MIRELLA VENTURINI E LA

LISTA VERDE ALTERNATIVA

CONTRO GLI SPIRITI ANIMALI DEL

CAPITALISMO, ECONOMICO E POLITICO

Intervento al Consiglio Comunale di Santarcangelo di R. del 9 aprile 2001

Avevo deciso di non partecipare a questo Consiglio comunale essendo tuttora febbricitante. Tuttavia, dopo aver letto le amenità dichiarate dal Vice Sindaco Tontini, che tra l’altro inneggiava alla conversione della minoranza, ho deciso di intervenire ugualmente, per rendermi conto di quale minoranza si trattasse (ora so che il riferimento è a Forza Italia o presunta tale) e per dimostrare di persona, ancora una volta, che la sottoscritta non va soggetta a facili ‘conversioni’, anzi non va soggetta a conversioni di sorta. Per me Damasco porebbe essere cancellata dalle carte topografiche! Detto questo, entro subito nel vivo...

Un paragrafo del programma elettorale col quale mi sono presentata agli elettori recitava testualmente: «Più che per l’espansione, occorre lavorare per la qualità del vivere, non in favore degli “spiriti animali del capitalismo”, ma dei cittadini. Chi mi ha votato sapeva come la pensavo, avendo letto un altro passaggio chiarissimo del mio programma, che ricordo in questa occasione quale premessa a quanto dirò poi: «Nel nostro Comune, nel quale si sono già aperte le porte alla grande speculazione, non si può sostenere che la carenza di case da affittare sia attribuibile alla diminuzione dell’investimento edilizio, ché, anzi, è più che presente: per la doppia casa, per la vendita, per le tipologie di lusso e per la speculazione. Con l’adozione del nuovo PRG e di determinati piani particolareggiati - oggi aggiungerei anche gli ‘accordi di programma’ -, l’Amministrazione Comunale avrebbe potuto influire con scelte urbanistiche di altro tipo, anziché regalare le ultime possibilità espansive (se preferiamo le ultime possibilità di rapina del territorio) a noti speculatori, che sarebbero sulla cresta dell’onda con qualsiasi Amministrazione, rifiutando logiche di espansione inutili... La casa - dicevo ancora - la chiedono gli anziani, le giovani coppie, le persone sole, gli operai, gli impiegati, i disoccupati che possono attingere a modesti stipendi, o non ne hanno affatto. Per molti di loro i piani per l’Edilizia Economica Popolare non sono mai esistiti, come non esiste - considerando che i prezzi di mercato localmente hanno già raggiunto i livelli riminesi e i tassi dei mutui sono alle stelle - la possibilità di accedere all’acquisto. Le nuove possibilità di espansione edilizia contenute nel nuovo PRG sono quindi rivolte nell’interesse quasi esclusivo di chi può trasferirsi - acquistando - dai comuni vicini a parimenti quasi esclusivo interesse di chi della speculazione edilizia ha fatto uno scopo di vita, contro la realizzazione del quale esprimerò costante e ragionato impegno», anche se so - avrei dovuto aggiungere - che non servirà a nulla, poiché i giochi sono già tutti conclusi.

Il mio intervento potrebbe già concludersi qui, poiché in questi quasi due anni il mio giudizio si è solo rafforzato.

Qualcuno della minoranza, a detta del Grande Architetto della Giunta, si sarebbe quasi convertito, “anche perché - le sue parole sono state riportate dal foglio locale - dopo una partenza scettica, alcune forze della minoranza si sono ricredute”.

A me è successo quasi il contrario. Forse perché a forza di leggere e pensare mi sto rincretinendo? O perché, come dice qualcuno, sono ingestibile e ingovernabile, o come dicono altri, non piegabile alla logica degli affari, anche quando questi sono chiaramente leciti?

Probabilmente hanno ragione tutti, ma non nascondo di essere contenta di essere come sono.

