Santarcangelo di R.

STOP ALL’ INQUINAMENTO GENETICO

Il problema vero non è solo e tanto riconducibile al pesante danno economico che subirebbero i produttori vitivinicoli, che pure è da tenere presente, o all’inganno che subirebbero i consumatori non più in grado di distinguere un vino naturale da un altro ricavato da uve geneticamente modificate. Ritengo ci sia qualcosa di ben più grave dell’inganno commerciale, tanto più se lo allarghiamo, come fa sbrigativamente il nosro ordine del giorno nelle ultime due righe, ad ogni tipo di prodotto alimentare geneticamente modificato.

I dati che circolano non possono non preoccupare. Tra il 1998 e il 1999 la superficie coltivata nel mondo con piante transgeniche è aumentata del 44%, passando da 27,8 a 39,9 milioni di ettari. Piante che qualcuno dovrà pur utilizzare e consumare!

La posta in gioco non sono solo i rischi, reali e potenziali, degli organismi transgenici, ma qualcosa di più ampio: indagare correttamente se questi organismi sono realmente utili, ovvero, quale agricoltura vogliamo sviluppare, se la conoscenza debba essere proprietà privata coperta da brevetto. Si parla poco della direttiva europea sui brevetti, ed è male. E’ aberrante, ad esempio, il brevetto concesso dall’Ufficio Europeo dei Brevetti alla clonazione sperimentale di embrioni animali, umani inclusi. Tutto questo mentre la Convenzione Europea sui Brevetti vieta espressamente la brevettabilità degli organismi viventi. Si noti che l’Ufficio Europeo dei Brevetti si trova con 15.000 richieste di “brevetti biotecnologici” giacenti.

La questione non riguarda solo i tecnici, ma la politica in senso ampio, la società nel suo insieme.

La questione - ripeto - non investe solo l’aspetto economico. Come dice il Presidente della Commissione nazionale di Bioetica, Giovanni Berlinguer, va privilegiata la tutela della salute e dell’ambiente rispetto al calcolo immediato dei costi e benefici.

Oggi parliamo di vino transgenico, ma si dice da tempo che l’Italia sia in una posizione di leadership nelle prove sperimentali per la coltura del pomodoro transgenico.

Se le multinazionali riusciranno a convincere le autorità competenti che i nuovi organismi geneticamente modificati sono equivalenti, dal punto di vista nutrizionale e d’uso, le autorizzazioni alla produzione e al commercio saranno praticamente automatiche.

Del resto, a poca distanza da noi, ad Arezzo, è stata accertata la già avvenuta sperimentazione di barbabietole geneticamente manipolate.

Nulla più scandalizza, se è vero, com’è vero, che nel marzo scorso al Forum dell’Aja hanno deciso che l’accesso all’acqua “non è un diritto umano ma va regolato dal libero mercato”, tant’è che qualcuno ha definito l’acqua “l’oro blu” dei profitti del terzo millennio.

Non è solo in discussione la protezione dei nostri vini DOC o del nostro olio d’oliva. E’ stato recentemente dimostrato, a Utrecht, che alcuni caratteri genetici dei batteri possono essere trasmessi al polline dei fiori e da qui passare nello stomaco delle api, non escludendo la possibilità di passaggio di caratteri genetici da un organismo ad un altro, processo che altererebbe l’ecosistema.

Il nostro Paese, purtroppo, in questo settore - ma non solo - conta poco o nulla, anche se - giova ricordarlo - il nostro è stato l’unico a porre con forza la difesa della produzione vinicola di qualità. Siamo marginali rispetto ad interessi che si giocano in altre sedi.

Il Protocollo di Cartagena sulla sicurezza biologica potrebbe rappresentare un passo storico verso la protezione dell’ambiente e dei consumatori dai pericoli insiti nella ingegneria genetica, ma per entrare in vigore dovrà essere ratificato da almeno 50 Paesi entro il prossimo giugno, per cui non è ancora dato sapere se gli esportatori di prodotti agricoli dovranno obbligatoriamente indicare il contenimento di organismi geneticamente modificati.

