Santarcangelo di Rom.

 

LA TELEFONIA MOBILE IN CONSIGLIO COMUNALE

L’ARPA in cattedra

 

 

Ringrazio la Giunta per aver accordato quest’incontro con ARPA e USL, rispondendo anche alle esigenze espresse in questi mesi sulla stampa, in particolare da Legambiente di Santarcangelo, che ringrazio per aver sollevato con forza il problema, anche se si sarebbero potuti evitare mesi di accese polemiche e di esasperazione di problemi, che pure esistono. Mi fa piacere che Legambiente abbia compreso che non possiamo permetterci altri errori sul piano ecologico, come l’hanno capito molti comuni italiani, anche siciliani, che si oppongono con ogni mezzo alle malfamate installazioni.

Ai consiglieri comunali in precedenza non erano state comunicate le richieste pervenute allo Sportello Unico per le Imprese della Valmarecchia, interessanti quindi i quattro comuni che fra pochi giorni daranno vita all’Unione dei Comuni Montani.

Premetto che, anche indipendentemente dalle imposizioni di legge, ritengo assolutamente necessario pianificare e regolamentare l’installazione di impianti mobili di telefonia come dirò più avanti. Purché questo avvenga per garantire effettivamente - come recita il protocollo della Provincia di Rimini - “un più elevato livello di tutela della salute della popolazione e dell’ambiente dall’inquinamento elettromagnetico”, non per sostituirsi ai privati nell’introitare i canoni. Se ricordate, criticai a suo tempo l’accettazione del contribuito della Wind al Festival del Teatro in Piazza perché, paventavo allora, ne sono più convinta oggi visto che Wind ha richiesto 7 aree di ricerca, qualcosa in cambio avremmo dovuto dare. Il Presidente del Festival mi rispose che la Wind investiva da tempo in cultura, citandomi la mostra romana del Caravaggio. Personalmente mi stanno più a cuore gli investimenti in salute.

Ho sempre detto all’assessore Morri che il Comune deve governare il proprio territorio, spettando quindi a questi la scelta delle aree. Purché questa avvenga in modo intelligente. Non mi pare corrisponda a questo requisito, ad esempio, l’area Stadio o, se verrà concessa, l’area Pedrignone, già sufficientemente penalizzata, tanto più che l’impianto già insiste di fronte all’Ospedale Franchini. Area che, semmai, andrebbe bonificata. La stessa legge regionale tratta il caso della vicinanza ad ospedali, scuole, parchi. E’ vero che gli sportivi non si trattengono sul posto per oltre quattro ore, ma è altrettanto vero che l’eventuale danno non si irradia perpendicolarmente.

Sempre il Protocollo provinciale ci dice che va favorito il “monitoraggio degli impianti, anche con carattere di continuità nelle modalità e nei termini che vorrà stabilire l’ARPA preposta al monitoraggio, per garantire il costante rispetto dei valori di cui al DM 381/’98”. Tuttavia non mi risulta che nel nostro territorio comunale, a quanto mi riferisce la popolazione interessata e la stessa Legambiente, venga effettuato tale “monitoraggio continuato”, come non mi risulta si sia garantita “una costante informazione delle popolazioni interessate”. Cito sempre dal Protocollo.

Grazie a Dio non rispettando i gestori del pubblico servizio di telefonia cellulare l’imposizione protocollare della diminuzione dell’impatto visivo delle stazioni radio base, soprattutto nei centri storici, riusciamo meglio ad identificare quelli che in futuro potrebbero rivelarsi veri e propri ‘attentati alla salute’.

Stando ancora al Protocollo, recepito da tutti i Comuni della Provincia, all’art. 3 si legge: “I Comuni informeranno la cittadinanza del risultato del monitoraggio, della pianificazione annuale e stagionale e dei risanamenti con le modalità previste dai propri ordinamenti”. Se non vengono informati neppure i consiglieri, figuriamoci come lo sono i cittadini!

Il nostro Comune non ci ha neppure comunicato chi fa parte della Commissione Paritetica provinciale, sempre che sia stata istituita.

Nel maggio 1997 il Comune di Bologna chiese un parere ad una commissione tecnico-scientifica appositamente nominata in ordine ai rischi sanitari dovuti all’inquinamento in discussione. Non si parlava solo di elettrodotti, ma anche di ripetitori per telefonini. Di questa Commissione faceva parte, tra gli altri, Paolo Bevitori dell’ARPA riminese, autore, insieme ad altri riminesi, di numerosi studi. La Commissione concludeva che risultava “particolarmente difficile, senza il consapevole concorso attivo della popolazione adeguatamente informata” arginare “la rapidissima incontrollata telefonia radiomobile”, che ancora una volta stava avvenendo prima di poter disporre di studi e riscontri approfonditi circa l’effettivo impatto biologico e sanitario di questa tecnologia. Oggi, almeno in teoria, non più incontrollata.

Ma quando mai è stato apprezzato, nel nostro territorio, il “consapevole concorso attivo della popolazione”? Forse perché non viene adeguatamente informata? L’unica informazione, sulle richieste dei gestori, nei giorni scorsi, l’ha data il quotidiano La Voce.

Le mie critiche sono spesso più indirizzate all’ARPA (niente di personale) che ai Comuni, perché compete a       questa, più che agli Enti Locali, agire in un’ottica di prevenzione.

D’altronde proprio tre giorni fa, a Bologna, durante la 5ª Conferenza delle Agenzie Ambientali il prof. Francesco Battaglia s’è permesso dichiarare che il “principio di precauzione è stato inventato dai politici e andrebbe eliminato” e che “le normative italiane sull’inquinamento elettromagnetico sono stupide”e il prof. Battaglia non è l’ultimo arrivato, essendo il coordinatore del comitato scientifico dell’ANPA. Ha definito chi invoca la prevenzione “mercanti del terrore”. Non mi risulta si sia ribellata alcuna ARPA presente alla Conferenza. Solo gli ambientalisti lo hanno rimbeccato, noncuranti di essere definiti “terroristi”, chiedendone le dimissioni. Del resto fummo definiti “terroristi” anche quando, decine d’anni fa, mettevamo in guardia contro il rischio amianto...