Non nascondo - come ho detto alla prima riunione della Commissione - che visionando gli elaborati del Piano m’aspettavo di trovarvi accluso anche uno studio, quanto meno una parvenza di studio, di valutazione di impatto ambientale e sociale che avrebbe anche potuto risultare un utile strumento di qualificazione del processo decisionale, arricchendo la stessa pianificazione. So bene che da anni si discute in ordine alla necessità di estendere lo studio di impatto ambientale agli strumenti di programmazione e pianificazione, applicata finora ai progetti di opere ed interventi, ma nulla ne vieta il ricorso. Comuni della nostra stessa provincia già vi ricorrevano alla fine degli anni ‘80. Naturalmente non intendo uno studio da ricondurre alla tradizionale “cassetta degli attrezzi” dell’urbanistica come mi sembra si sia fatto per il primo stralcio della Strada di Gronda.

Non ne ho trovato traccia e non ho avuto risposta in Commissione. Ho trovato solo uno studio di fattibilità geologica. Potremmo anche chiamarla valutazione di sostenibilità ambientale, che dovrebbe introdursi come “riferimento alle azioni messe in campo dalla pianificazione”. Anche se, a differenza del Grande Architetto della Giunta, il nostro vice Sindaco Tontini, non ho effettuato grandi studi di urbanistica, sono convinta debba essere l’obiettivo primario del governo del territorio. La pianificazione, a qualunque livello, “deve essere chiamata a regolare il consumo delle risorse naturali disponibili e a garantirne la disponibilità anche alle generazioni future”. La risorsa, chiaramente è il territorio, se volete il suolo. La stessa delibera della Giunta regionale n. 1219/1998, oltre a questo principio, ha assunto l’obiettivo della dimensione ecologica e ambientale nella pianificazione orientata alla qualità urbana e territoriale, sottolineando alcuni temi specifici, sintetizzabili nel redigere un bilancio dello stato delle risorse naturali e antropiche presenti sul territorio relativamente al loro uso per le attività umane, nel fissare soglie di criticità d’uso ritenute accettabili dalla società civile, nonché di valutare l’efficacia delle azioni promosse o previste, in questo caso, dalla pianificazione, per mitigare tale criticità entro soglie accettabili.

A questo proposito mi era parso interessante conoscere quanti ettari di terreno, per la realizzazione del “Piano Volta”, o non so più di chi, si sottrarranno all’agricoltura e quanti metri cubi si sottrarranno alla “risorsa terra”, considerando tra questi anche i metri cubi occorrenti alla realizzazione della nuova mobilità. Avevo chiesto di conoscerli suddivisi per fabbisogni: alle nuove residenze, ad altri insediamenti, a strade, ecc.. Ma anche a questo proposito non ho ricevuto risposta.

E meno male che la Provincia ci ha offerto con tempestività un PTCP che in qualche misura svolge un importante compito di proposizione della questione della sostenibilità ambientale.

Ai giorni nostri ci rintronano le orecchie con termini quali “integrità dell’ecosi-stema”, ”sviluppo sostenibile” che dovrebbe significare “solidarietà fra le generazioni presenti e future”, “compatibilità ambientale” e simili, ma quando cerchiamo di approfondire, come nel caso del nostro Piano, ne constatiamo la fumosità.

E così con quest’ultimo percorso del Piano ci si chiede di assistere allo “sdraiarsi” dello sviluppo insediativo sul territorio, sino a dar luogo a quel tipo di paesaggio che è comunemente sotto i nostri occhi: un continuum insediativo in cui non si può più distinguere ciò che è urbano da ciò che non lo è.

Lo studio demografico riportato nella relazione a chi abbia seguito l’iter di altri piani di altre città, non può che sembrare risibile, teso solo a giustificare la nuova espansione, mentre è noto che le proiezioni per il futuro prevedono che, se non crescerà sensibilmente il tasso di fecondità, oggi in Emilia-Romagna tra i più bassi del mondo, la popolazione indigena è destinata a diminuire ancora sensibilmente nell’arco di pochi decenni. E non credo che le previsioni espansive siano rivolte ai flussi di immigrazione extracomunitaria.

