SANTARCANGELO DI ROM.

LA PROTEZIONE CIVILE IN CONSIGLIO COMUNALE

 

Dopo la più che esauriente illustrazione fatta in Commissione dal geologo provinciale e dal tecnico comunale, reiterate questa sera, c’è ben poco da aggiungere, se non qualche sottolineatura su qualche punto non emerso chiaramente.

In materia di protezione civile in tutte le decisioni deliberative e pubblicazioni regionali si rimarca l’importanza del concorso concreto del volontariato e dell’informazione alle popolazioni.

In riferimento ai Comuni “è previsto che gli stessi provvedano in particolare alla predisposizione e all’attuazione dei piani di emergenza in forma singola o associata, alla informazione della popolazione sulle situazioni di pericolo per eventi calamitosi e alla predisposizione di misure che favoriscano la costituzione e lo sviluppo nel proprio territorio, di associazioni di volontariato di protezione civile” (art. 6 della legge regionale).

La legge regionale prevede “in capo alla Regione l’esercizio di funzioni relative al coordinamento e all’impiego del volontariato regionale di protezione civile sia nell’ambito che al di fuori del territorio regionale, fatte salve quelle esercitate a livello locale dai Comuni” (art. 17), riconoscendone “il valore e l’utilità sociale e salvaguardandone l’autonomia”.

La Regione indica anche il ruolo e le attività previste in capo ai volontari, a cominciare dall’uso, in tempo di calma, degli strumenti informatici. Cito testualmente: “Sia a livello nazionale che di comunità locali appare ormai chiara l’esigenza di approntare un’organizzazione capace di affrontare i temi della protezione civile superando le contrapposizioni settoriali e ideologiche, la diffidenza e la scarsa capacità di collaborazione tra istituzione e volontariato. Nell’emergenza provocata da qualsiasi tipo di calamità per rispondere con la indispensabile prontezza ed efficienza è necessario disporre di una struttura preventivamente organizzata e formata”, quindi la Regione - ma è una questione di buon senso - presuppone un rapporto che non può essere perseguito in occasione di interventi di emergenza - che mi auguro non si verifichino mai -, ma costruito nel periodo ante-emergenza, diventando, come dice la Regione, “intento e prassi ordinaria per la costruzione delle risorse necessarie ad un’adeguata risposta sia alle situazioni critiche di livello locale che alle grandi catastrofi previste per il Paese”.

Le disposizioni regionali, “al fine di sviluppare e diffondere un’adeguata cultura di protezione civile” prevedono che gli Enti Locali, in collaborazione con la stessa, “favoriscano e incentivino le attività di informazione della popolazione in materia di rischi e promuovano, altresì, la creazione di una scuola che operi in una logica di sistema e di rete”, senza trascurare le modalità e le misure di autoprotezione da assumere in situazioni di pericolo, “anche attraverso la promozione di attività educative nelle scuole”.

A questo proposito ho letto nel verbale della riunione delle Consulte del 22 settembre scorso che prosegue l’educazione alla protezione civile “nelle scuole, che sarà ampliata con prove di evacuazione presso le strutture a valenza sociale, tra cui anche presso le Coop. appartenenti alle Consulte, qualora fossero interessate all’intervento”.

Mi piacerebbe conoscere come queste prove si inseriscano nel piano che stiamo per approvare e contestualmente qualcosa di più sull’istituzione di questo particolare volontariato, al quale si chiede molto di più del buon cuore o dell’appartenenza parrocchiale.

L’augurio è che non si verifichi mai alcuna emergenza, ma è bene non ignorare che in determinate situazioni un volontariato non addestrato adeguatamente potrebbe rivelarsi solo d’impaccio.

Il mio voto è comunque favorevole

Mirella Canini Venturini

Verdi Alternativi

[Cons. Com.le 20.X.2003]