LE FURIBONDE REAZIONI

DEGLI "APPARATI CILENI"

Non è difficile capire perché le centinaia di migliaia di persone che hanno pacificamente manifestato a Genova contro il G8 abbiano procurato un furibondo fastidio al governo, non disgiunto da una sorta di disgustoso malessere evidenziato dai comportamenti dei DS e della Margherita.

Non si può dar torto a Rossana Rossanda quando scrive che Margherita e DS "stavano con i G8, e se fossero stati al governo avrebbero mandato la polizia contro i manifestanti". Forse "meno feroce"... Altrimenti, perché Fassino avrebbe lamentato la presenza dei militanti diessini a Genova? Perché in campagna elettorale i DS, come pure il scialbo Rutelli (sempre meno ‘piacione’), non hanno ritenuto di "sporcarsi le mani" con la proposta di un’iniziativa sulle questioni della globalizzazione, pure avanzata da alcuni settori della Quercia?

Probabilmente il malessere è determinato, soprattutto, dalla constatazone che, nonostante l’agghiacciante tragicità delle giornate cileno-genovesi, il movimento per certi versi ha vinto, spiazzando a sinistra, i più.

Oggi Berlusconi dice di temere per l’immagine dell’Italia deturpabile dalle eventuali inchieste parlamentari, le cui richieste, tra l’altro, vanno sempre più sfumandosi. L’immagine, viceversa, è stata deturpata dallo "squadrismo di Stato" definito in tutta Europa e oltre quanto meno "cileno", che ha svelato agli italiani, ma non solo, il vero volto del Cavaliere e del ‘suo’ governo, per i quali non c’è distinzione fra "tute bianche" e "tute nere", che anche nei discorsi alle Camere hanno rivelato "una schifosa mancanza di senso del pudore", per mimetizzare la conclusione del primo pessimo esperimento del potere che preannuncia quale potrebbe essere il mondo in cui ci faranno vivere, in cui, anzi, senza accorgercene, forse stiamo già vivendo.

Ormai, è evidente, non si tratta solo del G8, ma di democrazia e dei diritti di tutti. Lo stesso ‘trattamento’ subito da 16 giornalisti feriti va in questa direzione: "C’è stata una limitazione della democrazia per tutti, non solo per i giornalisti" (Marcello Zinola, Ass. stampa genovese), culminata nella sospensione dei diritti costituzionali (per ora solo per una notte); nei poliziotti che vestivano le pettorine gialle d’identificazione per i giornalisti "clonate" per le quali la Federazione della Stampa aveva ricevuto una richiesta ufficiale dai comandanti di polizia e carabinieri, alla quale era stato opposto un diniego poiché "ognuno deve fare il proprio mestiere"; nella decisa limitazione del diritto all’informazione; nei pestaggi di giornalisti, fotografi e operatori; nello sfascio di diversi computers; nel sequestro di hard disk dal computer degli avvocati, soprattutto quelli di Indymedia; nel sequestro di documenti e telecamere; nella chiusura in diretta di Radio Gap, il network informativo che aggiornava 18 ore su 24 sulla situazione genovese...

A Genova non c’erano solo le "tute nere", bensì centinaia di migliaia di persone comuni, tutt’altro che violente, scrittori, registi, intellettuali, insegnanti, impiegati, ricercatori, studenti, casalinghe, pensionati..., diverse per età, provenienza, cultura, tutti coinvolti nel più importante movimento di questo inizio di millennio, accomunati dal desiderio di globalizzare i diritti civili di tutti i popoli, da un sentimento di solidarietà verso miliardi di persone che sono sfruttate e stanno male, dalla consapevolezza di poter fare una riflessione sulla propria esistenza, dall’amore per la vita che hanno rischiato di perdere a Genova, dalla convinzione che in uno Stato di diritto i diritti costituzionali non sono un optional, come sembrano credere le truppe del ‘plastificato’ Re Silvio II...

Il moscio partito dei DS cerca ora di recuperare, nel tentativo, non sempre felice, di salvarsi la faccia: ma c’è molta differenza tra il bastone della logica repressiva impugnato da Enzo Bianco e quello impugnato da Scajola? Si sarebbe comportato in modo diverso, il primo, quello che inneggiava al fermo di polizia?

"Il governo ha fallito esordendo alla Haider, ...forte coi deboli, debole con i forti", ha detto il coordinatore diessino Folena, citando forse inconsciamente parole di Pietro Nenni. Uno stupore, il suo, che non può convincere, poiché il Cavaliere si era già qualificato per "un supermaggiordomo incosciente" (definizione de Le Monde) e il disastro era preannunciato, reso ancor più possibile dalle incertezze e contraddizioni dei vertici diessini.

