NOMADI: A COSA SI DEVE LA “SCOMPARSA” DI DON BENZI?

 

 

Nel 1988, quando venne approvata la legge regionale n. 47, si diceva che con l’imprimatur definitivo del Commissario di Governo acquistava efficacia una complessa norma che, ispirata alla volontà di garantire parità di diritti e doveri alle popolazioni nomadi, avrebbe dovuto favorire l’insediamento, la scolarizzazione, l’accesso alle strutture sanitarie, alla formazione professionale...

Le cose in questi anni - come dimostra la vicenda della famiglia che vorrebbe trasferirsi definitivamente a Corpolò -, sono andate diversamente.

Il Quartiere 4 di Rimini - sempre a proposito di nomadi - non è nuovo a protagonismi che non esito a definire di “razzismo democratico”. Sufficiente ricordare una brutale riunione (Giunta Moretti/De Sio) della primavera del 1992, in occasione della quale vennero “ingaggiati” per l’occasione persino “urlatori” scesi dal verucchiese, cinofili compresi.

Anche in quell’occasione non fu possibile alcun civile confronto poiché scesero in campo - più o meno come oggi - noti personaggi politici pronti a negare ai nomadi lo stesso diritto di esistere.

Anche allora, come ha fatto l’ineffabile azzurro Piscitelli all’incontro col sindaco di Santarcangelo, si scambiava il nomade col “pendolare”. A quei tempi, però, l’Albanesi di turno sapeva farlo con più signorilità.

Anche allora gli “urlatori/animatori” del Quartiere 4 gridavano “quando i nomadi avranno imparato le regole del vivere civile e del buon costume, saranno bene accetti anche nel nostro quartiere”.

Com’è possibile, continuo a chiedermi, dare lezione di civiltà e di buona educazione agli altri, quando si dà una tale prova di di intolleranza e di inciviltà com’è avvenuto nel riminese e come avviene tuttora?

Come potranno imparare tali regole i nomadi, se non si riconosce loro lo stesso diritto all’esistenza?

Dalle vicende di questi giorni - anche a livello istituzionale, si può solo evincere una carica pilotata di atavico odio, trasversale a tutti gli schieramenti politici. 

In questi anni - e anche in questi giorni - ho sentito spesso gridare “gli zingari non passeranno; via i ladri dalla nostra terra”, quasi che tutti i nomadi dov’essero essere ladri per forza. Sarebbe come se, forzatamente e perversamente, dicessimo che tutti i pubblici amministratori sono ladri, sol perché alcuni si sono dimostrati di mano lesta, più pericolosi dei nomadi rimanendo spesso, a differenza di questi, impuniti.

Le prese di posizione di questi giorni non fanno onore a nessuno, a dimostrazione che in questa nostra terra, santarcangiolese compresa, famosa in passato per ben altra generosità, in cui oggi gli uomini si trovano a gestire un cuore a forma di salvadanaio, è molto difficile trovare chi accetti di vedere nei nomadi, anche in una sola famiglia, Rom o Sinti che siano, un uomo, una donna, un bambino... o sei bambini.

Lo svolgersi di questa brutta vicenda, tutt’altro che conclusa, ripropone ai nomadi - al di là di certe affermazioni ipocrite sull’integrazione - l’alternativa di sempre: andarsene o essere perseguitati. Alternativa proposta da uomini che, non solo in rapporto ai nomadi, rifiutano di fare i conti con le “differenze” di cultura e origini, che hanno smarrito - o non hanno mai posseduto - indipendentemente dal colore politico di appartenenza, concetti preziosi di libertà e rispetto per l’uomo.

Certo è che, se insieme al discorso meramente tecnico, come hanno fatto anche i pubblici amministratori riminesi e, con un’altra, peggiore ottica, quelli santarcangiolesi, si fosse fatto di pari passo quello sociale, quindi anche delle garanzie per i residenti, si sarebbe tolto parecchio ascendente ai sobillatori di mestiere, vecchi e nuovi.

Razzisti puri, o razzisti democratici? Per me non v’è nessuna differenza. La differenza sta solo nella capacità o meno di camuffare i propri sentimenti o non-sentimenti, aggrappandosi a furbizie di basso profilo.

Personalmente sarò sempre contro le regole di questo assurdo gioco, dalla conclusione del quale nessuno esce indenne: né politicamente, né, tanto meno, umanamente.

A proposito, perché don Benzi non ha fatto SUBITO sentire, con l’autorevolezza che gli è riconosciuta, la propria voce?


Mirella Canini Venturini

- Presidente dei Verdi Alternativi

della provincia di Rimini

- Capogruppo consiliare della

Lista Verde Alternativa di

Santarcangelo di Rom.