Avrei voluto riscontrare un maggior rilievo delle zone archeologiche, come avrei quanto meno apprezzato, a proposito del rischio sismico, l’individuazione di tavole delle cosiddette “aree di sfollamento”, di “salvezza” o di “concentramento”. Considerando che anche noi risiediamo in zona “sismica”, ogni frazione o quartiere a mio avviso dovrebbe avere l’indicazione della propria area di pertinenza, affinché i cittadini, nella deprecabile e non auspicabile ipotesi di un terremoto o di altra calamità naturale, avessero dei punti di riferimento certi, non solo sul luogo in cui andare, ma anche su dove passare, evitando strade con linee ad alta tensione, condutture di gas, strade strette con cornicioni sporgenti, ecc.., per conseguire una soglia di rischio personale accettabile, generando comportamenti di autoprotezione che la popolazione dovrebbe poter attuare durante il verificarsi di una deprecabile situazione critica. Ma anche a questo proposito non ho ricevuto risposta in Commissione, come si è evitato di rispondermi quando, anziché chiamare per nome i proprietari/speculatori di certe aree, li indicavo per numeri di tavole, o mi si è risposto evasivamente cercando di confondermi le idee.

Ho accennato prima anche all’impatto sociale. A questo proposito si potrebbe parlare di residenze per gli anziani, per i portatori di handicap e altro. Verso la fine della precedente legislatura amministrativa si è parlato di “città dei bambini”, senza tuttavia specificare se ci si riferiva ai bambini figli dei palazzinari o agli altri.

Il riferimento all’impatto sociale non voleva solo essere ai servizi e alle infrastrutture, ma anche al problema “sicurezza” che è diventata ormai la bandiera ufficiale di ogni campagna elettorale, di destra come di cosiddetta sinistra (tant’è che non si capisce più dove inizi la prima e finisca la seconda o viceversa), senza tuttavia ammettere la stretta correlazione tra sicurezza e scelte urbanistiche, perché è sin troppo evidente come il primo deterrente contro la criminalità risieda proprio nel controllo sociale, destinato a scemare sino ad esserne impedito dall’eccessiva espansione, come si è reso evidente che l’andamento della criminalità produce dei mutamenti nel tessuto insediativo delle città, favorendo passaggi da un quartiere all’altro, o l’abbandono di una città per un’altra.

Poche sere fa assistendo all’interessante dibattito promosso dall’Ulivo sulla sicurezza ero rimasta quasi sconvolta ascoltando l’architetto ex segretario provinciale del PPI affermare la propria gioia per aver contribuito a scongiurare il pericolo di avere a Santarcangelo lo Scalo Merci, secondo lui direttamente riconducibile all’organizzazione della malavita, quasi che possibilità di lavoro fosse sinonima di malavita organizzata. Ripeto quanto ho detto l’altra sera: dagli artefici dell’espansione edilizio-speculativa di Santarcangelo mi sarei aspettata la trattazione del rapporto certamente esistente tra PRG, ovvero eccessiva espansione, e sicurezza o, se preferite, malavita.

Non mi si è risposto l’altra sera, come non mi si risponderà oggi. Poco importa. Ormai sono abituata a non ricevere risposte, tant’è che mi rispondo da sola.

