Santarcangelo di Rom.

L’ASSISTENZA AGLI ANZIANI

NEL DISTRETTO DI RIMINI

L’intervento della Lista Verde Alternativa

al Consiglio Comunale del 18 maggio 2001

 

Anzitutto una premessa di carattere generale.

Anche la nostra Provincia - come il resto del Paese - invecchia in fretta. Essere anziani, oggi, non è più un’eccezione. Da privilegio di pochi, la vecchiaia è diventata una condizione comune, costituita da un popolo ‘eterogeneo’ per differenza d’età, di salute, di condizioni di vita. Una condizione paradossale perché, se da un lato può essere considerata una grande conquista, da un altro può tradursi in una maledizione, in quanto, offuscandosi il principio della solidarietà umana e sociale, il destino dell’anziano appare spesso, anche nel nostro territorio, come una condanna alla miseria, all’emarginazione, non di rado persino allo sfruttamento. Un destino di violenza determinato dall’allontanamento dalla famiglia (molte volte per forza maggiore), dalla istituzionalizzazione, dalla ospedalizzazione per ragioni sociali o, viceversa, dalla non-ospedalizzazione per ragioni di scelta politico-amministrativa.

Chi promette aumenti di pensione non dice come coniugherà le promesse con le misure congiunturali di contenimento della spesa pubblica strombazzate. Misure che hanno da sempre agito quasi esclusivamente nei settori della sanità, della previdenza, dei servizi, della spesa sociale degli Enti locali.

Oggi si vive più a lungo, ma il ricorso alla medicina è sempre più frequente. I fattori che portano l’anziano alla malattia prima, alla non autosufficienza poi, sono molteplici. Non si tratta solo di fattori biologici. La medicina geriatrica, riferendosi alla sommatoria di fattori ambientali, sociali, economici e biologici parla di "disturbi affettivi" della terza età e ne riconosce l’accompagnamento a modificazioni, anche gravi, del comportamento. Disturbi che, trascurati, portano a un deperimento psichico e organico impressionantemente irreversibile.

Oggi la depressione colpisce una percentuale elevata della popolazione anziana e i dati statistici sul suicidio nella terza età costituiscono un campanello d’allarme da non sottovalutare. E’ facile che nelle famiglie si trascurino i sintomi di un male che va instaurandosi inesorabilmente, considerando "naturali" disturbi che un buon geriatra non trascurerebbe affatto. Si finisce per ricorrere ai tranquillanti e agli anti depressivi, che in teoria possono incidere sui sintomi ma non sulle cause, senza per altro migliorare il contesto esistenziale dell’anziano, tanto meno a risocializzarne il vissuto.

Per quanti non trovano assistenza adeguata, ci sono, spesso, quali conseguenze estreme, gli agguati di realtà delle quali si parla troppo poco: alcoolismo, vegetare senza senso, autodistruzione, suicidio. Il fenomeno dell’alcoolismo non risparmia neppure le donne, specie quelle che non hanno coltivato altri interessi che la famiglia e la casa, che non si rassegnano all’invecchiamento, ma soprattutto non risparmia chi non si rassegna ad essere messo in disparte.

In questi giorni si è fatto un gran parlare di eutanasia, senza tuttavia dire che accanto a quella attiva e diretta coesiste e ne prospera un’altra, più subdola, indiretta e passiva: l’eutanasia da abbandono, forma insolita e quanto mai crudele che sta sicuramente prendendo piede nella nostra epoca: morire perché abbandonati e non seguiti.

Fatta questa premessa, che spiega anche perché ho votato contro in Commissione, vengo all’Accordo di Programma sul quale siamo chiamati ad esprimerci, che non fa che mettere in fila, con alcuni anni di ritardo, i vari articoli della legge regionale n. 5 del ‘94, soprattutto dall’articolo 14 in poi. In sostanza un buon lavoro di ri-copiatura, sollecitato e regolamentato, tra l’altro, da varie delibere della Giunta regionale. Il tutto all’insegna della genericità. Una genericità che mi colpisce sempre negativamente quando si tratta di gravi problematiche sociali, perché lascia la porta aperta a qualunque conclusione. Ancor più grave quando gli utenti sono soggetti spesso non autosufficienti, quindi maggiormente esposti ed indifesi.

