Santarcangelo di Rom.

INUTILI RIFLESSIONI SULLA GUERRA

ALLA PRESENZA DI DUE SOLI CITTADINI



La più triste pagina della storia italiana scritta dal dopoguerra ad oggi non può che ispirarmi pietà umana e cordoglio. Qualcuno ha detto che i morti sono i figli di tutti: di chi questa guerra l’ha rifiutata e di chi l’ha ritenuta inevitabile. Di chi si è schierato con Bush e di chi ha manifestato per le strade, con le bandiere multicolori ancora alle finestre contro l’intervento armato per rovesciare il dittatore. Ora, però, superata la retorica del lutto che ha contagiato un po’ tutti, s’impone la riflessione: si sta facendo veramente tutto perché l’Irak, ora che, almeno apparentemente, non c’è più Saddam, torni agli irakeni?

Non nascondo che a mio modo di vedere la ‘riflessione’ in questa aula vuota di pubblico avrebbe avuto maggior senso se alla fine fosse sfociata in un documento che chiedesse il richiamo delle truppe italiane dall’Irak, perché solo questo chiedono i corpi dilaniati dei nostri militari e dei civili, di tutti i civili. Richiamo immediato perché più passano i giorni e più si espongono ad una guerriglia che ha avuto il tempo di organizzarsi, con l’evidente appoggio della popolazione, almeno di parte di questa sempre più esasperata dall’arroganza americana. Vengono uccisi e feriti persino inermi bambini intenti a raccogliere legna.

D’altronde il nostro Consiglio comunale si era pronunciato a maggioranza contro la guerra voluta dall’amministrazione americana. Coerenza vorrebbe ci esprimessimo con la votazione di un documento parimenti coerente.

Ho ritenuto e ritengo irresponsabile e immorale mettere in gioco la vita di migliaia di nostri giovani, mandati in Irak contro la volontà del popolo italiano, a sostegno della guerra di Bush e per permettere a ‘qualcuno’ di partecipare ai lucrosi contratti della ricostruzione. ‘Qualcuno’ sempre più impossibilitato a ritirare la delega concessa a Bush, nonostante fosse cosciente che questi esercitava la forza fuori dal diritto, pretendendo di farlo in nome e per conto del mondo libero.

Fermo restando la condanna dell’attacco suicida alla Caserma di Nassiriya, ritengo giusto dare una diversa lettura rispetto al linguaggio di comodo propinatoci in questi giorni dai media e dai politici, pervicacemente ancorati alla “missione di pace”, in un Paese che sembra deciso a combattere la propria ‘guerra di liberazione’ per la conclusione della quale non è dato ipotizzare i tempi. E’ l’inizio di un nuovo Viet-Nam?

Bene ha fatto mons. Nogaro, il coraggioso vescovo di Caserta, pacifista poco amato dalle gerarchie ecclesiali ma benvoluto dai suoi cittadini, a cantare ‘fuori dal coro’, dandoci una lezione di lucidità in un momento in cui sembra che ben pochi, tra quanti contano, siano ancora disposti a definire la guerra un’azione immorale e illegale: “Fenomeni come il terrorismo non si combattono con le armi. Bisogna fare attenzione a non esaltare il culto dei martiri e degli eroi della patria, strumentalizzando la morte di questi nostri giovani per legittimare guerre ingiuste”, perché questo si è fatto dopo la tragedia di Nassiriya. Fortunatamente nella gerarchia della Chiesa c’è anche chi non la pensa come il cardinale Ruini, che sembra essersi assegnato un compito da capo militare o da politico di alto livello, a differenza del Pontefice che torna a ripetere che mai la violenza e le armi hanno potuto risolvere i problemi dell’uomo.

La ‘solidarietà non belligerante’ con l’alleato americano - com’è stata definita dal governo italiano - rappresenta un concetto troppo sofisticato per quello che forse impropriamente viene definito ‘terrorismo internazionale’, che alla fine giudica solo con chi stiamo, tanto più che il presidente italiano non esita a definirsi ‘costola americana’. Il terrorismo - se così vogliamo continuare a chiamarlo in Irak - non fa sconti.

Dopo Nassiriya i tentativi di giustificazione operati dal nostro governo hanno consolidato la convinzione di tanti che l’Italia è entrata in guerra, quasi senza accorgersene, senza comprenderlo, senza esser sicura di volerlo fino in fondo, senza aver previsto le conseguenze, tant’è che le ‘imponenti’ misure di sicurezza adottate includevano ‘muri’ di ghiaia e cemento a protezione del cancello d’ingresso della base. Anche questo ci dice che quei morti potevano essere risparmiati. Il giornale dei Carabinieri, che ha raccolto anche le testimonianze di Nassiriya, ha denunciato apertamente la mancanza di un’adeguata protezione: sede troppo al centro della città con un parco buio alle spalle; non chiusura, per i terroristi, della strada di accesso; cattiva illuminazione; fari sul piazzale che rischiaravano anche le torrette di guardia rendendo visibili le sentinelle; armeria non sufficientemente protetta dalle recinzioni; vistoso varco sulla riva del fiume chiuso solo con un cumulo di terra facilmente superabile. Lo stesso Cocer dei Carabinieri del Lazio ha denunciato l’ipocrisia della maggioranza di governo. La missione non poteva avere un nome più appropriato: “antica Babilonia”, con un ministro della difesa che paragona le informative dei servizi alle previsioni del tempo. Un ministro, come hanno chiesto alcuni deputati che, o se ne va o manda via il responsabile del servizio.