Tornando al vino, non mi entusiasma proprio l’idea che tra qualche anno o ancor prima si possano trovare nei supermercati bottiglie di “Sangiovese del Reno”, “Albana della California” o “Trebbiano del Mississipi”, soprattutto se si considera che il nostro settore vitivinicolo è stato tra i primi a spostare gli investimenti dalla quantità alla qualità, promuovendo etichette conosciute ed apprezzate in tutto il mondo. Il passo potrebbe essere breve: standardizzati i prodotti e annullate le “diversità di origine”, le multinazionali non solo controlleranno il prodotto, ma anche l’ubicazione della produzione, riuscendo così a condizionare, in termini di costi, intere “zone produttive”. Solo modificando geneticamente gli organismi utilizzati è infatti possibile produrre uno stesso identico prodotto in posti completamente diversi quanto all’aspetto climatico e geologico, senza che nessuno si preoccupi di dirci quali potranno essere i riflessi che queste modifiche potranno avere sull’organismo umano.

Il nostro ordine del giorno si rivolge al Ministro per le Politiche Agricole, Pecoraro Scanio. Per una volta mi sento di difenderlo insieme al Ministro Mattioli avendo entrambi espresso da tempo una posizione coerente, nettamente contraria al vino transgenico e, più in generale, all’”orto di Frankestein”, a differenza del ministro Veronesi che il 19 luglio scorso ci ha fatto sapere dalle colonne del CorSera e di Repubblica di essere favorevole alle biotecnologie. Noi che ci opponiamo, secondo Veronesi, prediletto pupillo del defunto despota milanese del garofano, parteciperemmo a una crociata antistorica. Chi di noi si è battuto a suo tempo contro l’impiego dell’amianto si accorgerà di assistere a un film già visto. D’altronde si tratta dello stesso ministro della Sanità che sostiene che i telefonini fanno tutt’altro che male, tant’è che li distribuisce ai medici delle Ausl; che confonde volutamente tra ricerca, sperimentazione e applicazioni tecnologiche; che preferisce anteporre l’analisi dei danni a quella dei rischi.

E’ appena il caso di ricordare il voto con cui il Parlamento Europeo - sia pure con alcuni emendamenti - ha espresso parere favorevole il 24 ottobre 2000: 427 eurodeputati a favore della risoluzione capestro, 83 contro. Il testo modificato della direttiva è stato approvato con 417 voti favorevoli e 69 contrari espressi solo dai verdi e da alcuni deputati di vari gruppi. Come direbbe Arbore, “meditate gente”, voi che vantate potenti partiti politici alle spalle, più che presenti nel Parlamento Europeo.

La decisione ultima spetta al Consiglio Europeo.

Meritevole di apprezzamento lo scontro ingaggiato dall’Italia sulla vicenda delle 4 varietà di mais geneticamente modificato. Difficile ipotizzare ora cosa accadrà con la scoperta del genoma del riso.

Termino avanzando una proposta. All’inizio degli anni ‘80 dichiarammo molti nostri comuni “denuclearizzati”. Ora potremmo, come hanno già fatto un’ottantina di Comuni, tra i quali Roma, Milano, Udine, Brescia, Livorno, Torino, Genova e tanti altri, dichiarare il nostro Comune, votando uno specifico ordine del giorno o assumendo un’apposita delibera “Comune Libero da Produzioni Transgeniche”, aderendo altresì al Comitato contro la manipolazione genetica degli alimenti.

Quanto all’ordine del giorno, piuttosto “semplicino”, aggiungerei un paio di punti che potrebbero recitare:

a) “Considerato altresì che la sicurezza degli organismi geneticamente modificati non è suffragata da nessuna letteratura scientifica e che, al contrario, si stanno producendo prove di effetti negativi”;

b) “Tenuto conto che spesso le posizioni politiche degli Stati e degli organismi politici internazionali sono influenzate in maniera distorta dai grossi gruppi multinazionali a discapito del benessere collettivo”.

Infine propongo di assumere l’impegno di informare, attraverso incontri ed opuscoli informativi i produttori presenti sul territorio (vitivinicoltori, salumifici, pasticcerie, allevatori, ecc.), i rivenditori ed i cittadini sui rischi di utilizzo e consumo di prodotti geneticamente modificati.

Mirella Canini Venturini

Capogruppo consiliare della Lista Verde Alternativa

Comune di Santarcangelo di Rom.

[Consiglio Comunale 30.01.2001]