L’ho detto in Commissione e lo ripeto qui. La critica è rivolta solo in parte al nostro Comune, al quale rimprovero solo di assuefarsi acriticamente a protocolli in pratica imposti dall’AUSL. Non ho compreso, ad esempio, perché alla presentazione dei "piani della salute" non fosse presente alcun rappresentante del nostro Comune.

All’art. 3 dell’Accordo, ad esempio, è detto di voler garantire l’effettivo esercizio dei diritti alle persone anziane. Se leggessi meno farei salti di gioia. Così non è per chi, come me, abbia seguito i lavori parlamentari della legge n. 328 del 2000. In tale legge, infatti, non è esplicitato neppure un diritto esigibile e non credo che anche i migliori Accordi di Programma possano prescindere da tale legge, anche se non la si richiama esplicitamente. Probabilmente il funzionario che ha scritto materialmente l’Accordo era rimasto fermo alle affermazioni a volte fuorvianti di Livia Turco ed Elsa Signorino, finendo per dare vela e fiato a chi si accinge a distruggere il "pubblico" a vantaggio del "privato".

Ma il punto sul quale non mi trovo mai d’accordo con voi è costituito dall’impossibilità di valutare la qualità degli interventi, sempre enunciati per titoli. Che ci sia un Comitato dell’Accordo di Programma deputato anche ad evidenziare gli eventuali nodi critici, a me dice meno di niente, conoscendo i metodi di lavoro di questi Comitati, soprattutto quando i componenti giocano politicamente in casa.

Perché un Accordo di Programma di questo tipo potesse dispiegare le potenzialità che sarebbe legittimo attendersi, presupporrebbe l’assunzione di decine di operatori, cosa che non può verificarsi perché alla nostra AUSL, dopo le precedenti sciagurate disavventure economico-funzionali, si richiede soprattutto di risparmiare.

Si parla di UVGT quasi che questa Unità venisse istituita con la sottoscrizione dell’Accordo. Sono anni che ne valutiamo il funzionamento, non sempre rispondente alle esigenze degli utenti, e non certo per responsabilità dei suoi componenti. Neppure se lavorassero 24 ore su 24 potrebbero eliminare i ritardi.

Le azioni positive solo enunciate nell’art. 15 mi hanno mandato in bestia conoscendo, ad esempio, i tempi richiesti perché un anziano non autosufficiente possa effettuare una parvenza di fisioterapia a domicilio. Vi faccio l’esempio di un caso grave che ho seguito: richiesta di visita fisiatrica domiciliare a fine febbraio, visita il 29 marzo successivo con prescrizione. Dopo innumerevoli solleciti, inizio della fisioterapia a fine ottobre. Nel frattempo la paziente si era notevolmente aggravata, tant’è che due giorni dopo entrava in coma e moriva dopo pochi giorni, ma non spettava al giovane fisioterapista valutare se ormai fosse il caso di iniziarla.

Nel nostro Accordo si parla di attività rivolte al mantenimento fisico e psichico consistenti in esercitazioni motorie, muscolari e mnemoniche. Quando?

Nello stesso articolo si parla ancora di interventi di sostegno economico alle famiglie con anziani, ma non si dice che per avere riconosciuto tale diritto l’anziano deve dimostrare di avere già un piede nella fossa, come non si dice che se all’anziano venisse successivamente riconosciuto il diritto all’assegno d’accompagnamento, il primo verrebbe immediatamente sospeso, con decisione riconosciuta illegittima anche dalla sonnacchiosa magistratura riminese. Non vi dico poi quale impegno fanno firmare ai familiari all’atto dell’assegnazione del contributo di cura, per attuare il quale occorrerebbe l’impegno di cinque persone, tant’è che la stessa delibera della Giunta regionale prevede che la famiglia, destinataria del sostegno, debba avvalersi, per alcune attività, dell’intervento di altre persone non appartenenti al nucleo familiare. Tutto questo per un massimo mensile di 600.000 lire, sempre, poi, che la famiglia disponga di basso reddito.

La delibera regionale dice anche che l’organismo di gestione dell’Accordo di Programma "adotta specifico regolamento per l’erogazione dei contributi", di cui non è traccia nel nostro Accordo.

Probabilmente all’assessore Nicolini è sfuggito anche questo. Forse troppo impegnato a contare le margherite ingrassate dal fertilizzante diessino?