Giusto un anno fa ci stracciavamo le vesti per quanto era accaduto nel carcere di Sassari e in altri Istituti, poi più nulla. Ora sappiamo che anche a Bolzaneto hanno operato un centinaio di agenti del Gruppo Operativo Mobile (GOM) della Polizia penitenziaria, reparto (con a capo un ex-generale del Sisde) già protagonista di un gravissimo intervento di repressione nel carcere milanese di Opera nel novembre ‘98: "un centinaio di detenuti, tra i quali sessantenni e cardiopatici, vennero costretti a spogliarsi e a rimanere per oltre quattro ore in mutande in un cortile gelido. Li obbligarono a fare flessioni, qualcuno venne preso a calci, mentre i secondini distruggevano le celle e tutto quello che trovavano al loro interno: scarpe, lenzuola, cuscini, fotografie e qualunque altra cosa. Le polemiche si trascinarono per mesi e i governi - ricorda Pisapia - non diedero mai alcuna spiegazione". Anche le prigioni di Secondigliano, Parma e Pavia furono teatro delle gesta dei Gom, con tanto di pestaggi a freddo documentati, mentre non è stato mai chiarito il ruolo del Gruppo mobile nel massacro dell’estate ‘99 a Sassari, che finì con i detenuti con le ossa rotte e ottanta agenti rinchiusi in carcere. Giuliano Pisapia presentò ben tre interrogazioni sull’attività dei GOM: "i governi di centro-sinistra non mi hanno mai risposto".

Perché i governi di centro-sinistra, al corrente dei fatti, non ne decisero lo scioglimento? Di che si scandalizzano oggi i diessini? Perché, ancora, l’ex-Presidente Giuliano Amato ha ritenuto inopportuno un suo intervento? ("Berlusconi è anche il mio presidente, perché sono italiano...").

Il comportamento dei DS non merita neppure le attenuanti generiche. Ma, come ha detto Pietro Ingrao a Il Manifesto, intervistato da Rossana Rossanda, "dove stanno i ds? Neanche hanno afferrato quel che a Genova è successo, la gran massa di persone che assediava gli otto grandi, il ridicolo di quell’assetto di guerra, delle gabbie, della nave, dell’asserragliamento. Vedremo se oggi saranno capaci di far sentire alle Camere l’ampiezza della provocazione, l’intollerabilità di quel che ha fatto il governo, o se lascieranno che tutto finisca in un paio d’ore di dichiarazioni. Non mi aspetto molto dalle Camere. E per due ragioni: una è quella che Giuliano Amato ha detto con chiarezza, e cioè che i ds, la Margherita e lui medesimo non sono contro ma ‘per’ questa globalizzazione. Per questa modernizzazione. E’ almeno dal 1998 che D’Alema dichiara che sviluppo e democrazia sono legati alla liberalizzazione dei mercati, merce-lavoro inclusa. E’ un punto sul quale neanche il documento di maggioranza per il congresso della Cgil marca una differenza: insiste sul lavoro, ma come se l’attacco che subisce non venisse dalla liberalizzazione e questa dal capitale... Le sinistre istituzionali sono davvero estranee alla natura di questo movimento, tutte salvo forse Rifondazione. E anche Rifondazione lo capisce in una sua parte, e per altri versi no, mi pare. Questo movimento è la grande novità. Lo è non solo per questi compagni o ex compagni che critichiamo, ma, voglio dire di più, anche per noi. Noi non conosciamo, parlo per me, questa generazione di giovani, i loro percorsi, né abbiamo capito la politicità, così profonda da non dover essere neppure enunciata, di alcune esperienze che a Genova hanno trovato un coordinamento. Prendi Vittorio Agnoletto: non è un leader tradizionale, è un medico di sinistra ed è, per dir così, la lotta contro l’Aids che gli ha reso più chiari i meccanismi del mondo. Lo stesso per coloro che lavorano da anni sul mercato equo e solidale: sanno del Wto non per letture ma per esperienza diretta. E così altri. E’ una formazione diversa dalla nostra. Qualche volta abbiamo guardato con sufficienza movimenti che ci parevano generosi ma locali. Oggi sono loro che parlano del mondo, è la sola esperienza politica diretta, praticata, che possiamo definire globale. Incontrerà anch’essa i suoi problemi. A me preme oggi rilevare i nostri, e segnare con qualcosa di più che la solidarietà questo loro successo. Sono oggetto di una grande provocazione perché hanno mostrato che il mondo, e neppure Genova, non appartiene ai potenti della terra. E li hanno preoccupati. E’ quello che io e te [Rossanda, n.d.r.] definiremmo ancora lo scontro con il capitalismo. Ma in una fase inedita".

Concludendo, ha ragione Vittorio Agnoletto quando afferma che l’azione del Genoa Social Forum "ha evidenziato ancor più la fragilità e l’ambiguità dell’Ulivo e la situazione di assoluta impasse che attraversano i Ds; di fronte ad un movimento di massa, come quello manifestatosi a Genova nella grande manifestazione dei 300mila, gli equilibrismi tattici sono senza futuro. Un movimento che probabilmente è oggi la parte più interessante dell’opposizione sociale al governo delle destre", un "governo eversivo nel senso etimologico della parola".


Mirella Venturini