Ora i diretti responsabili di quelle morti cercano di nascondere maldestramente le loro responsabilità sotto una coltre di retorica patriottica, anziché dirci che il vuoto pauroso creato dalla dissennata guerra statunitense non poteva essere colmato dalla presenza italiana, come non può essere colmato dalla schedatura dell’Fbi di chi partecipa alle manifestazioni contro la guerra, considerati “pericolosi estremisti”, cancellando ogni linea di confine tra terrorismo e disobbedienza.

L’emozione e il dolore - come ha scritto Giulietto Chiesa - “insieme alla campagna mediatica, insieme alle incertezze di un’opposizione senza bussola”, ondivaga, “hanno modificato in senso negativo - inutile nasconderselo - il panorama dell’opinione pubblica italiana”. Infatti gli stessi sondaggi - pur da prendere con molta circospezione -   indicano un Paese spaccato in due, dilaniato tra l’ipotesi del ritiro e quella del proseguimento, senza destino e prospettiva, di una presenza italiana in Irak, mentre il governo - cieco come prima - dichiara di voler procedere peggio di prima, più che mai pronto ad esaltare il coraggio di Bush, concentrato nel ‘martello di ferro’, coraggio che lo stesso presidente americano non ebbe modo di dimostrare quando era giovane e imboscato mentre 60.000 suoi coetanei lasciavano la loro vita in Viet-Nam e tornavano nei sacchi di plastica, come oggi.

Secondo stime del Pentagono, gli Stati Uniti  in Irak hanno perso più uomini in otto mesi che nei primi tre anni di combattimenti in Viet-Nam.

I nostri telegiornali insistono a parlare di terrorismo, mentre gli stessi generali americani parlano ormai apertamente di una guerriglia irachena strutturata, organizzata in cellule e sotto una catena di comando strettamente controllata. Quindi le vittime sacrificali potranno essere ancora altre e Berlusconi avrà probabilmente altre occasioni per dire, come ha fatto recentemente di fronte agli industriali del continente, “Mi sembra che tutti abbiano capito come questo sacrificio sia valso a rappresentarci sulla scena internazionale con grande rispetto”.

La nostra - si torna a ripetere ad ogni occasione - è una ‘missione’ squisitamente ‘di pace’, ma intanto il Parlamento ha stabilito che le operazioni delle nostre truppe siano coperte dal codice militare penale di guerra e non potrebbe essere altrimenti essendo stati mandati in aree di combattimento. Zone in cui gli abitanti sono stati costretti a lasciare le loro case, in altre a rimanere chiusi in casa e, a Baghdad, hanno denunciato che il ‘martello di ferro’ sta effettuando azioni punitive e che gli edifici colpiti non erano mai stati occupati dalla guerriglia. E’ un po’ quanto avviene in Palestina.

Si fa un gran parlare di terrorismo e missione umanitaria, missione che costa al nostro Paese 40 milioni di euro al mese per mantenere la nostra presenza militare in Irak, mentre, di contro, registriamo il ‘disarmo’ del nostro Paese proprio in materia di interventi umanitari e di cooperazione internazionale a favore di operazioni di ‘pura facciata’.

Si era detto nell’Ufficio di Presidenza che questa sera non avremmo dovuto fare polemica, ma quando si parla di tragedie simili la polemica è inevitabile, com’è stato quando votammo l’ordine del giorno contro la guerra. Ancor più quando si insiste nell’addossare ogni responsabilità ad un terrorismo che in Irak, forse, tale non è. Gli attentati in Turchia e in altre parti del mondo sono altra cosa. Ce la sentiremmo di dire che l’attentato di via Rasella fu un attentato terroristico? Anche i nazisti definivano ‘terroristi’ i partigiani italiani, mentre noi siamo più che mai convinti - al di là di certe conversioni sospette - che si trattava di uomini coraggiosi che lottavano per una giusta causa. Mio zio Pasquale Vandi, assassinato il 23 novembre 1943 (Brigata Garibaldi) era tutt’altro che un terrorista.

Smettiamo allora di nasconderci dietro la ‘missione di pace’ in un Paese dove è in atto una guerra di liberazione e onoriamo i nostri caduti come eroi combattenti, richiamando le nostre truppe per far rientrare l’Italia nella legalità internazionale ma anche per evitare altre vittime.

Mirella Canini Venturini

- Verdi Alternativi -

[Cons. Com. 28.XI.2003]

 

P.S.: Per il consigliere Paolo Traini (Forza Italia) - intervenuto anche per il ‘taciturno’ capogruppo di AN - che non è stato in grado di mettere insieme un intervento decente (che avrebbe dovuto pronunciare il suo assente capogruppo), forse perché l’argomento era per lui, cattolico integralista, pericolosamente difficile, le nostre sarebbero “affermazioni animate da retorica politica”, una sorta di “coro garrulo”! Già un passo avanti poiché il 7 febbraio scorso, allorché votammo un ordine del giorno contro la guerra, definì i pacifisti “schizzetti e macchiette”. Ogni commento è superfluo.

Peccato che i cittadini clementini non assistano mai, in assoluto, alle sedute consiliari, a meno che non si dibattano problemi che li riguardano direttamente, in primis le varianti urbanistiche. Partecipando avrebbero modo di conoscere dal vivo i 20 consiglieri comunali votati alla cieca, anche quelli virtuali.

Mirella Venturini