Non si dice neppure che l’AUSL ogni anno respinge finanziamenti al titolo anzidetto, anziché assegnarli, perché la parola d’ordine è "risparmiare" mentre, di contro, la fantasia dei politici per favorire le clientele rappresentate dalle cooperative cosiddette "sociali" procede a briglia sciolta, spesso all’insegna del consociativismo aggiornato e corretto, a volte anche un po’ corrotto.

Fortunatamente non sono sola, tra quanti si sono sempre impegnati nel sociale, a sostenere che il ruolo molto ampio assegnato al terzo settore, ossia alla cosiddetta cooperazione sociale, è decisamente preoccupante. E il bello, probabilmente, all’insegna della cosiddetta "sussidiarietà", deve ancora venire!

Che le prestazioni assistenziali non rappresentino un diritto esigibile, è dimostrato dalle stesse liste d’attesa per il ricovero in RSA, che neppure il nostro Accordo ignora.

Lo stesso aiuto domestico domiciliare andrebbe considerato in un’altra ottica: quella, cioè, di rimborsare la spesa all’anziano concedendogli la possibilità di scegliere. Alcuni comuni della nostra Regione, ad esempio Parma, già lo fanno, evitando all’anziano il trauma di vedersi attorno persone estranee e neppure sempre le stesse, dipendenti di cosiddette "cooperative sociali".

E a proposito di anziani cronici non autosufficienti va posto in evidenza anche un altro aspetto di estrema gravità. Allorché vengono ricoverati, anche nel nostro "Franchini", i familiari sono costretti, spesso per motivi di lavoro e di resistenza fisica, a rivolgersi alle cosiddette cooperative sociali che speculano sulla pelle delle "badanti" assoggettandosi al pagamento di 13.000 e più lire all’ora, che in buona parte vanno nelle tasche di questi furbi industriali della terza età che hanno saputo e sanno sfruttare abilmente carenze e crisi della famiglia e della società, come già avvenuto per la tossicodipendenza e, ancor prima, per l’handicap. Una "industria della terza età" sempre più promettente che, mimetizzandosi dietro il "non profit", in effetti pratica il più spietato "for profit".

Tralascio di soffermarmi sugli interventi per dare alloggi agli anziani, in ordine alle tipologie abitative ed insediamenti urbanistici, perché dovrei integrare quanto non ho fatto in tempo a dire sul PRG.

Parimenti sorvolo sui soggetti religiosi e laici, associazioni private, del volontariato, ecc., per non anticipare quanto dirò nel prossimo Consiglio.

Lo Sportello Unico potrebbe rappresentare un’ipotesi positiva se avessimo la certezza del buon funzionamento. Il dubbio è che non costituisca un’ulteriore lungaggine, come si sta rivelando quello delle imprese.

Anziani che necessitano di visite cardiologiche, di ecografie - ne ho sentito alcuni anche residenti nelle vicinanze del Palazzo - dopo varie, inutili attese, si sentono proporre il ricorso a prestazioni a pagamento, quasi in giornata, negli stessi laboratori e ambulatori ospedalieri, in barba alle belle parole foriere di grandi cambiamenti positivi, pronunciate in questa stessa sala dal direttore generale. Non di rado i più furbetti ricorrono al Pronto Intervento, sicuri di avere un cardiogramma in poche ore, andando ad ingolfare un servizio efficientissimo, ma già carente di personale.

Nell’Accordo, di certamente positivo, ho trovato solo il Telesoccorso, in funzione da anni. Il resto sono titoli e buoni propositi, coi quali temo si vadano ulteriormente a lastricare le vie dell’inferno.

Concludo ripetendomi e giustificando il mio voto contrario. Personalmente sono preoccupata della qualità dei servizi. Per una valutazione non di parte della qualità degli stessi, occorrerebbe prevedere incontri programmati in cui potessero confrontarsi "liberamente" gli amministratori comunali, gli operatori e le loro rappresentanze sindacali e, ancor prima, gli utenti.

I contraenti dell’Accordo, in ordine al quale confermo voto contrario, che costituiranno l’Authority a me non ispirano - l’Authority Nicolini non si offenda -, alcuna fiducia.

Mirella Canini Venturni

[Cons. Com. 18 maggio 2001

Paginecontro, n. 9/2001]