indirizzi politici di chi governa, territorialmente ad ogni livello.

Quella sera vi trinceraste dietro l’Arpa e la Provincia. Quest’ultimo Ente, titolare dell’autorizzazione, autorizzava l’interramento solo “ora per allora”, qualora l’Enel l’avesse ritenuto necessario e conveniente, prendendoci tutti in giro.

Dal punto di vista legale - concludevo consegnando al sindaco alcune fotografie dell’area Bornaccino - non avevo nulla da eccepire, essendo state fatte le pubblicazioni sui vari albi, ma dal punto di vista morale - e per me conta anche questo aspetto - rimaneva il fatto che cittadini già abbondantemente gravati e preoccupati, ignoravano quanto si tramava ai loro danni. Infatti i cittadini interessati alla variante di tracciato, che ora ci si accinge in qualche maniera a risarcire, ma solo alcuni, ne erano venuti a conoscenza solo dopo circa un anno dal nulla osta urbanistico del comune, per bocca dei tecnici dell’Enel.

All’improvviso, ad oltre tre anni dal rilascio del Nulla Osta urbanistico, la nostra Amministrazione Comunale si rende conto che il tracciato incriminato è stato predisposto “sulla base di vecchie planimetrie che non riportano la presenza di abitazioni di recente costruzione”; che è suo obbligo imprescindibile “porre in essere ogni attività volta a scongiurare il pericolo di possibili danni per la salute pubblica ed a salvaguardare l’ambiente da ogni rischio di inquinamento elettromagnetico”; che si è accertato “l’interesse pubblico ad addivenire ad una soluzione delle problematiche che dovessero insorgere fra i soggetti interessati alla costruzione dell’elettrodotto”; che occorre individuare il corridoio di rispetto, ecc., per cui per tacitarsi la coscienza e tacitare i ricorrenti è convenienza - si fa per dire - dell’Ente ampliare l’estensione delle zone D, attualmente previste, sino al Fosso Budriolo, dichiarando immutabile la variante al PRG per almeno 10 anni dalla sua approvazione.

Ma dov’eravate, signori, quando veniva rilasciato il Nulla Osta Urbanistico già per alcuni aspetti condizionato? Non vi eravate accorti che c’erano le abitazioni e che occorreva scongiurare ogni possibile danno alla salute? Santarcangelo non è New York e non dovrebbe essere tecnicamente impossibile verificare l’esistenza o meno delle costruzioni sulle planimetrie.

Sappiamo così, oggi, che l’obiettivo della salvaguardia della salute pubblica si raggiunge con l’adozione della delibera in discorso, con la creazione, attraverso la variante, di un unico comparto, la cui realizzazione dovrà avvenire per stralci funzionali, eventualmente costituiti anche da singole proprietà, insieme alla creazione della disponibilità, attraverso l’ampliamento delle zone D), di aree edificabili al di fuori della zona di rispetto del costruendo elettrodotto; che l’approvazione della convenzione non è tesa “a procurare indennità di qualsiasi sorta ai soggetti privati interessati dall’opera”, funzione riservata all’Enel. Affermazione, quest’ultima, che lascia quanto meno perplessi, per non dire di più, perché indirettamente, anche se si tratta di appezzamenti di terreno di superficie limitata, concedendone l’edificabilità si riconosce implicitamente un risarcimento, considerando il plus valore che si consegue. E meno male che la delibera, a differenza della convenzione, consente la sottoscrizione della convenzione stessa “anche a quei cittadini che, pur essendo interessati dalla costruzione dell’elettrodotto, non fanno pare del ‘Comitato San Martino contro l’elettrodotto’”, o non decisero di adire il TAR.

Ma se di riconoscimento di danno si deve parlare, perché limitarlo solo a un numero ristretto di cittadini interessati dall’ultimo progetto dell’Enel? Perché non estenderlo a chi ha subito ancor prima il maggior danno costituito dall’elettrodotto Forlì-Fano a 380.000 Volts, o a tutti quei cittadini che si sentono penalizzati, quindi danneggiati, ad esempio dalla costruzione di strade (ultimo esempio il diniego opposto alle famiglie di via Vechia Marecchia) che può parimenti incidere sulla salute, grazie alle quali il valore delle loro proprietà subirà una flessione paurosa, oltre all’attentato alla salute determinato dall’inquinamento acustico e atmosferico? Avete usato lo stesso metro anche nel risarcimento dei crolli di via dei Nobili? C’è anche qui chi ha perso la salute. E chi non possiede un appezzamento di terreno da valorizzare urbanisticamente, come verrà risarcito?

Come ho avuto modo di ribadire anche in Commissione, per me e per la Lista Verde Alternativa che rappresento, Ambiente, Salute, Territorio, sono valori, beni sociali e non merci profittuali, come in qualche misura si è dimostrata quest’ultima vicenda. Sorvolo sulla pericolosità della costituzione di un precedente di non lieve conto, che oltre tutto si somma all’altro, recente, verificatosi nella stessa zona.

Queste le motivazioni che stanno alla base del mio sofferto voto contrario, che non vorrebbe essere contro Bertozzi, Curzi e Nicolini, ma contro il, quanto meno superficiale, pregresso comportamento dell’Amministrazione.

Mirella Canini Venturini

[Cons. Com. 21.XII.2001]