Pochi giorni prima dell’approvazione della legge regionale di riforma urbanistica m’è capitato di leggere, in un documento regionale che ho naturalmente conservato, che “il principio di equità e solidarietà sociale significa rendere indifferenti le proprietà immobiliari rispetto alle previsioni del piano urbanistico, liberando le scelte dalle pressioni e dai condizionamenti della rendita fondiaria”. Forse la stessa Regione non ha mai creduto in questa possibilità, come io non mi potevo illudere si realizzasse a Santarcangelo. D’altronde non occorreva lo dicesse la Regione poiché già per la Costituzione (fortunatamente ancora in essere, non si sa per quanto tempo ancora, e anche se spesso disattesa) in teoria i cittadini sono uguali ed hanno pari dignità sociale (art. 3) e la proprietà privata avrebbe dovuto assumere (art. 42) una funzione sociale pressoché inesistente. Funzione che, in presenza di prospettive trasparentemente condotte, potrebbero assumere gli Accordi di Programma, per i quali in alcuni casi si è lasciata aperta la porta nello stesso rigetto di alcune osservazioni, come ho avuto modo di sottolineare in Commissione.

Ho cercato di documentarmi sulle cose del passato, confrontandole con la pianificazione in approvazione. Mi ha preoccupato l’espansione del territorio urbanizzato e la conseguente crescita edilizia che si caratterizzano ancora quali obiettivi primari della pianificazione comunale, quindi una valorizzazione fondiaria tendenzialmente infinita nello spazio e nel tempo, decisamente inaccettabile anche se rapportata ai fenomeni di spreco e sottoutilizzo del patrimonio esistente.

Contestare l’evidente disegno generalizzato di valorizzazione immobiliare delle aree inedificate, soprattutto di alcune, significa contestare la linea politica che presiede il Piano. Linea che si traduce in un grande regalo soprattutto per alcuni ‘grandi’ operatori. Linea che non ci è più dato neppure contestare, poiché a questo punto a noi compete solo esprimere un voto sulle osservazioni, delle quali, tra l’altro, sarebbe stato più interessante leggere gli originali che le succinte sintesi.

Ho anche assistito all’assurdo dell’accettazione di decine e decine di osservazioni giunte fuori termine, violando quindi il principio costituzionale di parità tra i cittadini, a punizione evidente di chi aveva correttamente rispettato il termine di presentazione del 17 luglio... Non solo, ma addirittura, in alcuni casi, alcuni colleghi consiglieri hanno presentato controrichieste persino migliorative delle stesse osservazioni accolte, adducendo motivazioni semplicemente assurde e qui mi fermo, riservandomi, semmai, di riprendere il discorso in altra sede.

Concludendo, poiché le osservazioni sono correlate a quel piano, già adottato a fine aprile 1999, che io non avrei votato favorevolmente, non avrebbe senso entrassi a discutere in ordine alle stesse, o presentato emendamenti, tanto meno votarle, in un senso o nell’altro, tanto più che riesco a comprendere, anche se non giustifico, la smania di costruire di tanti concittadini contagiati dalle realizzazioni di altri concittadini dalle mire espansionistico-speculative illimitate.

Per questo non vi farò perdere tempo ad ascoltare altri miei inutili interventi. Anzi, andandomene, farò anche risparmiare qualche gettone di presenza all’Amministrazione, quindi ai cittadini.

Mi scuso con i colleghi e in particolare con il Grande Architetto della Giunta per non aver saputo esprimere, forse, concetti urbanisticamente corretti. La mia cultura politica, purtroppo, o grazie a Dio, a differenza della sua e dei suoi nuovi partners, non ha subìto mutazioni genetico-culturali-politiche e della mia Lista, fortunatamente, non hanno mai fatto parte architetti, ingegneri, in generale tecnici, - quelli, per intenderci, che lottano sì per la nuova qualità della vita, ma... la loro.

Poiché il Vice Sindaco/Grande Architetto della Giunta ha iniziato il suo dire all’insegna della “buona coscienza” e “buona fede”, Vi saluto augurandovi, anch’io in “buona coscienza” e “buna fede”, buon lavoro e... arrivederci al prossimo Consiglio Comunale di fine mese.

Mirella Canini Venturini

Capogruppo consiliare Lista Verde Alternativa

[Consiglio Comunale 10 aprile 2001]