Anche in ordine alle radiazioni non ionizzanti si parla di ‘effetti acuti’ e di ‘effetti cronici’, più subdoli poiché la lunga latenza, come per l’amianto, non permette l’immediata valutazione. Ora c’è solo il sospetto, ma se verrà dimostrata la pericolosità, si potrebbero avere gravissimi effetti anche assumendo piccole dosi, piccole energie, purché reiterate nel tempo.

Con la normativa del ‘98, spiegata meglio nel ‘99, con la pubbicazione delle “Linee-guida applicative” si sono stabiliti, per la popolazione, tre livelli di protezione: il ‘limite’ da non superarsi in nessuna situazione, stabilito in 20 Volt per metro; nei luoghi a permanenza superiore alle 4 ore, il valore del campo elettrico, in un qualunque intervallo di 6 minuti non deve superare il valore di 6 Volt per metro; infine un terzo livello, definito “obiettivo di qualità”, non quantificato numericamente, che deve mirare a minimizzare l’esposizione, anche dove sono già rispettati limiti e misure di cautela. Non è quindi sufficiente che ci limitiamo a giudicare il rispetto dei 6 e dei 20 Volt per metro, come ci si dice sempre per tacitarci, ma è opportuno, quando possibile, andare sotto questi valori, minimizzando le esposizioni e realizzando appunto un regolamento comunale, di cui si sono già dotati numerosissimi comuni italiani, anche delle dimensioni del nostro. Questo lo dice anche la legge-quadro che il governo si accinge a smantellare.

Anche nel nostro Comune non ha più senso appellarsi alla necessità di rispondere alle esigenze della comunicazione, già più che soddisfatte poiché le potenze utilizzate dai gestori sono già molto superiori a quelle necessarie per un buon servizio di comunicazione. Le potenze erogate dalle antenne per far funzionare i cellulari spesso sono nell’ordine di migliaia di Volt superiori alle potenze richieste. Questo anche per logica di concorrenza, per accapparrarsi utenti.

Fondamentale, quindi, il regolamento comunale, integrato, se necessario, da Varianti al PRG per impedire l’installazione di impianti in certe particolari situazioni. La Variante al PRG potrebbe essere uno strumento urbanistico in più per garantire il divieto di installazione di un certo tipo di impianti.

Quanto ai controlli, per legge, nel momento in cui viene richiesta l’installazione di un impianto, l’ARPA, che dovrebbe essere un’Agenzia super-partes, dai dati forniti dal gestore ricava dei calcoli previsionali, accertandosi dell’inesistenza di ricettori umani esposti ad es. per 6 Volt per metro. Dove queste previsioni possono far prevedere un superamento di metà dei limiti è obbligatoria la misura. Purtroppo, a questo proposito, ci si scontra con l’autocertificazione dei gestori che forniscono persino i dati della dislocazione delle abitazioni in prossimità degli impianti, compreso le altezze degli edifici. E l’ARPA spesso si accontenta di questa autocertificazione non ritenendosi obbligata ad effettuare un controllo catastale per verificare la corrispondenza con la situazione reale. E’ anche successo per l’ultimo elettrodotto di cui discuteremo in serata. A volte una semplice visura catastale eviterebbe polemiche e guai successivi. La stessa altezza degli edifici mi si dice non essere irrilevante.

L’allegato B) alla legge non assegna assolutamente il compito di fare la misura al gestore quando vengano superati i limiti. Le linee-guida della legge individuano tutta la casistica di enti ufficialmente preposti, fra i quali non è inserito il gestore.

Il regolamento comunale, quindi, non dovrebbe solo sancire il rispetto dei siti sensibili, ma anche regolamentare i controlli poiché, avviandoci verso l’autocertificazione, quello che dovrebbe essere il controllato diventa automaticamente anche controllore, di se stesso.

Per il nostro Comune, come per gli altri comuni italiani, è ancor più urgente dotarsi di un regolamento in previsione della nuova tecnologia che trasformerà i cellulari in terminali di computer, che installerà nel territorio nazionale dalle 50 alle 60 mila nuove antenne, facendo così salire il fondo elettromagnetico urbano.

Qualche funzionario comunale mi ha detto che l’antenna sul traliccio dell’elettrodotto non rappresenta alcun danno. Docenti universitari di fisica, ad esempio il prof. Bersani, la pensano diversamente, come diversamente la pensava il compianto prof. Cesare Maltoni. Sono sì due campi che non si sommano nel modo tradizionale, ma studiosi di chiara fama non escludono che l’aggiunta di un eventuale elemento, in questo caso le antenne, possano far correre un rischio in più, non escludendo un rischio moltiplicativo.

Nuove società di telefonia mobile - denuncia Legambiente - vogliono aggredire il nostro territorio? Ma era più che prevedibile vedendo chi aveva controfirmato il Protocollo provinciale, attorno al quale non s’è registrato alcun interesse neppure, debbo dirlo, da parte della stessa Legambiente, che tuttavia ha ragione quando si rivolge criticamente a quegli amministratori “che credono di gestire le antenne per la telefonia mobile come fossero normali licenze commerciali”.

La diminuzione di entrata da questi canoni apportata nelle previsioni di bilancio che voteremo il 28, mi fa sperare che Legambiente esageri, ma è ancora presto per dirlo.

Mirella Canini Venturini

[Cons. Com. 21.XII.2001]